Borse contrastate. A Milano strappano Bper e Carige, Generali +0,2% nel giorno del piano
Nel giorno in cui la Federal Reserve decide come affrontare il nodo inflazione, i listini del Vecchio Continente chiudono in ordine sparso. In calo il petrolio per i timori sulla domanda di energia, euro stabile a 1,12 dollari
di Enrico Miele e Andrea Fontana
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(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Chiusura positiva, con l’eccezione di Madrid, per i mercati azionari europei prima della Federal Reserve. E’ il settore tecnologico, insieme a quello farmaceutico, a sostenere gli indici che comunque confermano l’andamento piuttosto guardingo delle ultime sedute prima degli appuntamenti chiave con le Banche centrali: questa sera, infatti, la Federal Reserve potrà valutare l’accelerazione del programma di riduzione degli acquisti sul mercato, anche alla luce dei prezzi alla produzione sopra le attese diffusi nelle scorse ore negli Usa, mentre il 16 dicembre toccherà alla Bce e alla Banca d’Inghilterra. Piazza Affari con il FTSE MIB è stata tra le migliori di seduta chiudendo con un rialzo dello 0,5%, Madrid la peggiore complice il netto calo di Inditex (-4%) dopo i conti del terzo trimestre e il tonfo del gruppo It Indra dopo il collocamento di un pacchetto del 4,5% del capitale.
A Milano focus su Generali, strappano Carige-Bper
A Piazza Affari i riflettori sono rimasti puntati per tutta la seduta del 15 dicembre su Generali, che ha lanciato il piano al 2024 che prevede una forte crescita degli utili (Cagr utile +6%-8%) e cedole fino a 5,6 miliardi. Gli analisti sottolineano l'obiettivo di utile superiore alle attese e la sorpresa del buy back da 500 milioni. Strappa in testa al listino Banca Pop Er che ha presentato un’offerta non vincolante al Fondo Interbancario di Tutela Depositi per l’acquisizione di una partecipazione pari all’88,3%, di cui l’8,3% detenuta da Cassa Centrale Banca, del capitale di Bca Carige. A valle del closing, è previsto il lancio da parte di Bper di un'opa obbligatoria sul restante capitale sociale della società per 0,80 euro per azione. Bene anche Stmicroelectronics e i farmaceutici con Diasorin e Recordati, mentre chiudono in coda i petroliferi come Tenaris ed Eni su cui hanno pesato i ribassi del greggio.
Wall Street debole in attesa della Fed
Wall Street si muove all'insegna della prudenza in attesa delle decisioni che la Federal Reserve annuncerà in serata al termine della sua riunione. Covid e inflazione i due temi sul mercato statunitense: superati i 50 milioni di casi e gli 800.000 morti da Covid mentre la variante Omicron, hanno detto le autorità, rappresenta ora il 3% dei nuovi casi nel Paese. Preoccupa, poi, l'inflazione: i prezzi alla produzione sono aumentati a novembre del 9,6% anno su anno, un nuovo record, dopo l'8,6% di ottobre, un dato già senza precedenti.Un altro record era stato toccato dai prezzi al consumo di novembre,+6,8% annuo, il maggior aumento dal giugno 1982. La Fed dovrebbe reagire all'aumento dell'inflazione con l'accelerazione della fine degli stimoli monetari, con un tapering di 30 miliardi al mese (e non 15 miliardi) per mettere fine al programma di aiuti entro marzo.
Usa, +0,3% vendite al dettaglio, sotto le stime
Le vendite al dettaglio negli Stati Uniti, a novembre, sono aumentate dello 0,3% a 639,8 miliardi di dollari, dopo il +1,8% di ottobre (rivisto dall'iniziale +1,7%). Il dato, reso noto dal dipartimento del Commercio, è stato inferiore alle attese, che erano per un rialzo dello 0,8%. Escludendo le vendite di veicoli, il dato è cresciuto dello 0,3% rispetto al mese precedente, dopo il +1,8% (dato rivisto dall'iniziale +1,7%) di ottobre; escludendo veicoli e carburanti, il dato è cresciuto dello 0,2%. Rispetto al novembre 2020, si registra per le vendite al dettaglio un +18,2%.
In Italia Istat rivede al ribasso l'inflazione di novembre
Intanto, l'Istat ha rivisto al ribasso il dato tendenziale relativo all'inflazione di novembre che, in seconda lettura, è pari al 3,7% (da 3,8%), dato più alto da settembre 2008. Su base mensile si è registrato un aumento dello 0,6 per cento. L’ulteriore accelerazione, su base tendenziale, dell’inflazione è ancora una volta dovuta in larga parte ai prezzi dei Beni energetici (da +24,9% di ottobre a +30,7%) e, in particolare, a quelli della componente non regolamentata (da +15% a +24,3%), mentre la componente regolamentata, pur mantenendo una crescita molto sostenuta, registra un lieve rallentamento (da +42,3% a +41,8%).
Spread chiude stabile a 128 punti, tasso 0,92%
Chiusura stabile per lo spread tra BTp e Bund. Il differenziale di rendimento tra il BTp decennale benchmark e il titolo di pari durata tedesco è indicato a 128 punti base, stesso valore del 14 dicembre. Leggero calo, invece, per il rendimento del BTp decennale benchmark, indicato in chiusura allo 0,92% dallo 0,93% del riferimento della vigilia.
Petrolio in calo, pesano Omicron e tensioni politiche
Vendite sul greggio, con gli investitori che continuano a valutare le persistenti incertezze portate dalla variante Omicron e della prospettiva di potenziali restrizioni di viaggio e chiusure. Inoltre, notano gli analisti di ActivTrades, le tensioni politiche tra Stati Uniti, Russia e Cina rappresentano un ulteriore freno all’umore del mercato nel breve termine. Un altro elemento di possibile volatilità è il dato sulle scorte Usa,in arrivo nel pomeriggio. Anche i bruschi movimenti del dollaro, derivanti dall’attesa decisione del Fomc, «potrebbero disturbare i mercati delle materie prime nel loro complesso - dicono gli analisti - tecnicamente parlando, il Wti è ora scambiato al di sotto di 70 dollari, con 69 dollari il primo supporto disponibile prima di scendere verso 67,80 e poi 66,40».
Mercati stretti tra Banche centrali e inflazione
Come si è visto con le deboli chiusure di martedì, sui mercati la tensione per gli effetti della riduzione degli stimoli è alta. In settimana, dopo la Fed sarà la volta della Bce e della Bank of England. Secondo gli analisti, dopo l'accelerazione del tapering,potrebbero partire i rialzi dei tassi Usa, anche tre nel solo 2022. E dato che il mercato per mesi (e anni) è stato sostenuto dalle generose politiche monetarie, questa ritirata della Fed fa paura agli investitori, anche perché nell’economia e sui mercati il debito è sui massimi storici e l'aumento dell'inflazione preoccupa. Proprio l'inflazione continua infatti a essere osservata speciale (negli Usa è salita al 6,8%, massimo dal 1982 e nel Regno Unito è salita a novembre al 5,1% dal 4,2% precedente su base annuale).
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