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UK, servizi e innovazione sostengono un’economia in double deficit

La Gran Bretagna si mostra come un Paese in grado di aggiornare in base alle congiunture ed alle opportunità ed in maniera innovativa le proprie strategie di politica economica

di Marcello Minenna

(Who is Danny - stock.adobe.com)

4' di lettura

La Gran Bretagna sta tentando di consolidare l'uscita dalla crisi peggiore in oltre 300 anni di storia dopo quella del rigido inverno del 1708-9 (The Great Frost). Il cancelliere britannico Jeremy Hunt ha affermato che le prospettive economiche “sembrano più rosee del previsto” anche grazie “ad un massiccio pacchetto di sostegno alle spese delle famiglie e alle riforme attuate per rilanciare il mercato del lavoro e gli investimenti delle imprese in Regno Unito”.

Ma veniamo alle cifre: il rapporto debito pubblico/PIL è intorno al 100%, oltre il 10% del debito pubblico è negli attivi del bilancio della banca centrale, la Bank of England, l'inflazione al 10% e il tasso di interesse al 4,25%. A questo si aggiunge la conferma di un'economia in double deficit cioè con il bilancio pubblico e la bilancia commerciale in rosso.

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Per meglio comprendere le dinamiche dell'economia della Gran Bretagna è utile dare un'occhiata agli aggregati statistici della Bilancia dei Pagamenti che ci mostrano i rapporti economico-finanziari tra britannici e non. Dall'esame dell'andamento del saldo del Conto Corrente (Figura 1) emerge come il saldo sia strutturalmente negativo e non pare che la Brexit sia stata in grado di cambiare questa caratteristica.

REGNO UNITO - CONTO CORRENTE
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Spaccando gli aggregati tra rapporti con l'Europa (Figura 2) e resto del mondo (Figura 3) si nota che questo andamento è conseguente ai rapporti con il vecchio Continente. Il saldo di conto corrente con il resto del mondo è infatti strutturalmente in pari; un dato che non stupisce se teniamo conto dei rapporti privilegiati che la Gran Bretagna ha mantenuto con gli altri 55 Paesi che facevano parte del suo impero ed oggi sono membri del Commonwealth (di cui ben 15 riconoscono al neo-incornato Carlo III il ruolo di Capo dello Stato).

Questi Paesi, infatti, non solo accettano la sterlina come unità di conto per le loro transazioni ma vedono un punto di riferimento indiscusso per la propria operatività finanziaria nell'hub londinese.

Un beneficio di rilievo che all'epoca della partenza dell'eurozona condizionò non poco la scelta di non aderire al progetto della valuta unica alle soglie del nuovo millennio ed alimentò la narrativa che condusse alla Brexit qualche anno fa.

REGNO UNITO VERSO EU - CONTO CORRENTE
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REGNO UNITO VERSO EXTRA-EU - CONTO CORRENTE
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Si tratta peraltro di rapporti economico-finanziari che sono in grado di neutralizzare almeno in parte l'economia britannica dal rischio della volatilità dei tassi di cambio e di contribuire alla costruzione di un saldo strutturalmente positivo della voce “servizi” del Conto Corrente.

Ma è proprio dall'esame della dinamica delle componenti di questa voce che emergono ulteriori considerazioni (Figura 4).

REGNO UNITO - SERVIZI
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Il saldo positivo dei servizi è sostanzialmente equi-ripartito tra i servizi finanziari ed gli “altri servizi”, cioè quelli che riguardano la ricerca e sviluppo, i supporti legali e di consulenza direzionale, strategica, pubblicitaria, ingegneristica e tecnica in generale.

La resilienza del dato dei “servizi finanziari” non stupisce; Londra, in termini di infrastrutture di mercato, gode di una posizione di forza rispetto alle principali piazze Europee se non addirittura globali. È il caso, ad esempio, della compensazione (clearing) di contratti derivati stipulati over-the-counter (OTC): le controparti centrali con sede nel Regno Unito come LCH Clearnet Ltd e ICE Clear sono i maggiori players a livello mondiale. Per non parlare dell'apertura al fintech dove la City è uno dei principali protagonisti a livello mondiale grazie a un quadro regolamentare amico e aperto all'innovazione su prodotti e servizi. Gli esempi spaziano dal lancio di ambienti regolamentari “controllati” per la sperimentazione finanziaria (le c.d. regulatory sandbox) alle banche digitali e all'open banking, cioè la condivisione dei dati sui clienti, previo loro consenso, con terze parti. Inoltre, La Gran Bretagna si conferma da anni come l'Hub globale di negoziazione della valuta cinese e la seconda piazza per i pagamenti delle transazioni in Yuan.

Non si tratta di un aspetto di poco conto se consideriamo i recenti accordi del dragone con Emirati Arabi sull'uso del Renminbi come valuta di regolamento delle transazioni energetiche finalizzati a soppiantare il petroldollaro con il petroyuan.

Ma appare assai interessante il dato sugli “altri servizi” che non solo ha di recente superato quello dei “servizi finanziari” ma mostra di essere il fattore che guida l'ascesa interminabile da più di 15 anni del trend positivo dei servizi esportati dal Regno Unito nel mondo.

Non c'è dubbio che in questa voce si potrebbero anche nascondere degli schemi tributari elusivi conseguenti all'operatività delle multinazionali e che certamente nella Brexit hanno trovato nuova linfa vitale.

Altro effetto della Brexit e degno di nota è la crescita dei “redditi primari”, che viene spiegato dalle entrate finanziarie che soggetti residenti in UK ricevono dall'investimento in imprese straniere (Figura 5).

REGNO UNITO - REDDITI PRIMARI: INVESTIMENTI DIRETTI
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Il dato peraltro viene confermato dall'andamento degli “investimenti diretti”, cioè dell'acquisto di imprese estere, riportato nel Conto Finanziario (Figura 6).

Sempre da Conto Finanziario emerge un ulteriore importante afflusso di liquidità derivante dai massicci investimenti in titoli UK da soggetti non residenti “invogliati” dai rialzi dei tassi di interesse che la Bank of England – nell'ambito delle decisioni restrittive di politica monetaria – ha avviato prima di ogni altra Banca centrale, (Federal Reserve Bank inclusa).

REGNO UNITO - CONTO FINANZIARIO
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Sulla capacità di muoversi per primi il Regno Unito ha un lungo excursus; così fu quando la Bank of England cambiò strategia sulla detenzione di riserve auree per aumentare la propria leva finanziaria alla fine degli anni '60; fu però strategico restare il più grande “custode” di oro del Pianeta (secondo solo alla Federal Reserve Bank statunitense) supportando così la centralità della City nelle connesse transazioni finanziarie.Analogamente la Gran Bretagna si è distinta dai Paesi continentali nella strategia energetica non prevedendo sistemi di stoccaggio ed operando in una logica just-in-time; circostanza che certamente ha avuto effetti nefasti durante la crisi energetica.Di recente out of the box è stato siglato l'accordo sull'Irlanda del Nord (il Windsor framework) che ha de facto riportato il Paese in Europa aprendo così nuovi scenari nei traffici internazionali.

Insomma, la Gran Bretagna si mostra come un Paese in grado di aggiornare in base alle congiunture ed alle opportunità ed in maniera innovativa le proprie strategie di politica economica con meno isteresi rispetto ai suoi “cugini” continentali. Ovviamente, non sempre conseguendo risultati positivi ma certamente generando più aleatorietà.

Marcello Minenna, Economista
@MarcelloMinenna

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