Un miliardo ai borghi ma il bando lotteria accende la rivolta
Sindaci, comunità montane, Legambiente, Touring Club e pro loco contro la regola che concentra 420 milioni in 21 paesi scelti dalle regioni
di Gianni Trovati
I punti chiave
2' di lettura
Un miliardo abbondante di euro riservati ai piccoli Comuni delle aree interne dimenticati dalla politica e abbandonati dagli abitanti è uno di quegli inediti resi possibili dal Pnrr. Ma invece degli applausi e delle campane a festa, la novità ha trovato come accoglienza una rivolta trasversale animata da Comuni e Comunità montane insieme a Legambiente, Touring Club e Unione delle Pro loco. In pratica, dagli unici che in questi anni si sono davvero interessati a centri minori delle aree interne, mentre la legge sui piccoli Comuni che ha arrancato per tre legislature in Parlamento ora giace in Gazzetta Ufficiale nell’eterna attesa delle norme attuative.
Sotto la lente i criteri scelti dal ministero della Cultura
La spiegazione non è in un impazzimento collettivo innescato dall’ubriacatura per il fiume di soldi in arrivo. Il problema, più razionalmente, nasce dai criteri scelti dal ministero della Cultura, e concordati con le Regioni, per distribuire i fondi per questo investimento (è il numero 2.1 della Missione 1, componente 3, per gli amanti della tassonomia da Pnrr). Che, in estrema sintesi, concentrano assegni ricchissimi su pochi fortunati, lasciando tutti gli altri a guardare sconsolati il proprio biglietto perdente della lotteria.
La scadenza del 15 marzo
Anzi, in molti casi il biglietto nemmeno c’è. Perché la Linea A dell’intervento, finanziata con 420 milioni, chiede alle Regioni e alle Province autonome di individuare entro il 15 marzo nel proprio territorio un «borgo disabitato o caratterizzato da un avanzato processo di declino e abbandono». Sul borgo prescelto pioveranno 20 milioni di euro, da destinare a un «intervento esemplare» su cultura, turismo, formazione e ricerca o servizi sociali.
L’intervento è senza dubbio esemplare, perché 20 milioni per Comuni che hanno bilanci spesso 20 volte più piccoli sono tanti. Ma è soprattutto «esclusivo», nel senso che esclude gli altri, in base a criteri su cui le Regioni hanno viaggiato con la massima libertà.
I borghi scelti (e le polemiche)
In Sicilia per esempio la giunta Musumeci ha scelto il borgo della «Cunzirìa» nel Comune di Vizzini (Catania) senza nessun bando pubblico. Nel Lazio la selezione c’è stata, e ha premiato Trevinano (frazione di Acquapendente, Viterbo) facendo arrabbiare tutti gli altri a partire da Bagnoregio che aveva puntato le proprie carte sulla celeberrima Civita. In Piemonte la rivolta degli enti locali ha spinto la Regione a tornare sui propri passi dopo aver pensato di destinare i 20 milioni al complesso sabaudo di Stupinigi, non esattamente un borgo spopolato. Il progetto sarà finanziato con altri fondi, ha assicurato il ministro della Cultura Franceschini. A lui è indirizzata la lettera su cui l’Unione delle Comunità montane sta raccogliendo le firme per chiedere di ripensare il meccanismo e di fissare «procedure pubbliche, chiare, evidenti a tutti» per scegliere «gruppi di Comuni insieme che lavorino nel comporre un progetto su più borghi». Un po’ come accade nella Linea B, che destina 380 milioni (altri 200 andranno alle imprese dei territori) per sostenere la riqualificazione culturale di almeno 229 borghi storici (la scadenza è sempre il 15 maggio). Altrimenti, spiega la lettera, il rischio è di creare 21 «nuove Venezie», «luoghi stupendi messi sotto campane di vetro». E circondati dal nulla.
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