Un colpo da guerra fredda alla Germania di Merkel
La Germania ha reagito con rabbia al blocco dei lavori di Nord Stream dopo che Trump ha firmato il decreto che impone sanzioni alle imprese impegnate nella realizzazione del gasdotto. È solo l’ultima di una lunga serie di azioni da parte della Casa Bianca che mirano a destabilizzare quello che per anni è stato il suo storico e più importante alleato in Europa
di Attilio Geroni
3' di lettura
Formalmente è un capitolo della guerra energetica in corso tra Russia e Stati Uniti sui mercati mondiali. Nei fatti è un siluro alle politiche di approvvigionamento della Germania, non a caso la più risentita di fronte alla ratifica delle sanzioni da parte di Trump che ha subito bloccato le attività di posa dei tubi del Nord Stream 2.
La posta in gioco è enorme. Nel caso venisse completato, Nord Stream 2 trasporterebbe circa 55 miliardi di metri cubi di gas naturale ogni anno in Europa, più o meno la stessa quantità convogliata dal percorso parallelo del Nord Stream, operativo dal 2011.
Gli interessi tedeschi nel progetto
La società, con sede a Zurigo e di proprietà di Gazprom, vede il ruolo importante come partner finanziari di cinque gruppi energetici europei: la francese Engie (ex Suez-Gaz de France), l’austriaca Omv, l’anglo-olandese Shell e due società tedesche, Wintershall Dea e Uniper. Il sigillo presidenziale sul National Defense Authorization Act è dunque uno smacco anche per Berlino, anche se non rappresenta certo una sorpresa, visti i minimi storici toccati da tempo nei rapporti tra Stati Uniti e Germania.
Così come per Trump la Fifth Avenue di New York è troppo affollata di Mercedes e Bmw, allo stesso modo il giudizio sulla dipendenza energetica dell’Europa, e in particolare tedesca, dalla Russia, è sommario: «Proteggiamo la Germania dalla Russia e la Russia in cambio riceve miliardi di dollari dalla Germania», disse a giugno. Insomma, toni da guerra fredda.
Rapporti Usa-Germania ai minimi storici
Gelido, del resto, è il rapporto con la cancelliera tedesca Angela Merkel, che nel linguaggio dei gesti e delle espressioni facciali durante le occasioni di incontri internazionali – in ambito bilaterale e multilaterale – non ha mai nascosto la sua naturale insofferenza nei confronti del presidente americano.
La Germania, dopo la Cina e ancora prima dell’Unione europea nel suo insieme, è il vero obiettivo geopolitico, ed economico, delle attenzioni di Trump nel 2020. Un assaggio delle intenzioni di Washington nei confronti di Berlino l’ha già dato indirettamente, nei giorni scorsi, Robert Lighthizer, Rappresentante al Commercio. L’anno prossimo, ha detto in un’intervista, ci concentreremo sull’Europa e sugli sforzi per ridurre il suo enorme surplus commerciale nei confronti degli Stati Uniti.
2020: pressione Usa su Bruxelles e Berlino
Dopo aver già colpito le importazioni Ue di acciaio e alluminio e imposto dazi per 6 miliardi di dollari su alcuni prodotti europei nell’ambito della controversia Airbus-Boeing sui sussidi pubblici, potrebbe tornare, forte, la tentazione di varare le tanto temute tariffe nei confronti dell’auto made in Europe.
Il che significa soprattutto penalizzare l’industria tedesca del settore, già oggi in difficoltà per la transizione verso la mobilità elettrica e per l’incertezza generata dalle politiche commerciali muscolari della Casa Bianca. Sarebbe uno dei bocconi più appetibili da dare in pasto all’opinione pubblica americana nell’anno elettorale.
È comunque un gioco pericoloso, quello di Trump. Colpire la Russia per offendere la Germania, con il rischio di destabilizzare oltre il lecito il più strategico e importante dei suoi partner europei, non è una strategia lungimirante. Può avere però la sua efficacia se riuscirà a dividere i partner Ue, molti dei quali hanno sempre visto con sospetto il Nord Stream 2. Tocca all’Europa non cadere nella trappola.
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