Le sfide politiche dell’Europa

Ue, vaso di coccio tra gli Usa e le autocrazie

di Adriana Castagnoli

3' di lettura

La guerra fredda economica punta a indebolire e a causare il collasso dello Stato preso di mira con l’obiettivo finale di cambiarne il regime politico. Questo è anche il proposito del presidente americano Donald Trump riguardo all’Iran. Da quando egli è alla Casa Bianca, messo da parte il multilateralismo, i rapporti con Teheran si sono molto deteriorati portando, nel 2018, al ritiro unilaterale dall’accordo sul nucleare firmato dal presidente Barack Obama con l’Iran insieme a Russia, Cina, Francia, Regno Unito e Germania. Trump accusa l’Iran di voler destabilizzare il Medio Oriente. Teheran ribatte che sta solo reagendo alle interferenze degli Stati Uniti nei suoi interessi.

Il confronto con Teheran avviene, peraltro, mentre gli Usa sono impegnati a porre un argine anche alla politica espansiva di Mosca, nonché alle aspirazioni di potenza regionale della Turchia, un Paese pur membro della Nato che ha acquistato l’avanzatissimo sistema di difesa aerea russo S-400 mettendo a rischio l’uso degli F-35 statunitensi. La pressione o la minaccia di sanzioni si esercita sulle economie di tutte e tre queste potenze regionali, autocratiche e determinate a difendere interessi nazionali sovente in contrasto con quelli americani.

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Nondimeno, occorrono dei distinguo. Come dimostra un recente rapporto dell’Economist, malgrado le tensioni, le nuove probabili sanzioni contro Mosca non saranno troppo rigide. Non mirano a colpire né l’emissione di titoli di Stato russi né investimenti nel settore dell’energia che coinvolgano lo Stato fuori dalla Russia. Ciò perché si vogliono tutelare gli investitori americani ed evitare di destabilizzare i mercati finanziari internazionali. Anche contro Ankara le sanzioni avranno un raggio d’azione limitato. Invece nel caso di Teheran la pressione è fra le più elevate mai imposte. Obiettivo delle sanzioni è distruggere l’export di greggio e di gas iraniano: sia perché è la principale ricchezza del Paese, sia perché costituisce un’enorme riserva di energia per Pechino, sia perché Teheran è un antagonista economico, politico e religioso di Arabia Saudita e Israele.

Le sanzioni contro l’Iran rappresentano un ulteriore ostacolo nelle relazioni Usa-Ue. Poiché quello americano è un embargo extraterritoriale. Gli europei hanno cercato meccanismi finanziari per aggirare i divieti americani. Ma gli Usa per impedire cedimenti hanno annunciato che le compagnie europee che commerciano con l’Iran verranno messe su una “lista nera”. L’accesso al vasto mercato statunitense resta il più ambito. Così la Ue è presa in mezzo: fra le richieste di Teheran perché si trovi una strada per aggirare le sanzioni e l’Iran possa ricevere i benefici economici promessi con l’accordo sul nucleare, e il peso del potere economico e tecnologico-militare americano.

Per parte sua anche Vladimir Putin indica nelle sanzioni occidentali e nel crollo dei prezzi dell’energia la causa prima della caduta dei redditi e del tenore di vita dei russi. La crescita della povertà in Russia è tale che, secondo l’ex ministro delle Finanze Alexei Kudrin, essa può condurre a una vera “esplosione sociale”.

In uno scenario di generale rallentamento dell’economia mondiale, l’insieme di queste difficoltà in un’area geografica così prossima all’Europa rischia di giungere a un punto di non ritorno nei rapporti internazionali e di essere innanzitutto destabilizzante per la Ue.

Da una parte, queste tensioni potrebbero incoraggiare e moltiplicare gli attacchi informatici. L’Iran è fra le nazioni, con Russia, Cina e Corea del Nord, che hanno dimostrato un’avanzata capacità di infiltrare le difese degli altri Paesi, in particolare con attacchi che hanno già colpito il settore dell’energia. Gli Usa, a loro volta, conducono cyberattack distruttivi oltre a operazioni di cyber spionaggio. Per ora gli strumenti di risposta degli iraniani sono stati attacchi cibernetici e azioni esplicate da proxy terroristi.

L’inizio della campagna per le elezioni presidenziali negli Usa complica le relazioni fra le due sponde dell’Atlantico nonché fra Mosca e Washington. Trump scommette che sotto la pressione economica l’Iran rinegozierà l’accordo nucleare come voluto dagli Usa. Con le ultime sanzioni che colpiscono direttamente i più alti esponenti del regime, egli spera di ampliare le crepe fra Mosca e Teheran come sta già avvenendo in Siria.

L’Europa, pur condividendo molte delle preoccupazioni americane sul sostegno di Teheran a milizie come Hezbollah in Libano e sul suo programma missilistico, tuttavia ancora una volta non è in grado di assumere fino in fondo le responsabilità e i costi di decisioni drastiche mostrando una volontà politica comune e coesa. Così resta incerta fra allinearsi a Trump o difendere un accordo che ormai è tale solo di nome. Ma la volatilità è la maggiore debolezza della politica estera americana. E questa volta la Ue rischia di esserne travolta.

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