Occupazione

Lavoro, un’assunzione su quattro usa gli incentivi nel primo semestre

La fase di ripresa del mercato del lavoro segna un aumento del ricorso agli sgravi contributivi nel primo semestre 2021, soprattutto nelle piccole imprese. A fare la parte del leone è lo sconto del 30% per i contratti al Sud

di Valentina Melis e Serena Uccello

Covid e lavoro, la fotografia dell'annuario Eurostat

4' di lettura

Un’assunzione (o una stabilizzazione) su quattro nei primi sei mesi del 2021 ha fruito di agevolazioni contributive. In pratica, su 3,59 milioni di contratti (anche a termine) o trasformazioni di rapporti da tempo determinato a tempo indeterminato, 883.596 hanno fruito degli sgravi.

L’appeal dei bonus è in aumento: le assunzioni incentivate sono state il 9,3% nel 2019, quasi il 16% nel 2020 e il 24,6% nei primi sei mesi di quest’anno. Il ricorso agli incentivi segue la fase di ripresa del mercato del lavoro. Come ha notato l’Istat pochi giorni fa, ad agosto il numero degli occupati è stato di oltre 430mila in più rispetto a gennaio, anche se, guardando ai livelli pre pandemia (febbraio 2020) mancano ancora all’appello 390mila unità.

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LE ASSUNZIONI AGEVOLATE
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La decontribuzione Sud

A fare la parte del leone, sul fronte degli sgravi, è la decontribuzione Sud, ovvero il taglio del 30% dei contributi per tutti gli assunti nel Mezzogiorno (vecchi e nuovi): nei primi sei mesi dell’anno ne hanno fruito 592mila rapporti di lavoro. I punti di forza di questo incentivo sono la sua applicazione pressoché automatica (basta un codice da indicare in Uniemens) e la sua facilità di gestione. Certo la selettività dei beneficiari priva di questa chance i lavoratori di altre aree del Paese. Per questo l’incentivo centra solo in parte il gradimento del sistema produttivo, più propenso a individuare misure strutturali di riduzione del costo del lavoro.

LA PERCENTUALE SUL TOTALE
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Il monitoraggio diffuso dall’Inps il 23 settembre sugli incentivi all’occupazione conferma che lo sgravio contributivo per assumere gli under 36 e il contratto di apprendistato tendono a fagocitarsi a vicenda, guardando a platee di beneficiari molto simili. Sono appena 14mila rapporti - infatti - a beneficiare del bonus under 36, nel primo semestre dell’anno. A spingere questo incentivo, nei prossimi mesi, sarà il potenziamento dello sconto al 100% dei contributi dovuti, stabilito dalla legge di Bilancio 2021 dal 1° gennaio ma autorizzato dalla Ue solo nei giorni scorsi.

LE CLASSI DI IMPRESA
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Il bonus per assumere donne svantaggiate, ancora in attesa dell’autorizzazione di Bruxelles nella sua versione potenziata dalla legge di Bilancio 2021, ha premiato invece appena 32mila rapporti di lavoro nel primo semestre.

Le indicazioni dei dati

È vero che il triennio 2019-2021 è un arco temporale da “maneggiare con cautela”, dati gli effetti sul piano occupazionale della pandemia. Il 2020 ha visto venir meno oltre 650mila occupati da febbraio a dicembre, e il 2021 rischia di essere connotato dall’effetto rimbalzo. Nonostante questo, i dati diffusi dall’Inps consentono comunque di ricavare indicazioni importanti sugli incentivi alle assunzioni.

La prima è la sostanziale tenuta della formula dell’apprendistato, che consente un risparmio sui contributi (aliquota all’11,3% per tre anni, quattro in caso di mantenimento del contratto) e sulla retribuzione (con possibile sottoinquadramento del lavoratore, fino a due livelli). Una formula che ha il maggior impiego nelle imprese fino a 15 dipendenti.

Secondo le parti sociali, la strada da intraprendere dovrebbe essere quella di una ulteriore semplificazione dell’apprendistato, del primo e del terzo tipo: cioè quello per la qualifica e per il diploma professionale e quello di alta formazione e ricerca.

La seconda indicazione che emerge dai dati è che la scelta delle aziende si orienta verso strumenti che indicano con chiarezza costi e risparmi: la formula degli sgravi subordinati a una serie di condizioni è considerata più difficilmente percorribile, per la complessità e per l’incertezza sul permanere del beneficio.

A riprova di questo, c’è l’appeal che ha avuto dal 2015 al 2018 lo sgravio contributivo triennale introdotto con la legge 190/2014: i rapporti di lavoro a tempo indeterminato che nel 2015 avevano fruito del bonus hanno rappresentato il 60% delle attivazioni stabili di quell’anno. Un rischio di robusti incentivi limitati nel tempo può essere però quello di far aumentare l’occupazione nel periodo incentivato e di farla poi diminuire allo scadere del bonus. Nel caso dell’esonero triennale, è stato rilevato un eccesso anomalo di conclusioni dei rapporti intorno alla soglia dei 36 mesi, pari a 10-15mila lavoratori, soprattutto nel Mezzogiorno. Certo, una minoranza rispetto al grande volume dei rapporti attivati con quell’incentivo (1,5 milioni), ma pur sempre da considerare.

Le osservazioni dei sindacati

I tecnici della Cisl indicano la necessità di focalizzarsi sugli incentivi che puntano da un lato alla stabilizzazione dei lavoratori, dall’altro all’inserimento delle figure più deboli, giovani e donne. Sarebbe utile - aggiungono - ripercorrere la strada degli sgravi contributivi per le aziende che introducono con accordi interni forme di conciliazione vita/lavoro.

Secondo la Cgil, il dato sulla decontribuzione Sud al momento è poco indicativo: bisognerebbe considerare i numeri alla prova di più anni. Più in generale, l’impostazione degli incentivi è considerata con grande cautela: utili se sono strumenti a sostegno del lavoro ma rischiosi se si traducono in una dispersione di risorse. Un dato indicativo è quello sull’incentivo per assumere donne: per il sindacato guidato da Maurizio Landini, sono plurimi i fattori che impattano sull’occupazione femminile, e l’approccio più giusto sarebbe quello di agire con un pacchetto di più misure.

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