Interventi

Un approccio trasversale per affrontare le molte facce di un’unica grande crisi

di Alessandra Smerilli

Crisi globale. I cambiamenti climatici non risparmiano nessun Paese (nella foto, i danni del ciclone Shaheen a Muscat, Oman)

4' di lettura

Il dibattito che condurrà alle scelte sul futuro del pianeta, da Milano a Glasgow, (dove si terrà dal 1 al 12 novembre la Conferenza delle Parti promossa dall’Onu, detta anche Cop26) ha fatto una tappa ad Assisi il 2 Ottobre, con “The Economy of Francesco”, e avrà un momento tutto italiano a Taranto. Nella città jonica, definita «area ad alta complessità fisica-territoriale, produttiva e sociale», si terrà dal 21 al 24 ottobre la 49esima Settimana sociale dei cattolici, dedicata al tema: “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. #tuttoèconnesso”.

Il punto di partenza delle giornate di Taranto – precedute da un lavoro lungo e capillare, che ha mobilitato migliaia di persone in tutte le comunità ecclesiali locali del Paese, in un grande percorso comune – è la dimensione antropologica della crisi globale. Essa, infatti, attraversa il pianeta e noi che lo abitiamo.

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Il metodo è stato quello della lettura trasversale che prova a raccogliere in uno sguardo comune i diversi profili della crisi: sanitario, climatico, sociale, economico, ambientale, demografico, istituzionale. Questa lettura sintetica è il cuore dell’Ecologia integrale – introdotta da Benedetto XVI, messa al centro da Papa Francesco nel 2015 con l’Enciclica Laudato Si’ e ripresa giusto un anno fa con la pubblicazione di Fratelli Tutti. Il punto è questo: non esistono tante crisi parallele, una accanto all’altra, ma un’unica grande crisi, con una serie di profili che non devono essere studiati, compresi e affrontati solo separatamente.

Pensiamo ad esempio alla sfida della transizione energetica in Europa e all’obiettivo posto dalla Commissione Ue di ridurre entro i prossimi nove anni del 55% le emissioni di CO2 nel nostro continente. Tale obiettivo richiede a tutti i cittadini europei uno sforzo senza precedenti per il riposizionamento delle nostre economie, ma
ancor prima richiede una forte discontinuità della nostra cultura, dei nostri stili di vita, degli insegnamenti in tutte le scuole (da quelle dell’infanzia fino ai master e alle business school, ma ugualmente nei Seminari, nelle scuole teologiche, nelle università pontificie…). Discontinuità
nelle scelte personali, familiari, imprenditoriali, di governo locale.

La prima sfida urgente è quella della consapevolezza. I giovani della pre-Cop26 di Milano e di “The Economy of Francesco” ce l’hanno ricordato con efficacia nei primi giorni di questo ottobre: tutto è connesso, tutto e tutti siamo in relazione. La transizione ecologica dovrà essere “giusta”, cioè inclusiva, partecipata, capace di mobilitare persone, famiglie, comunità, di ridurre e non approfondire le disuguaglianze. La pandemia da Covid-19 ha smascherato e ampliato tante piccole e grandi disuguaglianze: tra uomini e donne, tra categorie di lavoratori più protette e i precari, tra chi ha accesso al mondo digitale e chi ne è escluso e così via. Ora dobbiamo e vogliamo evitare che il prezzo della necessaria transizione, o degli effetti della nostra inerzia, sia pagato soprattutto dai più deboli, da chi ha avuto o ha minori opportunità. Così come sappiamo che ogni volta sono proprio i più deboli a pagare il costo delle incertezze o delle troppo timide scelte dei policy maker. Perché i deboli hanno risorse scarse (talvolta nulle) per proteggersi, ad esempio, dai disastri ambientali, così come dalle tempeste di qualsiasi altro genere. Di conseguenza, per restare alla transizione ecologica, è indispensabile valutare
gli effetti delle decisioni in campo energetico
sotto i profili sociale ed economico in materia di qualità e dignità del lavoro, di senso della vita,
degli spazi di creatività nei propri piccoli-grandi ambiti di responsabilità.

Sguardo e approccio integrali, dunque. Paolo VI, più di cinquant’anni fa (Populorum progressio), usando questo aggettivo, espresse la necessità di considerare tutte le sfaccettature della persona umana, del suo perfezionamento, per uno sviluppo, appunto, integrale. Ugualmente, non si può parlare di sviluppo integrale se non si prendono in considerazione tutte le persone, ma anche la relazione con la nostra casa comune, aggiunge ora Papa Francesco. Nel lavoro preparatorio per Taranto e per il dopo Taranto, il Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali ha voluto stimolare e costruire proposte che discuteremo con quasi mille delegati da tutta Italia (con una percentuale significativamente crescente di giovani e di donne) per considerare e facilitare il fiorire armonioso di tutti gli aspetti della persona: cultura, vita affettiva-politica-sociale, educazione, famiglia, lavoro, salute.

Sguardo e approccio integrali significano infine, a nostro avviso, prendere in considerazione e coinvolgere persone di tutte le età, in una logica di solidarietà intergenerazionale, tuttavia con uno specifico spazio riservato e gestito dai giovani: il loro sguardo e il loro straordinario interesse per il futuro ci trainano e favoriscono la trasmissione di esperienze e competenze in vista di una sostenibilità integrale. Come ha ricordato loro Papa Francesco nell’incontro di Assisi del 2 ottobre scorso: «Voi siete forse l’ultima generazione che ci può salvare: non esagero. Alla luce di questa emergenza, la vostra creatività e la vostra resilienza implicano una grande responsabilità».

Le giornate di Taranto alterneranno, quindi, momenti di denuncia (il dilemma di Taranto, alcune catastrofi ambientali della pianura padana, la terra dei fuochi, ma anche il dramma umano dell’Amazzonia); spazi di studio e approfondimento (con esperti, imprenditori, docenti, ministri, amministratori locali); analisi, valorizzazione e diffusione di oltre cento “buone pratiche” raccolte in tutta Italia, con visite approfondite ad alcune esperienze pugliesi. La parte propositiva prenderà forma attraverso momenti di dibattito in tavoli di lavoro che discuteranno le “piste di conversione” messe a punto dai giovani; le proposte di stili di vita personali, familiari e comunitari, nonché i suggerimenti di policy per i decisori politici e gli amministratori locali elaborati dal Comitato scientifico sulla base di audizioni, seminari di studio, confronti, documenti predisposti da diocesi, associazioni ecclesiali e imprenditoriali, movimenti, gruppi spontanei. Insomma, è tempo di agire: la Settimana sociale dei cattolici Italiani, a partire da questi importanti esercizi di ascolto, desidera connettere il maggior numero di persone ed essere uno di quei luoghi fisici, sociali e spirituali che possono ispirare il cambiamento.

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