Danza

Un anno sulle punte per guardare al futuro

In 10 punti il racconto ed il meglio del cartellone del 2021

di Silvia Poletti

Boris Charmatz al MoMA

6' di lettura

L'anno della danza è stato rattristato, oltre che dal prolungamento del lockdown, da dolorose scomparse, in alcuni casi anche tragiche (come quella del coreografo trentenne Liam Scarlett, suicida dopo esser stato isolato per alcune accuse non provate di abusi). Ma, onor del vero, anche segnato da coraggiose e felici iniziative che resteranno nella storia. Con una singolare caratteristica: molte di queste vedono coinvolti artisti over 50, la cui creatività si è dimostrata, quest'anno più che mai, inesauribile, trascinante, esemplare.

Coreografo concettuale Boris Charmatz

Coreografo concettuale Boris Charmatz riflette con le sue creazioni sugli argomenti principi dell'atto creativo: la distinzione tra danza e coreografia, il rapporto col passato e il senso dell'arte nel presente. Ha trasformato il Centro coreografico nazionale bretone assegnatogli dal Ministero francese in un Musée de la Danse vivente (come si è visto anche alla Triennale di Milano qualche mese fa) e recentemente ha immaginato qualcosa di ancora più rivoluzionario: un'ecologia della danza, letteralmente inserita nel tessuto urbano, con allestimenti a impatto zero. Radicale e coraggioso, insomma. Come coraggiosa sembra essere la prossima sfida da lui accettata: dirigere il Tanztheater Wuppertal Pina Bausch, mantenendone vivida l'inestimabile eredità, ma anche regalandogli nuove ragioni d'essere e nuove modalità espressive.

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West Side Story

La sfida fa tremare i polsi: ricreare le danze per West Side Story. Non c'è riuscita per esempio l'algida Anne Teresa de Keersmaeker, che aveva creato ex novo le coreografie per un revival dello show (regia di Ivo Van Hove) di scarsa fortuna. Come si può prescindere infatti dai balli di Jerome Robbins, connaturati alla logica scenica e musicale del celebre musical? Ma il trentaquattrenne Justin Peck, talentuoso coreografo residente al New York City Ballet, un Golden Globe per le danze di Carousel, sembra perfetto per la nuova versione cinematografica di WSS firmata da Steven Spielberg e in uscita in questi giorni. Perché? Perché ha assimilato benissimo la straordinaria lezione di Robbins nell' incarnare l'essenza dell'America una danza coltissima ma crogiuolo di mille culture. Non a caso la critica congiunta da tempo l'ha indicato come il suo più accreditato erede.

«West Side Story» coreografie di Justin Peck regia di Steven Spielberg

Janet Rollé

La rivoluzione culturale del mondo del balletto che in nome del politically correct sta cancellando importanti lacerti della sua tradizione (come le caratterizzazioni esotiche dei ballettoni ottocenteschi), ha recentemente registrato uno step significativo. L'American Ballet Theatre ha infatti nominato chief executive ed executive director Janet Rollé, attuale general manager della Parkwood Company, società di media e management della super popstar Béyoncé. Janet è la prima donna Black –di origine afro-giamaicana- ad assumere la direzione della prestigiosa compagnia americana. Che sia il viatico all'arrivo di un'altra donna -anch'essa afroamericana- alla direzione artistica dell'ABT? Le quotazioni di Misty Copeland, la prima étoile nera nella storia della formazione si fanno sempre più alte.

Janet Rollé

Mikhail Baryshnikov

Carismatico in essenza, sofisticato, intellettuale, Mikhail Baryshnikov continua a sperimentarsi senza timore di fare scelte radicali anche nella seconda parte di vita artistica, legata alla performance e al teatro. E ogni volta illumina della sua personalità ineffabile progetti anche audaci e provocatori. La sua collaborazione con Jan Fabre, discusso artista belga dai mille talenti ci ha regalato, nei giorni bollenti del Festival Internazionale di Danza della Biennale di Venezia una algida opera installativa, NOT ONCE, in cui si esplorava, attraverso immagine e parole, il rapporto tra opera d'arte e creatore. Ma sempre nel 2021 ha indossato le bianche vesti di Papa Ratzinger, colto nel momento della decisione di abbandonare il sacro soglio, nella piéce (da lui stesso prodotta) The White Elicopter, diretta dall'autore Alvis Hermanis, che dopo le venti repliche del debutto lituano diventa ora un film la cui uscita è prevista nei prossimi mesi.

Baryshnikov in «The White Helikopter»

Balletto della Scala

Marco Agostino, Timofej Andrijashenko, Claudio Coviello, Nicola Del Freo: in rigoroso ordine alfabetico, i quattro primi ballerini del Balletto della Scala (di questi Del Freo e Agostino promossi proprio in questi mesi) si stanno rivelando sempre più interessanti, soprattutto come personalità artistiche. Ciascuno dei quattro ha una peculiare bellezza, cui si aggiunge il fascino della prima maturità. Ma soprattutto ha una riconoscibile sensibilità che si riverbera nel modo di stare in scena. Gli intensi mesi del 2021 -dove nonostante il lockdown il Ballo della Scala ha presentato, in streaming e live, più di quindici nuovi titoli - sono stati infatti molto importanti per mettere a fuoco le prerogative e lo stile di ciascuno di loro. E la nuova impegnativa stagione, che parte con il kolossal Bayadére, è l'occasione per tutti e quattro di mostrare appieno la propria identità.

Nicola Del Freo con Virna Toppi, Claudio Coviello,Nicoletta Manni con Timofej Andrijashenko,Martina Arduino con Marco Agostino all’Opening Gala 2020

Eric Gauthier

Della “cigni-mania” dell'anno il canadese Eric Gauthier, direttore dell'omonima compagnia di Stoccarda è stato uno dei protagonisti, avendo affidato riletture del Lago dei Cigni a Marie Chouinard, Marco Goecke, Hofesh Shechter e Cayetano Soto. Ma è stato soprattutto con il Dying Swans Project che ha dimostrato creatività e capacità imprenditoriale. Nei giorni del lockdown ha chiesto a sedici coreografi (nomi noti, ma anche autori della scena indipendente internazionale) di ripensare l'assolo La Morte del Cigno in mini-creazioni video con musica originale per ciascuno dei suoi sedici danzatori. Il risultato è stato così rilevante da fare incetta di riconoscimenti a Festival come l'International Prague Video Festival e la Rose d'Or di Montreux, diventare uno dei must see sul canale televisivo 3Sat ma anche trovare una sua vitalità in scena, in una versione che coinvolge direttamente il pubblico e fa provare le ragioni dei movimenti dei nuovi cigni che hanno invaso il cyberspazio.

Eric Gauthier presenta «The Dying Swans Project Live Experience»

Peeping Tom

Con l'arrivo nella programmazione contemporanea del Teatro Bolshoi la consacrazione mondiale dei Peeping Tom può considerarsi conclusa. Certo è che la coppia franco argentina Franck Chartier e Gabriela Charrizo sta rispettando pienamente l'idea che permea la loro poetica fin dal nome della compagnia, che rimanda al film cult di Michael Powell “L'occhio che uccide”. Cinema e sguardo sono infatti al centro delle invenzioni immaginifiche, a tratti sconvolgenti che i due realizzano in scena. Come in un film dell'amato David Lynch, i loro racconti cambiano, si evolvono, mutano in corso d'opera in maniera davvero imprevedibile, spingendoci nella zona d'ombra tra sogno e realtà, come hanno ben dimostrato le repliche italiane del folgorante Trittico sulla “casa” e ancor di più la creazione site specific La visita, alla reggiana Collezione Maramotti per Festival Aperto.

Gabriela Charrizo e Franck Chartier in uno spettacolo dei Peeping Tom.

Tiler Peck

Solo poco tempo prima aveva rischiato di chiudere la carriera per una ernia del disco. Poi il tempo di tornare in scena al New York City Ballet ed è arrivata la pandemia e la cancellazione di tre stagioni di spettacoli. Per la trentaduenne Tiler Peck, prima ballerina della leggendaria compagnia, poteva essere davvero la fine. E invece è bastata la voglia di vincere la timidezza e cercare di realizzare un sogno che inseguiva da tempo per regalarsi e regalarci uno dei momenti più entusiasmanti e creativi di questo 2021. Una chat con William Forsythe, l'idea di fare finalmente qualcosa insieme ed è nato così- quattro mesi via zoom- The barre project-Blake Works 2 l'elettrizzante progetto coreografico passato in streaming la scorsa primavera, che si è accaparrato premi su premi. E ha esaltato, agli occhi di tutti, la grandezza gentile di questa strepitosa danzatrice.

Tiler Peck e Brooklin Mack in «The Barre Project» di William Forsythe

Opéra di Parigi

L'Opéra di Parigi guarda al futuro, ma sa anche omaggiare la sua storia. E così avviene che una delle produzioni più attese della stagione appena iniziata sia stata la nuova creazione di un grand ballet narrativo all'antica -tre atti, sessanta danzatori, trecento costumi, numerosi cambi di scena - su un testo fondamentale della letteratura francese: Le Rouge et le Noir. Una esaltazione della grandeur della Maison ma anche un rispettoso omaggio all'ultimo erede della tradizione ballettistica francese, l'ormai novantenne Pierre Lacotte che per realizzare “il suo ultimo sogno” ha lavorato per due anni, anche via zoom, con le étoiles della compagnia, ingaggiando una vera lotta contro la tecnologia e il tempo. Ma per chi aiutò Rudolf Nureyev nella grande fuga all'aeroporto di Le Bourget può fare paura una pandemia?

Lacotte prova «Le Rouge et Le Noir» nel Foyer de la Danse di Palais Ganier

Carla Fracci

Ora più che mai, vale quello che scrisse a suo tempo Vittoria Ottolenghi: “Non si è ancora avuta la vera immagine di questa nobile figlia di un simpatico signore di professione tramviere, la quale con la forza della sua intelligenza, del suo gusto, del suo fisico di ferro è diventata una delle maggiori dive.” Il fascino del genio dentro l'autenticità umana. L'aristocrazia dell'arte d'elezione unita alla radice popolare; il mistero del talento che ha saputo portare come un dono possibile proprio a tutti. E che ci ha lasciato, andandosene per sempre nel maggio scorso. La nostra Carla Fracci.

Carla Fracci


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