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Un anno di guerra ha fatto aumentare anche la distanza tra alleati

A dodici mesi dal primo attacco russo contro Kiev la situazione si è complicata moltissimo e, anche se si approderà davvero ad un negoziato di pace, sarà quasi impossibile tornare ad una situazione “quo ante bellum”

di Giancarlo Mazzuca

Ucraina, Biden stronca il piano di pace della Cina

2' di lettura

A leggere i quotidiani ad un anno dall'inizio della guerra in Ucraina molti sono stati colpiti dall’atmosfera sempre più kafkiana che si avverte un po' dappertutto: da una parte, infatti, ci pare di assistere ad una recrudescenza anche verbale del conflitto, con colpi di mortaio sempre più cruenti tra i grandi leader mondiali, dall'altra sembra quasi che la pace possa invece essere dietro l'angolo soprattutto dopo che la Cina si è fatta avanti per cercare un accordo. Chi ci capisce, in questa selva di contraddizioni, di passi avanti e di repentine marce indietro, è proprio bravo. Ma un fatto è comunque certo: a dodici mesi dal primo attacco russo contro Kiev la situazione si è complicata moltissimo e, anche se si approderà davvero ad un negoziato di pace, sarà quasi impossibile tornare ad una situazione “quo ante bellum” perché - al di là delle bombe, delle devastazioni e delle migliaia e migliaia di vittime, - il conflitto (anche verbale: è il caso dell'ultimo duello Zelensky-Berlusconi) ha finito per ampliare irrimediabilmente i contrasti internazionali: di questo passo, dovremo tornare al “Concorde” per ridurre le distanze tra un Paese e l'altro. Non possiamo quindi illuderci: anche se l'Occidente appare ora più unito, le spaccature provocate dalla guerra rischiano di lasciare un segno indelebile, Putin o non Putin. Tante spaccature che ci fanno andare indietro di oltre 30 anni, ai tempi della “guerra fredda” e della caduta del muro di Berlino.

I contraccolpi della guerra continueranno a farsi sentire soprattutto sul fronte economico perché, oltre alle conseguenze dirette sui bilanci delle aziende e delle famiglie, rischiano di perpetuarsi le tensioni anche tra Paesi amici ed istituzioni vicine. Prendiamo il caso dell'ormai lungo braccio di ferro sulla politica monetaria europea: ne abbiamo parlato più volte. Anche la settimana scorsa abbiamo registrato le critiche sollevate in Italia da molti addetti ai lavori nei confronti della prudenza considerata eccessiva della Bce di Christine Lagarde: perché Francoforte ha continuato ad aumentare i tassi anche quando la congiuntura sembrava aver superato il giro di boa della crisi più nera? La risposta alle perplessità sugli ultimi interventi dell'Eurotower è arrivata nel giro di pochi giorni direttamente dalla Federal Reserve che ha rivisto ancora una volta all'insù i tassi d'interesse Usa balzati al livello più alto dal 2007.

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Proprio l'ultima mossa americana finisce per giustificare la prudenza della Bce nel tentativo di evitare che un ulteriore aumento del “gap” tra i tassi europei e quelli praticati da Washington finisse per dirottare oltre Oceano i nostri investimenti. Morale della favola, un anno di guerra ha finito per aumentare “obtorto collo” anche le divergenze tra i Paesi alleati. C'è stata, insomma, una vera e propria “escalation” a 360 grandi: quando riusciremo davvero a mettere tutte le cose a posto?


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