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Un liceo per Umberto Eco

L'ex liceo classico “Giovanni Plana” di Alessandria, frequentato dallo stesso scrittore, è diventato “Istituto di Studi Superiori Umberto Eco”

di Mario Andreose

Liceo classico “Giovanni Plana” di Alessandria

3' di lettura

Dal 3 maggio l'ex liceo classico “Giovanni Plana” di Alessandria, in concomitanza con gli 855 anni di fondazione della città e dopo un'attesa di sette anni, tra impicci burocratici e contrasti politici, è diventato “Istituto di Studi Superiori Umberto Eco” e lo stesso dicasi per l'ex Istituto Magistrale. È stata una kermesse tra un edificio e l'altro, con banda, orchestra, coreografie, autorità, istituzioni, Renate e Carlotta Eco, tanti ragazzi, pochissimi superstiti – il più prezioso: Gianni Coscia, amico di Umberto di una vita, a partire dalla IV ginnasio 1945, con il quale più di un madrigale avean strimpellato. In realtà il loro repertorio privilegiava bensì la musica barocca, ma poi virava nel jazz e nelle canzonette del trio Lescano: Gianni, virtuoso della fisarmonica, e Umberto, buon dilettante del flauto dolce. Questo però nell'età adulta, a beneficio degli amici invitati a Montecerignone per Ferragosto e Capodanno.

Liceo Plana

La loro carriera artistica di intrattenimento, e con ben altro impegno, nasce proprio al liceo Plana, che concede loro l'aula magna per farne un teatro: testi e regia di Umberto, musiche di Gianni, titolo del primo spettacolo “Non ho voglia di studiare”. Qui Gianni ammette che tra le fonti di ispirazione c'erano le commedie musicali e i varietà radiofonici di Garinei e Giovannini e di Gorni Kramer; Umberto, d'altra parte, è sempre vissuto con la radio accesa. Il successo è tale che la compagnia viene reclamata anche dal Convento dei Frati Cappuccini, dotato di un cinema-teatro, con i quali Umberto è in ottimo rapporto, al punto da riceverne incarichi organizzativi per occuparsi dei ragazzi più giovani. Il superlavoro non è mai stato un problema per Umberto, e questo è il punto di partenza per la carriera di militante dell'Azione Cattolica, dirigente diocesano al liceo e dirigente nazionale all'università.

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Liceo classico “Giovanni Plana” di Alessandria

L’oratorio di Salesiani a Nizza Monferrato

Il suo forte coinvolgimento religioso non nasce in famiglia, in equilibrio tra madre credente e padre no, ma in un oratorio di Salesiani a Nizza Monferrato dov'era sfollato in tempo di guerra quando aveva dodici anni. Anche qui c'era un teatro dove aveva recitato e soprattutto avevano formato una banda musicale e aveva potuto fare le sue prime esperienze di giovane suonatore, compresa la storia della tromba raccontata nel Pendolo di Foucault.La rigida osservanza dei dieci comandamenti non esenta il giovane Eco dal provare una nuova, violenta emozione nell'incrociare sulle scale del liceo – sempre questo liceo – Lilli (attenzione al nome), una sedicenne, ai suoi occhi, di insostenibile bellezza. Ne nasce un amore, platonico beninteso e del tutto ignoto all'interessata, che lascerà una traccia indelebile nell'immaginario del futuro autore. La ritroveremo con il nome di Lilia, oggetto di un amore insoddisfatto, nell'Isola del giorno prima, invocata da Roberto, il protagonista, con fervore quasi religioso; e poi con il nome di Lila, nella Misteriosa fiamma della regina Loana, nella visione finale di Yambo: “ora, la vedo come quel giorno nell'androne, sto finalmente per vedere Lila, (…) bella qual sole, bianca come la luna, agile e ignara di essere il centro, l'ombelico del mondo”. Sul tema dell'amore rinunciatario, Eco richiama in ambedue i romanzi l'esempio supremo di Cyrano de Bergerac e della bella Roxane. Finché un giorno, una Lila in carne e ossa si affaccia all'orizzonte di Montecerignone e raggiunge telefonicamente il professore alla scrivania nel suo studio: si chiama Lila Azam Zanganeh, redattrice della Partisan Review, e lo vorrebbe intervistare. Si intuisce la reazione del professore dalle prime righe che lei premetterà all'intervista: siamo in pieno agosto e lui le decanta una “bellissima” (in italiano nel testo) piscina dove potrebbe riceverla, ma poi si preoccupa dei tornanti tortuosi che lei dovrebbe affrontare in auto per ascendere il Montefeltro e così la invita a casa a Milano il giorno di Ferragosto 2008. Non l'ha ancora vista, io sì perché l'ho intercettata prima in casa editrice, in un primo passaggio a Milano. Poco più che trentenne, poliglotta, studiosa di Nabokov, studi alla Sorbona e ad Harvard, tratti tipicamente iraniani. L'intervista, con il titolo The Art of Fiction, esce nella stessa estate 2008 nel n.185 della rivista.


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