Un patto tra scuola, governi e aziende per arginare la dipendenza digitale
Nel libro «L’era della Dopamina» la psichiatra Anna Lembke spiega i meccanismi che si attivano con l’abuso dei social e di contenuti digitali
di Giampaolo Colletti
I punti chiave
3' di lettura
Condivide et impera. Correva l’anno 2016 e l’Economist scelse una citazione latina rivisitata per raccontare gli stream social e per descrivere la stella nascente delle nostre vite connesse, quel Mark Zuckerberg assiso su un trono imperiale come un imperatore romano dei secoli passati. Il tempo avrebbe poi defenestrato il fondatore di Facebook, ma più o meno in quello stesso periodo in un ex birrificio di Ferentino, ventimila anime nella provincia di Frosinone, un giovane creativo romano denunciava la sbornia da social media.
Oggi Mister Thoms, all'anagrafe Diego della Posta, è diventato uno degli street artist italiani più seguiti (nella foto in alto “Like a vision”. il murales realizzato da Mister Thoms che dal 22 luglio 2023 inaugura una mostra personale alla Galleria Orler a Orbetello dal titolo “Never Green”). Ed è in buona compagnia nell'allerta dei rischi da esposizione alla rete. «Il mondo caratterizzato dalla scarsità̀ oggi è un luogo basato sull'abbondanza: droga, cibo, notizie, gioco d'azzardo, shopping, gaming. Tutto questo sostituisce le sensazioni di piacere con dolore e insoddisfazione». Così Anna Lembke, docente di psichiatria alla Stanford University School of Medicine e autrice del best seller tradotto in Italia con “L'era della Dopamina” per Roi Edizioni. Per Lembke è il tempo del “tutto e subito” e questo genera conseguenze imprevedibili.
Come influiscono gli algoritmi di intelligenza artificiale
«Il mondo è diventato un luogo in cui tutti possono diventare dipendenti da tutto. Con una maggiore esposizione, modifichiamo il cervello, portandolo allo stato di deficit di dopamina che incide sulla dipendenza. Oltre all’accesso e alla quantità, anche la novità moltiplica il consumo. È il caso di Tik Tok e della quantità infinita di video fruibili al semplice tocco sullo smartphone. La brevità dei filmati accresce il desiderio, moltiplicando la dipendenza. Gli algoritmi di intelligenza artificiale che apprendono ciò che ci è piaciuto vanno ad agire sulla funzione di ricerca del nostro cervello», precisa Lembke, diventata in America un'icona tv, entrando nel cast degli esperti intervistati per The Social Dilemma, il popolare documentario Netflix che denuncia l'impatto dei social sulle nostre vite.
A rischio i più giovani e gli anziani
«Abbiamo drogato quasi tutti i comportamenti umani, trasformando anche quelli sani. Creare connessioni umane è salutare ed è necessario per la sopravvivenza, ma i social ancorano l'uomo connesso, rimuovendo quel lavoro proattivo necessario in ogni cosa. È come se venisse meno lo sforzo di procacciare quel contenuto e così il nostro sistema si satura», dice Lembke. Tanto maggiore è il rilascio di dopamina, tanto più forte è la possibilità di sviluppare dipendenza dalla stessa. Ma non è una questione anagrafica e i rischi sono trasversali. «Tutti siamo vulnerabili. Sia i giovani che gli anziani hanno più tempo e spesso riempiono quello spazio vuoto con un consumo eccessivo compulsivo».
Un patto di regole e incentivi
La parte più esposta è quella generazione Alpha nata nel nuovo millennio: i rischi di queste droghe digitali sono legati a depressione, ansia, insonnia, disattenzione. Ma c'è un modo per uscirne e questa sfida passa dal coinvolgimento di tutti. Lo dice chiaramente Lembke. «Le scuole, i governi e le aziende che producono e traggono profitto dalle droghe digitali devono unirsi per tutelare soprattutto gli individui più giovani. Abbiamo bisogno di incentivi e disincentivi per stabilire un rapporto più sano con la tecnologia. Ecco perché consiglio di digiunare dalla nostra droga preferita, ossia il consumo da social, per almeno quattro settimane di fila. È il tempo medio necessario per ripristinare i percorsi di ricompensa. Impariamo a vincolarci, ad astenerci, a limitarci, incentivando barriere letterali e metacognitive tra noi stessi e i consumi social». Facile a dirsi, più difficile a farsi. Eppure qualcosa sta cambiando. In alcuni Paesi del mondo il diritto alla disconnessione è regolato da leggi federali o policy aziendali. Quel fenomeno partito dal movimento zero e-mail friday, ossia la limitazione della posta elettronica al venerdì, ha generato adepti tra le aziende Fortune 500. Sconnettersi per ritrovare consapevolezza. Lo ha scritto anche Yuval Noah Harari nelle sue Lezioni del XXI Secolo: in un mondo alluvionato da informazioni, la lucidità è potere.
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