Un arbitrato sblocca l’export di gas dall’Egitto per l’Eni
di Sissi Bellomo
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Le tensioni in Libia fanno di nuovo paura, ma nel Mediterraneo si prepara una svolta importante per l’Eni e più in generale per i mercati dell’energia: presto il gas del maxigiacimento Zohr e di altri pozzi egiziani potrebbe iniziare ad essere esportato sotto forma di Gnl.
A spianare la strada a quella che finora sembrava un’ipotesi remota è l’esito di un arbitrato internazionale, che promette di riportare in attività Damietta Lng. L’impianto di liquefazione, fermo dal 2013, potrebbe servire per forniture aggiuntive non solo dall’Egitto, ma anche da Israele e in un futuro più lontano da Cipro.
Unión Fenosa Gas (Ufg) – la joint venture paritaria tra la spagnola Naturgy, ex Gas Natural Fenosa, e l’Eni che controlla Damietta – ha vinto: dopo anni di controversie e ricorsi l’Icsid, istituzione che fa capo alla Banca mondiale, ha condannato il Cairo a risarcirle 2 miliardi di dollari (oltre 1,7 miliardi di euro) per l’impossibilità ad utilizzare l’impianto negli anni passati.
A quanto risulta al Sole 24 Ore è tuttavia molto probabile che le due società si faranno pagare “in natura”, piuttosto che riscuotere la somma.
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La stessa Naturgy nelle comunicazioni alla Borsa sembra confermare l’orientamento: la società si dice «fiduciosa che questo lodo arbitrale permetta di raggiungere un accordo onnicomprensivo e mettere a valore l’investimento in Egitto attraverso intese commerciali e la ripresa della somministrazione di gas all’impianto».
Il momento non potrebbe essere più favorevole. Da gennaio infatti l’Egitto – proprio grazie al successo delle esplorazioni dell’Eni e alla rapidità dello sviluppo di Zohr– dovrebbe tornare ad esportare gas.
L’ha confermato quindici giorni fa il ministro del Petrolio Tarek El Molla in un’intervista al giornale algerino El Watan, in cui ha affermato che gli ultimi tre carichi di Gnl importato raggiungeranno l’Egitto questo mese. «Questo sarà l’inizio dell’autosufficienza nel gas e da gennaio 2019 inizieremo ad esportare il surplus», ha detto il ministro. «Le quantità che l’Egitto potrà esportare non sono grandi, ma sono ragionevoli».
El Molla ha anche voluto rassicurare i partner stranieri, in particolare quelli come Unión Fenosa, che in passato avevano sottoscritto contratti di esportazione: «Avranno la priorità per ottenere una parte del surplus di gas commercializzato (...) Dobbiamo onorare il nostro impegno verso quei contratti».
Un tempo l’Egitto era un importante fornitore di gas. Ma la forte crescita dei consumi interni e una produzione sempre più scarsa hanno progressivamente ridotto la sua capacità di export, fino ad azzerarla del tutto.
In seguito alla Primavera araba, con il Paese sprofondato in una grave crisi economica e politica, il Cairo aveva cominciato a dirottare quantità crescenti di gas verso il mercato domestico, fino a alla chiusura totale dei flussi verso Damietta da febbraio 2013.
Un anno dopo si era fermato anche l’altro impianto di liquefazione egiziano, Idku Lng, controllato da Shell, ma dal 2016 quest’ultimo è tornato in funzione. Damietta invece è tuttora fermo, benché sia stato identificato come soluzione anche per l’export dai giacimenti Tamar e Leviathan in Israele e da Aphrodite a Cipro.
Unión Fenosa possiede l’80% della società Segas, che gestisce Damietta Lng, mentre il restante 20% è del Governo egiziano (attraverso Egpc ed Egas). Il contratto col Cairo le consente l’impiego di 3,2 milioni di tonnellate l’anno di capacità, su un totale di 5,5 milioni tonnellate (equivalenti a 7,6 miliardi di metri cubi l’anno).
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