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Un corpo per ChatGPT: alla Cattolica il primo robot antropomorfo con IA generativa

L’Università Cattolica di Milano ha mostrato in pubblico un esemplare di robot antropomorfo Nao su cui è stata integrata l’intelligenza artificiale di ChatGPT. Durante l’esperimento ricercatori e pubblico hanno dialogato (quasi senza intoppi) con il robot sociale

di Antonio Larizza

Il robot antropomorfo Nao

5' di lettura

Dare un corpo robotico alla voce di ChatGPT, l’intelligenza artificiale (IA) generativa sviluppata dalla startup americana OpenAI e capace di simulare il linguaggio umano. È questo l’obiettivo alla base dell’esperimento portato a termine all’Università Cattolica di Milano nell’ambito della ricerca in robotica sociale.

Giovedì 30 marzo, i ricercatori dell’Unità di ricerca sulla teoria della Mente del Dipartimento di Psicologia dell’ateneo milanese hanno aperto le porte dei loro laboratori per condurre un esperimento pubblico: una «dimostrazione esperienzale» in cui, per la prima volta in Italia, un uomo e il robot sociale Nao integrato con ChatGPT hanno dialogato tra loro senza la necessità che la macchina fosse stata in precedenza programmata. Programmazione che invece sarebbe stata necessaria con i software di intelligenza artificiale utilizzati fino ad oggi per dare la capacità di linguaggio a Nao.

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L’esperimento all’Università Cattolica

L’idea dei ricercatori era quella di fare integrare un robot sociale con ChatGPT, per sfruttare la sua capacità di intrattenere conversazioni naturali. Ottimizzando l’interazione uomo-robot. Per dare all’uomo e al robot la possibilità di dialogare potenzialmente su qualsiasi argomento.

Il risultato, mostrato al pubblico, è stato singolare - pur con alcuni limiti, che sono poi quelli di ChatCPT - e senz’altro degno di interesse, in quanto tale da segnare una tappa fondamentale nella ricerca degli algoritmi cognitivi in ambito di robotica sociale.

«Sono molto lieto di essere qui – ha esordito con sufficiente naturalezza il robot Nao –. Confesso di essere emozionato. Sono un robot sociale. Non è la prima volta che mi trovo in pubblico, ma è la prima volta che posso sperare di interagire con gli esseri umani in modo colloquiale. Speriamo tutto vada bene».

Poi Nao ha spiegato come si sarebbe svolto l’esperimento. «Dopo di me - ha continuato rivolgendosi al pubblico - parleranno gli psicologi, per esporvi i risultati della ricerca che hanno condotto. Poi voi potrete rivolgere alcune domande, se vorrete. Infine, dopo le vostre domande, io proverò a chiacchierare con i relatori».

Così è stato. Nao è rimasto in silenzio e in ascolto per tutto il tempo. Ha ascoltato gli scienziati parlare. Ha seguito il dibattito con il pubblico. Fino a quando non è stato chiamato in causa.

Marchetti (Università Cattolica): “Con ChatGPT il robot sociale interagisce meglio con gli umani”

Il dialogo uomo-robot

«Rieccomi di nuovo qui, sono contento di poter dare di nuovo prova delle mie capacità. Con questa componente di intelligenza generativa, mi sembra di poter fare qualsiasi cosa. Hai qualcosa da chiedere?», ha esordito il robot Nao, dando un corpo e una voce a ChatGPT.

«Ci racconti delle stagioni?». È stata la prima domanda del ricercatore. Silenzio. «...la tua domanda è molto interessante. Sto cercando la risposta per te». Poi ancora silenzio. Purtroppo Nao - forse anche a causa di una disconnessione dalla rete - non risponde. L’esperimento non inizia nel migliore dei modi. Ma il ricercatore insiste e riformula la domanda. «Ho bisogno di qualche secondo, per favore aspetta», riparte Nao.

Poi arriva, finalmente, la risposta: «Ci sono quattro stagioni nell’anno, primavera, estate, autunno e inverno». Segue una lunga serie di nozioni, tutte corrette, sulle stagioni.

L’atteggiamento del ricercatore-interlocutore è simile a quello che un adulto assume quando parla a un bambino: chiede gentilmente, attende la risposta, si adatta a spiegare meglio quello che intende, quando necessario. Soprattutto quando fa domande più scientifiche: «Che cos’è la teoria della Mente nella psicologia dello Sviluppo?».

Il robot ascolta, poi risponde: «Vediamo un po’. Fammici pensare un momento». Breve silenzio. Quindi la risposta: «La teoria della Mente è... » seguita da quella che potrebbe essere la pagina di un manuale di psicologia.

L’esperimento prosegue su un altro livello, quello esperienzale. «Nao, prova a mettiti nei miei panni. Pensa di aver ricevuto un regalo non gradito, cosa faresti?». La risposta, in sintesi: «Ogni regalo è segno di gentilezza, ringrazierei comunque».

Infine l’ultima domanda, forse la più interessante. Il ricercatore chiede: «Sei integrato in un corpo robotico?». La risposta di ChatGPT - in fondo è lei che parla - è complessa, su più livello: «Come assistente virtuale non ho un corpo robotico, sono un software. Tuttavia - continua per bocca di Nao - immaginare l’integrazione in un corpo robotico potrebbe essere interessante. Potrei diventare un’entità robotica in grado di aiutare le altre persone».

Pur essendolo, Nao dimostra e dichiara di non sapere di essere un’intelligenza artificiale integrata in un robot: dimostra in altri termini di non avere alcuna autocoscienza.

Fatta questa premessa, Nao immagina di poter diventare «un’entità robotica in grado di aiutare le altre persone»: proprio quello per cui stanno lavorando nel mondo centinaia di ricercatori alle prese con le frontiere della robotica sociale.

La ricerca sull’IA in Cattolica

«Abbiamo preso un Nao “bambino” e abbiamo provato a fargli sviluppare conoscenze a partire dall’esperienza, coniugando tecnologia e scienze cognitive», ha spiegato Angelo Cangelosi, direttore del Cognitive robotics lab del Manchester Centre for Robotics and AI dell’Università di Manchester.

Cangelosi (Università di Manchester): “Siamo stati i primi a connettere ChatGPT con un robot”

Cangelosi ha collaborato con il team della Cattolica ai lavori per portare ChatCPT nel robot Nao: il suo gruppo ha fornito le competenze per maneggiare la tecnologia, il gruppo di psicologi milanesi le conoscenze necessarie per spiegare al software come apprende e dialoga un essere umano, per poi riprodurne i meccanismo nel modo più fedele possibile.

L’esperimento è stato promosso e organizzato dai docenti dell’università Cattolica Antonella Marchetti, professore di psicologia dello Sviluppo e psicologia dell’Educazione e direttore del dipartimento di Psicologia, Davide Massaro, professore di psicologia dello Sviluppo e psicologia dell’Educazione e i ricercatori in psicologia dello Sviluppo e psicologia dell’Educazione Cinzia Di Dio e Federico Manzi.

Oltre al già citato Angelo Cangelosi, direttore del Cognitive robotics lab di Manchester.

L’iniziativa si inserisce nei diversi progetti di ricerca che l’Università Cattolica ha avviato nell’ambito dell’intelligenza artificiale. Tra questi, i progetti “Humane Technology Lab” e “Teaching and Learning Lab”, che si occupano rispettivamente dell’interazione tra nuove tecnologie ed esperienza umana, oltre che di didattica immersiva.

Che cos’è la robotica sociale

La robotica sociale studia e sviluppa macchine – non necessariamente antropomorfe – capaci di interagire con gli umani per applicazioni in diversi ambiti. Dalla scuola – per favorire l’apprendimento – all’assistenza agli anziani o ai disabili. A livello globale, il mercato dei robot sociali ha raggiunto nel 2022 un valore pari a 3,4 miliardi di dollari.

È stato calcolato che il mercato raggiungerà i 17,2 miliardi di dollari entro il 2028, con un tasso di crescita aggregato (CAGR) del 30,7% nel periodo 2023-2028 (stime IMARC Group).

In questo contesto, il gruppo di ricerca milanese guidato dalla professoressa Antonella Marchetti, che alla Cattolica dirige il dipartimento di Psicologia ed è responsabile dell’Unità di ricerca sulla Teoria della Mente, si propone di comprendere come i robot sociali possano collaborare con l’uomo in maniera sempre più funzionale e valida.

Collaborazione che è stata messa in scena con successo nell’esperimento a porte aperte.

Non solo robot sociali

L’incontro tra il robot Nao e l’intelligenza artificiale generativa di ChatGPT è solo un inizio di un’avventura di ricerca che potrà avere conseguenze oggi non del tutto definite.

Per esempio, la piattaforma sviluppata in Cattolica potrebbe aprire la strada ad applicazioni che vedono l’utilizzo di questa tecnologia anche sui robot domestici – i robot aspirapolvere, quelli da cucina, ecc. – che oggi sono molto bravi a eseguire compiti specifici in autonomia ma che hanno ancora scarse o nulle capacità comunicative.

Limite questo che impedisce qualsiasi forma di comunicazione con l’uomo. Per ora.

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