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Un multilateralismo utile per tutti è l’unica opzione per Pechino

Nella tavola rotonda su Nuova globalizzazione e ruolo della Cina, accanto agli esperti dell’Occidente i teorici del Comitato centrale del partito comunista appoggiano la modernizzazione delle istituzioni sovranazionali

di Rita Fatiguso

2' di lettura

Che mondo sarebbe se la globalizzazione andasse in frantumi? La domanda posta da Giovanni Tria, ex ministro dell’Economia e Finanza, professore di economia all’Università Tor Vergata ha aperto il dibattito sul ruolo della Cina nel futuro prossimo, in cui molti presupposti di un pianeta interconnesso sono a rischio. Tra questi il multilateralismo, di cui la Cina continua a professarsi un grande sostenitore.

Multilateralismo efficiente

L’hanno ribadito Jie Xiong e Hui Yuan, professori della Scuola del Comitato centrale del partito comunista cinese, Accademia nazionale di government, nella tavola rotonda con Peter Jungen e Lawrence Midland, esperti di politica e finanza cinese. I quali avvertono, a loro volta: se la Cina si chiude, tutti perdiamo qualcosa.

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Per Jie Xiong le istituzioni multilaterali negli ultimi quarant'anni hanno realizzato molti risultati, ma il sistema è stato creato ottant’anni fa, per renderlo più efficiente è necessario rimetterci mano, ottimizzandolo, senza cancellarlo. «È tempo di coinvolgere anche altri Paesi, quelli del Sud del mondo, e altri più piccoli oltre ai big». Soprattutto, le riforme devono servire, devono essere win win. I giovani devono essere coinvolti perché tutto ciò riguarda il loro futuro.

Il nodo investimenti

Abbiamo molti ostacoli. E problemi, per questo la Global development inititative lanciata dal segretario generale Xi Jinping è la risposta. Una reazione multilaterale che coinvolga non solo Stati ma anche gruppi di interesse e filoni emergenti come la digital economy.

Per Hui Yuan a fine 2020 la Cina ha dimostrato tutta la volontà di rinegoziare ad esempio gli investimenti reciproci con la Ue, per questa ragione è opportuno, ora che l’economia cinese si sta riprendendo, che si riparta.

C’è stata infatti una ripresa nel primo trimestre, questo è il tempo giusto .Robusta crescita del 4.5% nel primo trimestre, l’Onu parla del 5.3% nel 2023 contro l’FMI che valuta l’apporto alla crescita globale atteso entro il 34.9 per cento.

Hui sottolinea come la Cina stia promuovendo l’efficienza del mercato e la cooperazione.

Per Peter Jungen «la social market economy cinese ha realizzato il 28% della crescita globale, ma il 60% della produzione per l’export è stata innescata per il 13% da investimenti stranieri. Inoltre i sono dimezzati, circa del 50%. La Cina dovrà frenare questa tendenza perché il suo futuro è nell’innovazione».

Il ruolo della tecnologia

Ci sono nuvole all’orizzonte, la deglobalizzazione potrebbe prevalere, infatti si parla di eccesso di dipendenza dalla Cina.

«Ma chi è dipendente da chi?», si chiede Lawrence Midland, «basta vedere al caso della dipendenza energetica dalla Russia. Ciò che è necessario fare, è cercare di sincronizzare i due sistemi, altrimenti....».

Nell’immediato, infatti, un grande ostacolo è la restrizione dell’import-export di tecnologia, nel timore persistente di un dual use tra utilizzo per scopi civili/militari,ma secondo i due esperti cinesi Jie e Hui «non ha senso affrontare i problemi in questo modo, non è questione di corsa all’egemonia tecnologica».

No Huawei, no Google map. Un invito finale, molto diretto, è quello a non utilizzare come armi ogni scoperta scientifica utile a tutto il pianeta.

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