Un ragionamento sull’amicizia: rapporto tra diversi e non tra affini
Se provassimo a diventare “philoi” anche di chi non ci assomiglia, forse potremmo salvarci dall'“Io narcisista” e dal “Noi sovranista”. Il tema è la riflessione dell’ultimo libro di Pietro Del Soldà “Sulle ali degli amici. Una filosofia dell’incontro” (Marsilio)
di Giorgio Ieranò
3' di lettura
Quando il contagio del Coronavirus pareva riguardare soltanto i cinesi, guardati da tutti con sospetto e timore, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella dichiarò la sua «solidarietà e amicizia al popolo cinese». Da Pechino il premier Xi Jinping rispose dichiarandosi commosso: «La vera amicizia si vede nel momento del bisogno». Da quando le misure drastiche sono arrivate anche da noi, ci si può domandare se e come la categoria dell'amicizia possa riguardare la nostra vita quotidiana ai tempi del Coronavirus. Il primo impulso emotivo, davanti al contagio, è quello della discriminazione, del sospetto, della caccia agli untori, che sono sempre gli altri. Ma poi viene il momento in cui ciascuno è chiamato a essere responsabile anche per gli altri e a far sì che i suoi comportamenti non danneggino la salute altrui. Si diradano i contatti e i rapporti sociali, ma si è, al tempo stesso, chiamati a instaurare una relazione di mutuo soccorso e solidarietà reciproca. Quello che gli antichi greci avrebbero chiamato philia: parola complessa, dai significati multipli, ma che in generale indica una relazione liberamente scelta. Indipendente, per esempio, dai vincoli di parentela e da logiche puramente familistiche.
Certo, si può essere philoi, “amici”, anche dei propri parenti. Ma lo si è sempre per scelta propria, per libera elezione. Basti pensare ai due amici per eccellenza della mitologia greca: Oreste e Pilade, uniti sempre, nella buona e nella cattiva sorte. Oreste non è certo “amico” di sua madre che, com'è noto, egli uccide con le sue stesse mani. Tutta la sua famiglia, la stirpe maledetta degli Atridi, è segnata da una storia di inimicizie tra parenti che attraversa le generazioni. Ma, nel rapporto con Pilade, il giovane Oreste trova la sua vera famiglia. «Siamo parenti: ma non per sangue, per amicizia», dice Oreste della sua relazione con Pilade in una tragedia di Euripide.
Il tema dell'amicizia era centrale nella riflessione filosofica degli antichi. Ne parlano Platone nel Liside, Aristotele nell'Etica Nicomachea, Cicerone nel Lelio. Ed è dagli antichi che conviene ripartire per recuperare il senso vero della philia e per comprendere le mille sfumature dell'amicizia, un po' sbiadite nell'abuso che facciamo del termine quando, per esempio, definiamo “amici” i semisconosciuti che ci seguono su Facebook.
Dagli antichi riparte anche Pietro Del Soldà in un libro appena pubblicato dall'editore Marsilio: Sulle ali degli amici. Una filosofia dell'incontro. Del Soldà, conduttore del programma Rai Tutta la città ne parla, si è formato sui classici della filosofia. E ci porta alle radici dell'idea di amicizia, per esempio attraverso le parole di Socrate nel Liside: «Qualcuno desidera avere dei cavalli, un altro dei cani, uno dell'oro, un altro onori. Io invece non smanio per queste cose, mentre desidero ardentemente avere degli amici. Credo proprio che preferirei di gran lunga avere un amico piuttosto che l'oro di Dario, a tal punto amo l'amicizia». Ma, si chiede Socrate, si sceglie come amico chi ci è simile oppure chi è diverso da noi e può donarci qualcosa che non abbiamo? «L'amico è il simile», dicono alcuni. Ma Socrate obietta: «Coloro che sono simili come possono amarsi reciprocamente se non ricevono alcun vantaggio l'uno dall'altro?». Spesso l'amicizia è intesa come un recinto protettivo, una conferma della nostra identità dentro uno spazio chiuso. Anche la philia antica era a volte sentimento esclusivo, spirito di consorteria che si opponeva alla comunità della polis.
I filosofi però tendono a proiettare l'idea di philia in una dimensione comunitaria. Scrive Del Soldà: «Per noi oggi l'amicizia è una questione privata. Per i greci dell'età classica, invece, l'amicizia metteva in gioco le persone e consentiva loro di vivere come “animali politici”». L'idea della philia come rapporto non tra affini ma tra diversi, sostiene Del Soldà, ci salva sia dall'“Io narcisista” sia dal “Noi sovranista”. Valuti il lettore se è un'idea che può ancora servirci.
(Pietro Del Soldà, Sulle ali degli amici. Una filosofia dell’incontro, Marsilio 2020, 152 pagine, 16 euro)
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