VIAGGI D'ARTE

Un collezionismo schierato a favore dell'arte inclusiva. Gli investimenti di Pamela Joyner

Dare voce a chi, per lungo tempo, non è stato riconosciuto, acquistando e valorizzando le sue opere. Perché vale la pena di puntare sui talenti africani

di Di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo

“A Sliced Tooth”(2020) di Rachel Jones, pastelli a olio su tela. Credit Foto Eva Herzog / Courtesy Galerie Thaddaeus Ropac / The Joyner/Giuffrida Collection.

4' di lettura

Nel suo ufficio a San Francisco, Pamela Joyner lavora circondata da una libreria colma di libri d'arte. Impegnata nel settore degli investimenti da oltre trent'anni, ha studiato ad Harvard, dove ha conseguito un Master of Business Administration. Oggi è alla guida di diversi Consigli d'amministrazione e siede nei board di importanti musei come l'Art Institute di Chicago, il J. Paul Getty Trust e il San Francisco Museum of Modern Art. Fa parte della comunità di donatori Art for Justice Fund: «Il mio obiettivo attuale», mi spiega «è la filantropia nelle arti visive e nell'educazione». Il suo è un collezionismo schierato a favore di una storia dell'arte inclusiva, capace di colmare le lacune e di riannettere gli artisti della diaspora africana.

QUAL È STATA LA TUA PRIMA ACQUISIZIONE? E L'ULTIMA?

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La prima è stata Supermarket Flora di Jacob Lawrence, del 1996, che ho recentemente donato al San Francisco Museum of Modern Art. Nelle ultime settimane, ho acquistato A Sliced Tooth di Rachel Jones, del 2020.

“Spoorsny (tracking footprints)” (2020) di Igshaan Adams, in spago di cotone, perline, corda, tessuto. Credit Foto Mario Todeschini / Courtesy the artist and Casey Kaplan / The Joyner/Giuffrida Collection.

QUANDO E COME HAI INIZIATO A COLLEZIONARE? QUALI ERANO LE TUE MOTIVAZIONI ALLORA?

Ho iniziato alla fine degli anni Novanta, ispirata dalla storica dell'arte Lowery Stokes Sims, la prima curatrice nera assunta dal Metropolitan Museum of Art. Per un decennio ho acquistato opere di Black American Artists, sulla base della mia ricerca e passione. Fino a una dozzina di anni fa, non concepivo questa attività come una collezione. Poi, in quel periodo, ho iniziato a capire che esisteva un vuoto nella narrazione della storia dell'arte: le voci nere erano in gran parte escluse e questa cancellazione riguardava gli artisti della diaspora africana globale. L'impegno a riempire quel vuoto è oggi la missione della collezione. L'idea di promuovere il racconto di una storia dell'arte vera, completa e inclusiva è una motivazione cardine nel mio percorso collezionistico.

COME SI INIZIA A COLLEZIONARE E COME SI ACCRESCE UNA COLLEZIONE?

Leggere, vedere e ascoltare sono i primi passi fondamentali. Penso sia importante allenare lo sguardo, non solo per capire la storia, ma anche per sviluppare il gusto personale. Amo e acquisto molti libri d'arte e studio moltissimo. Per le acquisizioni faccio riferimento alle mostre, ai cataloghi, ai saggi. Come la maggior parte dei collezionisti, passo tempo e suggerisco di passare molto tempo nelle gallerie e nei musei. Interagire e supportare i curatori è una chiave del mio approccio collezionistico. Consiglio di parlare con gli artisti. Personalmente, instaurare un dialogo diretto mi aiuta a capire le basi di una pratica individuale e quindi mi guida nella scelta delle opere significative.

“My Hope”(2020) (Alternate View) di Lauren Halsey, in acrilico, smalto e cd su gommapiuma e legno. Credit Foto Jeff McLane / Courtesy of David Kordansky Gallery / The Joyner/Giuffrida Collection.

COME SCEGLI LE TUE OPERE? SEGUI I CONSIGLI DI UN ART ADVISOR O DI UN CURATORE?

Ho una squadra meravigliosa che cataloga, trasporta, conserva e si prende cura delle opere, ma scelgo ed espongo tutti i lavori della collezione in base alla mia ricerca. Ho avuto la fortuna, grazie alle mie affiliazioni istituzionali, di lavorare per anni con alcuni dei migliori talenti curatoriali di tutto il mondo.

TRE ARTISTI CONTEMPORANEI EMERGENTI DA TENERE D'OCCHIO, E TRE DIMENTICATI DA RISCOPRIRE.

Oltre a Rachel Jones, sono entusiasta dei percorsi di Jadé Fadojutimi, Caroline Kent e Igshaan Adams. Gli artisti senior, che penso siano i più trascurati, ma di fondamentale importanza nella mia collezione, sono Emanoel Araujo, Suzanne Jackson e Mary Lovelace O'Neal.

“SPLIT – DRAPE” (2020) di Suzanne Jackson, in acrilico, legno e anelli metallici. Credit Foto David Kaminsky / Courtesy of Ortuzar Projects/ The Joyner/Giuffrida Collection.

QUALI SONO LE GEOGRAFIE ARTISTICHE CHE STAI ESPLORANDO ORA?

Porto avanti il mio interesse per gli artisti africani e sto ampliando la mia esplorazione delle narrazioni afro-latine.

LA TUA COLLEZIONE HA UNA DIMENSIONE PUBBLICA ANCHE GRAZIE A MOSTRE COME SOLIDARY & SOLITARY: THE JOYNER/ GIUFFRIDA COLLECTION. IL TITOLO È MOLTO BELLO. PUOI RACCONTARCI?

Considero la collezione come un “assistente di bordo” temporaneo a servizio di carriere importanti. Con questa filosofia, [io e mio marito Alfred J. Giuffrida, ndr] sentiamo l'obbligo morale di essere proattivi nel mostrare il lavoro dei nostri artisti nel mondo e abbiamo sempre molte opere in prestito. Negli ultimi anni abbiamo donato un numero significativo di opere della collezione, soprattutto a quei musei nel cui Consiglio siedo. Solidary and Solitary, e la correlata, ma più ampia mostra Generations, è stata curata da Chris Bedford e Katy Siegel, organizzata dal Baltimore Museum of Art e dall'Ogden Museum of Southern Art è stata presentata in cinque sedi, per un periodo di oltre tre anni. Abbiamo tenuto molti incontri e seminari incentrati sulla diffusione di nuove narrazioni, rivolti a un nuovo pubblico di visitatori e amanti dell'arte. Molte delle sedi erano musei accademici perché siamo interessati a catalizzare i giovani studiosi e ad approfondire le carriere degli artisti di colore. Andando avanti speriamo di essere un partner e una risorsa per le istituzioni interessate a continuare a riscrivere la storia dell'arte. Abbiamo anche pubblicato due volumi che contengono saggi di circa 30 studiosi. Questi testi inseriscono i nostri artisti in contesti storico-artistici che speriamo ne migliorino la visibilità e la comprensione.

“Hammem” (circa 1984) di Mary Lovelace O'Neal, mix di materiali su tela. Credit Foto Tom Powel Imaging / Courtesy of Mnuchin Gallery / The Joyner/Giuffrida Collection.

QUALCHE CONSIGLIO PER UNA VACANZA A SAN FRANCISCO.

Tra i musei, i miei preferiti sono SFMOMA (ma come membro del consiglio non sono obiettiva), The Asian Art Museum, The Fine Art Museums e The Museum of the African Diaspora. Per l'hotel, consiglio vivamente il Four Seasons. Il Neiman Marcus Café è un'esperienza speciale e per lo shopping guidato Ted Bolivar è il meglio del meglio. Molto spesso, e a maggior ragione durante il Covid, frequento i piccoli ristoranti a conduzione familiare nel mio quartiere: Chapeau, The Magic Flute e Jackson-Fillmore Trattoria sono le nostre mete preferite.

Pamela Joyner. Credit Foto Drew Altizer / Courtesy of The Joyner/Giuffrida Collection.

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