SBAGLIANDO SI IMPARA

Un nuovo progetto professionale? Siate l’hacker di voi stessi

Impariamo davvero chi siamo con la pratica, che ci permette di confrontarci con noi stessi in ambienti isolati e con il mondo quando siamo in pubblico

di Giulio Xhaët *

(REUTERS)

2' di lettura

Come spesso ricordato in questa rubrica da molti miei colleghi di Newton, l’idea di potere pianificare nei dettagli piani e progetti a lungo termine è possibile in contesti “complicati”, dove le regole del gioco non cambiano in modo rilevante con il passare del tempo e dove, se io agisco, non cambio il contesto e le regole sottostanti. Ma l’interconnessione globale contemporanea ha ridotto a pochissime le situazioni “complicate” in un sistema, sia esso una nazione, un’azienda o un gruppo di persone che sviluppano un progetto. Ci troviamo quasi sempre in scenari “complessi”. E qui i piani a lungo termine servono poco, perché il terreno sotto i piedi è cangiante e in movimento perpetuo.

L’idea di un piano a lungo termine da realizzare senza indugi e deviazioni è spesso associata per descrivere persone geniali. Persone che seguono con perseveranza il proprio destino e addirittura lo vedono in ogni loro progetto, in ogni opera, sapendo cosa e come procedere sin dall’inizio. Si sono diffuse leggende: ad esempio che Michelangelo fosse in grado di vedere una figura nascosta in un blocco di marmo prima ancora di toccarlo, limitandosi a togliere la pietra in eccesso per “liberarla”. Un'immagine splendida, ma falsa.

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Lo storico dell’arte William Wallace ha dimostrato come in realtà Michelangelo fosse un simbolo del “prova e impara”. I suoi piani cambiavano in continuazione mentre andava avanti con una scultura. Lasciò incompiuti tre quinti dei suoi lavori, passando ogni volta a qualcosa che gli sembrava più promettente. Partiva da un’idea, la provava, la cambiava e la abbandonava in tutta fretta per un progetto che riteneva migliore. Sarebbe stato un ottimo startupper dell’era digitale, un emblema rinascimentale del Try & Learn.

Molto più che con la teoria, impariamo davvero chi siamo con la pratica. Quest’ultima ci permette di confrontarci con noi stessi in ambienti isolati, e con il mondo quando siamo in pubblico. Nel percorso della nostra vita dobbiamo smetterla di “pianificare e implementare”. Piuttosto, “proviamo a imparare”. Lo ripete spesso Paul Graham, uno scienziato informatico e cofondatore di Y Combinator, un acceleratore di startup che ha finanziato tra le altre Airbnb, Dropbox, Stripe e Twitch.

Secondo Graham, “Quasi tutti i lavori che ho svolto negli ultimi dieci anni non esistevano quando andavo alle superiori. In un mondo del genere avere dei piani rigidi non è una buona idea. Calcificare le scelte troppo presto ha un nome ben preciso nell’informatica: ottimizzazione prematura. Invece di partire subito da una meta e procedere a ritroso, la stragrande parte delle persone dovrebbe partire da situazioni promettenti e andate avanti a suon di errori e lezioni apprese”.

Michelangelo era solito ripetere: “So chi sono quando vedo ciò che faccio”. E quando sbagliava di grosso, imparava tanto su sé stesso. Per questo, se dobbiamo sviluppare un nuovo progetto professionale, mi piace l’idea di “smanettare” avidamente con le proprie certezze. Rubando le proprie idee e portandosele altrove, in contesti nuovi. Entrare nel proprio sistema lastricato da convinzioni lineari e scardinandolo. Può fare male, a volte. Lo so, perché mi è successo, ed è stato inizialmente doloroso. Ma ne vale la pena. Siate l'hacker di voi stessi.

* Partner Newton Spa


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