libia

Un boomerang la missione Irini: Malta esce, Tripoli delusa dall’Italia

La nuova missione Irini, lanciata da Bruxelles il 4 maggio, ha l'obiettivo principale di far rispettare l’embargo delle Nazioni Unite sull'invio di armi al Governo di alleanza nazionale di Tripoli (provenienti dalla Turchia) e alle truppe di Haftar a Bengasi (da Egitto ed Emirati)

di Gerardo Pelosi

3' di lettura

Nella crisi libica si sta assistendo a un un gap senza precedenti tra le dichiarazioni pubbliche e la situazione politico-militare sul terreno. Fortemente concentrata sull'emergenza coronavirus Bruxelles ha bruciato i tempi per far partire il 4 maggio la nuova missione Irini erede della precedente missione Sophia (sempre a guida italiana) che avrà l'obiettivo principale di far rispettare l’embargo delle Nazioni Unite sull'invio di armi al Governo di alleanza nazionale di Tripoli (provenienti dalla Turchia) e alle truppe di Haftar a Bengasi (da Egitto ed Emirati). Ma se il ministro degli Esteri Luigi Di Maio può dichiarare al Senato che «stiamo dando come Italia un rinnovato impulso al processo di pace» con una forza di 500 uomini della Marina e che «è fondamentale adoperarsi per un pieno rilancio degli esercizi di Berlino in termini di dialogo intra-libico», nulla o poco viene detto su quello che sta realmente accadendo a poche miglia dalle coste italiane ed europee.

Malta è uscita da Irini per compiacere Tripoli
Il Governo di Malta ha deciso di uscire dalla missione Irini. Una scelta che solo formalmente viene motivata da non ben chiarite questioni finanziarie. In realtà La Valletta teme che nel prossimo futuro, con un’eventuale ripresa dei flussi migratori, la Guardia costiera libica non aiuterà più i maltesi a bloccare le partenze soprattutto per la paura dei contagi da Covid scaricando tutto sulle autorità maltesi il compito di controllare i flussi. Uscire da Irini metterebbe però in buona luce i maltesi agli occhi del Governo presieduto da Fayez al Serraj che ha sempre sostenuto che Irini, essendo una missione sostanzialmente navale, finirebbe col bloccare solo i rifornimenti che arrivano via mare dalla Turchia e non quelli ad Haftar che arrivano via terra dall'Egitto e via aerea dagli Emirati. Per questi ultimi vi sarebbe solo la possibilità di puntare l'indice sui violatori dell'embargo (Egitto ed Emirati) con il meccanismo del “naming e shaming” davanti al Comitato sanzioni delle Nazioni Unite che sarà presieduto tra breve dalla Germania che avrà tutto l'interesse a difendere i risultati della conferenza di Berlino, ma scontrandosi inevitabilmente con i veti di Russia e Cina. A Bruxelles l’Alto rappresentante della politica estera e di difesa europea, Josep Borrell sta cercando di far desistere Malta dal suo ritiro promettendo aiuti e finanziamenti per far fronte a nuovi flussi di migranti (che attualmente sono molto scarsi per il virus e la guerra in Libia).

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Serraj punta il dito contro debolezza italiana
Ma il presidente del Gna di Tripoli, Serraj, che fino a poco tempo fa credeva di avere trovato nell'Italia un insostituibile alleato in privato, esprime sempre più forti critiche all’operato del nostro Paese che non sarebbe stato in grado di farsi valere a Bruxelles nella scelta di Irini passata all'unanimità solo dopo che le riserve di Paesi come Slovacchia e Ungheria sono state accolte. In realtà la missione, per evitare di incrociare le rotte dei migranti che partono tutte dal confine tra Libia e Tunisia, ha spostato la zona di operazioni ad Est verso la Cirenaica dove verranno bloccati i rifornimenti via mare dalla Turchia diretti a Tripoli (e tra sei mesi il comandante delle operazioni in mare sarà pure un greco). Missione che secondo Serraj rappresenta di fatto una vittoria dei francesi che continuano in questo modo a favorire Haftar.

Serraj contrattacca, Haftar non vuole accordo
Che poi le sorti del conflitto siano già tutte decise a favore di Haftar non è affatto scontato. È in atto un forte contrattacco delle forze di Serraj e se verrà presa la base aerea di al Wattia, attualmente in mano ad Haftar, le forze di Bengasi perderebbero un caposaldo essenziale per la conquista della Tripolitania. Ma anche nel caso di una vittoria di Serraj sulla sua parte di Paese difficilmente si riuscirà ad entrare in Cirenaica dove Haftar si arroccherà. Una situazione complessa aggravata dalla presenza di 200mila sfollati, 650 mila migranti e una produzione di petrolio bloccata che da 1,2 milioni di barili al giorno è ridotta a 90 mila barili con una perdita di 2 miliardi di dollari al mese che stanno imponendo alla popolazione libica misure economiche di grande austerità.

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