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La Ue all’Italia: «L’Ici va recuperata anche sulle attività della Chiesa»

Bruxelles ha ordinato all'Italia di recuperare gli aiuti di stato illegali concessi a entità non commerciali sotto forma di esenzione fiscale sulle proprietà immobiliari (Ici) a seguito della sentenza della Corte di giustizia del 2018 che annullava parzialmente la decisione di Bruxelles di dichiarare l'esenzione incompatibile con le regole di concorrenza rinunciando però al recupero

(REUTERS)

2' di lettura

La Commissione europea ha ordinato all'Italia di recuperare gli aiuti di stato illegali concessi a entità non commerciali sotto forma di esenzione fiscale sulle proprietà immobiliari (Ici) a seguito della sentenza della Corte di giustizia del 2018 che annullava parzialmente la decisione di Bruxelles di dichiarare l'esenzione incompatibile con le regole di concorrenza rinunciando però al recupero. Si tratta del beneficio di cui hanno goduto la Chiesa cattolica e altri enti non commerciali tra il 2006 e il 2011 attraverso le esenzioni al regime dell’Ici. Una decina di anni fa, il ministero dell'economia aveva indicato che l’esenzione comportava una perdita di gettito pari a circa 100 milioni di euro.

Lo stop della Commissione a fine 2012

Nel dicembre 2012 la Commissione ha ritenuto che una precedente esenzione dall’imposta comunale sugli immobili per gli enti non commerciali impegnati in determinate attività sociali di natura economica tra il 2006 e il 2011 fosse incompatibile con le norme sugli aiuti di Stato. Tuttavia, la Commissione non ha ordinato all’Italia di recuperare l’aiuto illegale dai beneficiari perché le banche dati fiscali e catastali non consentivano l’identificazione dei beneficiari. Nel 2018 la Corte di Giustizia ha parzialmente annullato la decisione della Commissione, ritenendo che la Commissione avrebbe dovuto valutare se esistessero modalità alternative per il recupero, anche solo parziale, dell’aiuto.

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La Commissione Ue: «Difficoltà non sufficienti, serve almeno recupero parziale»

Oggi Bruxelles, indica una nota, «riconosce l’esistenza di difficoltà per le autorità italiane nell’identificare i beneficiari dell’aiuto illegale. Tuttavia, la Commissione conclude che tali difficoltà non sono sufficienti per escludere la possibilità di ottenere almeno un recupero parziale dell’aiuto. Ad esempio, l’Italia potrebbe utilizzare i dati delle dichiarazioni presentate ai sensi della nuova imposta sugli immobili e integrarli con altri metodi, comprese le autodichiarazioni».

Il pressing

Su questa base, la Commissione ha ordinato all’Italia di recuperare l’aiuto. Inoltre, chiarisce che il recupero «non è richiesto quando gli aiuti sono concessi per attività non economiche o quando costituiscono aiuti de minimis» (sono di Stato di modesto importo, concessi ad imprese che gli Stati membri dell’Unione non sono tenuti a notificare alla Commissione europea. L’importo massimo è pari a 200 mila euro per ciascuna impresa, nell’arco di un periodo di tre anni).

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