Un maestro a bordo ring, tra boxe e scuola di vita
di Dario Ceccarelli
3' di lettura
Molti pensano che la boxe sia roba da macellai. Uno scontro primitivo, retaggio più della bestialità umana che di un sano spirito sportivo. Una disciplina residuale in cui prevalgono forza e crudeltà. Urla, sudore, pugni e sangue. Sempre che tutto vada bene e qualcuno non ci lasci la pelle. O ne porti i segni per tutta la vita.
Alcuni miti ne rovesciano però lo schema. Pensi a Muhammad Ali, per esempio. Alla sua elegante leggerezza. Che anche quando colpiva - e se colpiva! - sembrava che danzasse in punta di piedi. La velocità, il carisma, la battaglia per i i diritti dei musulmani neri.
Pensi anche a Nino Benvenuti, pugile di classe superiore, nei suoi duelli in bianconero con Sandro Mazzinghi e Emile Griffith seguiti in televisione da milioni di italiani negli anni Sessanta. Lo vedi adesso Benvenuti - ormai anziano ma ancora lucido e vigoroso - e pensi che la boxe gli abbia fatto bene, magari riuscire ad invecchiare così….
Pensi a quel film di Clint Eastwood, “Million dollar baby”, bellissimo e struggente, con quella ragazza coraggiosa e tenace che trova nel suo “maestro” non solo un punto di riferimento sportivo, ma anche una figura paterna, burbera ed esigente, ma in grado di starle a fianco anche fuori dal ring.
Ma se vi resta il dubbio, se pensate che i troppi imitatori di Rocky Balboa abbiano fatto solo dei danni, una buona guida per entrare nel mondo della boxe, e per capire come sia cambiata nel tempo, la si trova nel libro (A bordo ring, ganci, montanti e storie di vita raccontati dall'angolo, editore Infinito, pp. 148, euro 13 ), scritto dal maestro Mario Bambini insieme al collega Dario Ricci, nota voce di Radio 24 per le sue cronache sportive e per aver seguito , come inviato, mondiali ed europei di calcio e tante olimpiadi invernali ed estive.
Un libro che non ti aspetti. Perché non è la storia di un famoso pugile che ha lasciato il segno. No, è la storia di una figura minore, diciamo così, che da boxeur ha un curriculum scarno: «Otto incontri, cinque vittorie, tre sconfitte. Eccolo il mio record da pugile agonista», scrive Bambini facendo un bilancio agrodolce della sua vita sul ring. «Sono le sconfitte che in fondo ti fanno crescere… Prima di battere il tuo avversario, in quelle dodici corde, deve riuscire a battere te stesso, a superare i tuoi limiti…».
Ecco. Qui entriamo nel nocciolo del libro, che è un breve, ma intenso, viaggio nella capacità di andare oltre le nostre paure, i nostri piccoli grandi limiti, quei misteriosi corto circuiti che ci bruciano quando siamo davanti a una meta, non solo sportiva, difficile da superare.
Mario Bambini sa di cosa parla. Lo sa perché dopo aver fatto il pugile è passato dall'altra parte, “ A bordo ring”, nel ruolo ancora più difficile del “Maestro”, colui cioè che segue l’atleta nel suo percorso sportivo e umano. Un compito difficile perchè El maester, come si dice in milanese, deve sì insegnare la boxe, ma anche insegnare i fondamenti di una arte molto più nobile: che è quella di diventare uomini, adulti capaci di far fronte ai colpi più duri della vita.
«Perché un pugile, prima che dalle mani, lo riconosci dagli occhi, dallo sguardo». Non sempre il migliore è quello più dotato tecnicamente. Il vero maestro è quello che “intravede” la promessa. Che coglie nel giovane una certa scintilla, quella su cui poi lavorerà per farlo diventare - se mai diventerà- un campione. «Bisogna esaltare le caratteristiche che ha ogni singolo atleta e riuscire a inserirle nel percorso tecnico individuale più adatto, senza forzature o ideologie».
Una bella storia davvero, questa del maestro Bambini, che ci fa allontanare dal logoro cliché della boxe come arena di disperati in cerca di promozione sociale.
C'è il rapporto coi figli, che per tanti aspetti ricorda quello del maestro con gli allievi, le vittorie e le sconfitte; e poi c'è anche spazio per la boxe femminile, che è un po' la vera novità di questi ultimi anni. Una novità, sulle prime non facile da accettare per i cultori del quadrato.
«La boxe femminile non mi è mai piaciuta. Il mio miglior pugile è una donna», scrive Bambini quasi prendendosi in giro. I pregiudizi sono duri a morire ma, alla fine, sul ring le donne si sono conquistate la loro metà... del ring. Non è stato facile. Fino alla fine anni Ottanta la boxe femminile era proibita. Poi grazie ad alcune pioniere - in particolare a Dallas Malloy - altre donne sono riuscite a realizzare i loro sogni. Anche quello olimpico.
C'è tanta vita, in questo libro. Sogni, cadute e risalite. Tante storie di uomini e donne, di ragazzi e ragazze. Dei quali ogni maestro si poterà sempre qualcosa con sé.
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