Interventi

Un nuovo business model post Covid. Ma quale?

di Carlo Bagnoli

(AFP)

3' di lettura


Quando, l’11 marzo 2020, il direttore dell’OMS dichiara il Covid-19 una pandemia, si ravviva lo spettro di un nemico antico, che nei secoli ha ucciso più esseri umani di qualsiasi altro disastro naturale. Paradossalmente, però, le pandemie si sono sempre dimostrate capaci anche di mutare il corso della storia in positivo, innescando l’innovazione dei sistemi religiosi, politici, economici ma anche tecnologici. Basti pensare alla peste nera medievale, che, secondo Herlihy, favorì innovazioni quali le armi da fuoco e la stampa, in sostituzione, rispettivamente, dei soldati e dei monaci amanuensi falcidiati dall’epidemia. Per spiegare questa co-esistenza di effetti nefasti e propizi, viene in soccorso proprio l’etimologia del termine «paradosso», secondo cui qualcosa, che apparentemente contraddice l’opinione comune, si dimostra invece valido. La caratteristica fondamentale del paradosso è, infatti, la co-esistenza di due poli contrapposti: uno non esclude l’altro, anzi, senza l’uno non esisterebbe l’altro.

La co-esistenza tra minaccia e opportunità in tempo di crisi è testimoniata anche da esempi recenti quale quello di Alibaba che, nel 2003, in piena esplosione della Sars, lanciò Taobao, diventato il sito di e-commerce più grande al mondo. La crisi innescata dall’attuale pandemia è, quindi, paradossalmente, una grande minaccia e al tempo stesso anche una grande opportunità per innovare l’intera società e, quindi, le singole imprese. Per lo storico Noah Harari, ad esempio, la chiusura dei luoghi di lavoro rappresenta «il più grande esperimento al mondo di work- from-home». I cambiamenti imposti dalla pandemia hanno determinato una serie di conseguenze che, se perdurassero, potrebbero trasformare molti business. Ad esempio, la casa è diventa di colpo anche ufficio grazie allo smart working, ristorante grazie al food-delivery e palestra grazie agli online training programs. L’interazione fisica, a parte con i familiari e, al massimo, con i vicini di casa, è stata sostituita da quella virtuale.

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Le forniture da parte delle imprese cinesi sono state interrotte. Alcuni mercati, come quello turistico, sono momentaneamente scomparsi. Il Covid-19 impone, dunque, alle imprese italiane di riflettere sulla validità del proprio modello di business. Già prima di tale
crisi, esse stavano affrontando le sfide strategiche imposte dalla globalizzazione e
dalla digitalizzazione. L’avvento del Covid-19 può invertire o, quantomeno, attenuare il trend della globalizzazione e cambiare in parte il comportamento dei consumatori in molti mercati, facendo, del resto, accelerare i processi di trasformazione digitale? Le opportunità offerte da questo enorme momento di discontinuità dovrebbero essere sfruttate al meglio, soprattutto dalle piccole
e medie imprese, per sviluppare processi di trasformazione strategica, e non solo digitale, dei modelli di business. Le piccole e medie imprese hanno, naturalmente, una maggiore propensione all’innovazione di quelle grandi che, spesso, detengono posizioni oligopolistiche. Inoltre, se nelle crisi piccole il potere tende a spostarsi verso il centro, viceversa, in quelle grandi esso tende a spostarsi verso le periferie.

Al fine di supportare le imprese italiane in questo processo di trasformazione strategica, l’Università Ca’ Foscari Venezia, tramite il suo spin-off Strategy Innovation, ha elaborato un report che identifica 50+1 paradossi che il Ceo di un’impresa dovrebbe porsi per ridefinire il proprio modello di business. L’ambizione del report non è fornire risposte valide erga omnes, quanto stimolare la singola impresa a porsi, innanzitutto, le domande corrette, nella convinzione che la qualità della vita personale e professionale dipenda dalla qualità delle domande che ci si pone.

Il documento si concentra inizialmente sul processo da seguire per riuscire a sfruttare l’opportunità offerta dalla crisi in corso, per poi approfondire i possibili impatti della pandemia a livello dell’intero modello di business, stressando la necessità per le imprese di rimettere al centro la loro missione, mai come oggi importante per tenere uniti tutti i membri dell’organizzazione.

Professore ordinario di Innovazione strategica
Università Ca’ Foscari Venezia

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