Un’esperienza fuori dai confini vale il 15,4% in più sull’occupazione
AlmaLaurea e il valore dell’esperienza all’estero: partire aumenta del 15,4% le chiances occupazionali dei laureati
di Eugenio Bruno
3' di lettura
Se c’è una tendenza che né il Covid-19 prima né la guerra poi hanno invertito è il valore aggiunto che un’esperienza all’estero durante gli studi può dare al curriculum di uno studente o una studentessa. Specialmente quando arriva il momento di spenderlo sul mercato del lavoro. A ricordarcelo sono gli ultimi dati di AlmaLaurea contenuti nei suoi tradizionali rapporti annuali sulla condizione occupazionale e sul profilo dei laureati. Prendiamo, ad esempio, il 2022. Nonostante la convivenza con la pandemia fosse ancora in corso, visto che l’analisi ha riguardato chi ha conseguito un titolo di studio l’anno precedente (e cioè nel 2021), il ritorno di un’esperienza oltre confine resta elevato. Chi ha svolto un periodo di studio all’estero riconosciuto dal proprio corso di laurea ha il 15,4% in più di probabilità di essere occupato rispetto a chi non ha mai svolto un soggiorno fuori dall’Italia. Partire ha anche più valore che svolgere un tirocinio. Il ritorno in termini occupazionali di quest’ultima esperienza si ferma a +7,6 per cento.
Il profilo dei laureati
Il rapporto di AlmaLaurea sul profilo dei laureati fornisce un affresco a tutto tondo di quelle che sono state le esperienze di studio all’estero nel 2021. Scopriamo così che l’8,5% dei laureati ne ha svolto una riconosciuta dal proprio corso di laurea. E qui l’effetto della pandemia si sente visto che tale quota era leggermente cresciuta fino al 2020, passando dall'8,9% del 2011 all'11,3 per cento, ma nel 2021 è tornata su livelli inferiori a quelli del 2011. Lo conferma lo stesso documento: «Seppure le risposte dei laureati facciano riferimento all'intero periodo di studio - si legge - la diminuzione evidenziata tra i laureati del 2021 è molto probabilmente attribuibile al periodo di emergenza pandemica, durante il quale le esperienze di studio all’estero hanno registrato una battuta d'arresto per le forti limitazioni imposte agli spostamenti». Avere davanti un orizzonte di pandemia sotto controllo potrebbe aiutare l’inversione di tendenza che magari è già iniziata l’anno scorso. ma per saperlo dovremo aspettare il rapporto 2023 calendarizzato per i prossimi mesi.
La fotografia per tipo di laurea
Lo strumento più gettonato per partire si conferma il programma Erasmus+. AlmaLaurea conferma che « tra i laureati 2021 le esperienze di studio all'estero sono realizzate per il 7,1% con programmi dell'Unione europea (Erasmus in primo luogo) e per l'1,4% con altre esperienze riconosciute dal corso di studio (Overseas, tesi all'estero, ecc.)». Passando alla ripartizione per titolo di studio scopriamo che i laureati di primo livello sono tendenzialmente meno coinvolti da tali tipi di esperienze (5,8%) rispetto a quelli magistrali a ciclo unico (14%) e a quelli biennali (11,2%); a questi ultimi si aggiunge, tra l’altro, un’ulteriore quota di laureati che ha partecipato a programmi all’estero solamente durante il percorso di primo livello e che porta così a una quota totale del 17,8% nell'arco dell’intero percorso del “3+2”. In calo rispetto al 21% dell’anno prima, così da riportare l'Italia sotto l’obiettivo del 20% fissato per il 2020 in sede europeo.
Le tabelle di AlmaLaurea forniscono anche un’idea dell’impatto delle partenze sulla loro carriera universitaria. Tra i laureat con un'esperienza di studio all'estero riconosciuta dal corso,infatti, l’84,8% ha sostenuto almeno un esame poi convalidato al rientro in Italia. Il 20% di chi ha svolto un periodo di studio all'estero ha anche preparato una parte rilevante della tesi (una percentuale che sale ancora fra i laureati magistrali biennali, dove tocca il 33,6 per cento).
Un altro valore aggiunto che si può ascrivere ai periodi di studio lontano dall’Italia riguarda sicuramente le soft skill. Secondo i dati di AlmaLaurea, oltre a valorizzare il bagaglio personale di ogni singolo studente o studentessa, tali esperienze consentono di acquisire maggiori competenze linguistiche. Infatti, il 90,2% dei laureati che ha avuto un'esperienza di studio all'estero riconosciuta dichiara di conoscere almeno una lingua straniera scritta a un livello pari o superiore a B2, mentre tale quota è del 59,3% tra chi non ha fatto questa esperienza. Ci so no oltre trenta punti di differenza, quindi, tra chi parte e chi resta.
Gli atenei più esportatori
dalle rilevazioni del consorzio universitario guidato da Ivano Dionigi emerge infine un affresco di quali sono gli atenei che vedono partire più studenti per un programma di mobilità. Con 25 realtà che si collocano sopra la media dell’8,5 per cento di laureati con un’esperienza all’estero riconosciuta dal loro corso di studi: il podio è formato da Siena stranieri (34,8%), Aosta (34,3%) e la Liuc di Castellanza (23,5%); alle loro spalle troviamo Bolzano (20,8%), Perugia Stranieri 820,7%); Trento (17,3%) lo Iuav di Venezia (15,7%); Sassari (14,9%); Venezia Ca’Foscari (13,8%); la coppia Napoli orientale-Roma Unint al 12,4%; Bologna (11,8%); Politecnico di Torino (11,4%); Palermo (11,3%); Cagliari (11%); Macerata (10,9%); Trieste (10,4%); Verona (10,3%); Lum (9,9%), Camerino (9,7%); Siena (9,6%), Padova (9,5%); Torino (9%); il tandem Roma Tre/L’Aquila (9,7%); chiude la classifica il terzetto Genova-Basilicata-Udine appaiate all’8,6 per cento.
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