Opinioni

Un’Europa più verde e giusta per il dopo Covid

Quello messo a punto per superare la crisi da Covid-19 non è solo un importante piano di ripresa economica. È anche il più green al mondo

di Simone Tagliapietra

(REUTERS)

3' di lettura

Con l’accordo del 21 luglio, i leader della Ue hanno dato vita a un pacchetto di 1.800 miliardi di euro per rilanciare l’economia europea dopo il Covid-19. Non si tratta solo un importante piano di ripresa economica. È anche il più verde al mondo.I capi di stato e di governo hanno stabilito che il 30% di tutto il budget dell’Ue dovrà essere dedicato alla lotta contro il cambiamento climatico. Ciò significa che, seppur in forme e tempi diversi, tra il 2021 e il 2027 circa 547 miliardi di euro di fondi europei saranno messi a disposizione per la transizione verde. Un dato significativo, equivalente a circa un quarto degli investimenti necessari per perseguire gli obiettivi del Green deal europeo. Queste risorse possono fare leva su ulteriori investimenti da parte dei governi nazionali e del settore privato, amplificando il loro impatto. È il caso degli “investimenti abilitanti”, come le reti elettriche intelligenti o le infrastrutture di ricarica delle auto elettriche, necessari per sbloccare gli investimenti del settore privato nell’energia pulita e nella mobilità verde.

L’accordo prevede anche l’impegno dei leader ad aggiornare entro l’anno l’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 dell’Ue per il 2030. Questo passo è importante perché l’innalzamento del target indica che la traiettoria di decarbonizzazione europea si sta orientando verso la neutralità climatica entro il 2050, un’indicazione su velocità e irreversibilità della transizione sulla cui base le aziende dovranno calibrare modelli di business e scelte di investimento. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si è impegnata ad aumentare l’obiettivo di riduzione delle emissioni al 2030 dal 40 al 50-55% rispetto ai livelli del 1990. La Cancelliera tedesca Angela Merkel ha sostenuto questo impegno, impegnandosi a utilizzare la sua presidenza di turno dell’Ue per raggiungere l’obiettivo. L’impegno dei leader a trovare un accordo entro fine 2020 rafforza questo processo, che potrebbe permettere all’Ue di apportare un importante contributo alla conferenza dell’Onu sul clima del prossimo anno a Glasgow.

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I leader europei hanno anche aperto una nuova finestra di opportunità per rafforzare la Banca europea per gli investimenti (Bei), considerando una sua possibile ricapitalizzazione entro fine anno. Tale mossa aumenterebbe la potenza di fuoco della Bei, e le consentirebbe di diventare la “Banca europea del clima”, finanziando la transizione verde in Europa e nelle regioni del vicinato – dal Nord Africa ai Balcani. Tali investimenti esterni offrirebbero un triplice dividendo all’Ue: contribuirebbero a soddisfare gli obiettivi di climate finance dell’Accordo di Parigi; consentirebbero all’industria europea – molto competitiva nelle tecnologie a basse emissioni di carbonio – di trovare nuovi mercati; aiuterebbero lo sviluppo economico del vicinato europeo, fornendo un inestimabile dividendo di politica estera.

L’accordo affronta anche la difficile questione dell’ecologizzazione della Politica agricola comune (Pac), la principale voce di spesa dell’Ue insieme ai fondi di coesione. L’indicazione qui è di dedicare il 40% della spesa della Pac all’azione per il clima, cosa che può essere fatta introducendo stringenti requisiti ambientali per gli agricoltori che si avvalgono di questi sussidi. L’ammodernamento della Pac è pressante, perché è chiaro che, pur fornendo un buon sostegno al reddito, è molto meno efficace sul fronte della conservazione dell’ambiente e della biodiversità.Questo kit di strumenti verdi è completato dall’introduzione di una tassa europea sulla plastica già nel 2021, nonché dalla potenziale introduzione di una carbon border tax e dall’espansione del sistema europeo di scambio delle quote di emissione (Ets) ai settori dell’aviazione e del trasporto marittimo.

Non sorprende che proprio il tema del prezzo del carbonio sia l’elemento più debole del pacchetto. I Paesi sono tradizionalmente riluttanti a conferire poteri fiscali all’Ue. Un significativo aspetto negativo, perché quello attuale è il momento migliore per rafforzare il prezzo del carbonio. È in una fase di cambiamento – in cui molte imprese riconsiderano i propri modelli di business e ingenti fondi pubblici si rendono disponibili per il rilancio economico – che il ruolo del prezzo del carbonio nel plasmare la crescita diventa più importante nell’indirizzare le scelte di investimento. Un altro importante aspetto negativo dell’accordo è il dimezzamento del Fondo per la giusta transizione, uno strumento volto a sostenere l’equità sociale nelle regioni ad alta intensità di carbonio. Una missione cruciale che dovrà essere perseguita attraverso un migliore utilizzo di altre risorse, come i fondi di coesione.

Tutto sommato, è ragionevole sostenere che l’Europa abbia posto in essere un importante pacchetto di ripresa verde. Spetta ora ai Paesi farne buon uso, presentando (e attuando) piani di ripresa orientati alla green economy. Se dovesse accadere, l’Europa potrà forse davvero uscire dalla terribile crisi del Covid-19 più verde, più giusta e più forte.

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