a stoccolma

Un ricercatore italiano vince l’Eam per lo studio sui nuovi materiali

di Giampaolo Colletti

5' di lettura

Professione ricercatore. Segni particolari vincente. Ma la storia di Liberato Manna - 46enne direttore di Nanochimica all'Istituto Italiano di Tecnologia, ventiquattresimo tra i primi 100 chimici al mondo, autore di oltre 300 pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali citate più di 20mila volte - si coniuga necessariamente con una prima persona plurale. Perché come tutte le storie di successo nel campo della ricerca è la squadra a fare la differenza. Una squadra che punta all'eccellenza.

Proprio in queste ore Liberato Manna si è aggiudicato a Stoccolma l'EAM Award, il prestigioso riconoscimento dell'International Association of Advanced Materials (IAAM) assegnato da una giuria internazionale per lo studio dei nuovi materiali. Un premio alla sperimentazione, alla preparazione, alla passione che attraversa una vita intera. «Abbiamo sviluppato materiali che possono essere pensati come alternative ai metalli nobili come oro e argento in applicazioni biomediche e che trovano anche utilizzo nelle “finestre intelligenti”, quelle che permettono di filtrare in maniera regolabile e selettiva alcune porzioni dello spettro solare. Abbiamo anche lanciato varie attività di ricerca per la fabbricazione di nuovi catalizzatori per la produzione e la purificazione di gas idrogeno e per la sintesi di carburanti a partire dal metano. E poi con i graphene labs stiamo lavorando a nuovi materiali per batterie intelligenti».

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Ma si schernisce Liberato Manna. «Il premio è stato presentato dalla stampa quasi fosse un Nobel europeo dei materiali. Nulla di più sbagliato. E tra l'altro non sono stato l'unico ad essere stato premiato. Esistono in Italia e in Europa tantissimi ricercatori dei materiali molto più bravi e capaci di me, per non parlare del panorama a livello mondiale. Tuttavia è un riconoscimento a fare ancora meglio, e per questo ringrazio soprattutto i miei collaboratori che hanno lavorato sodo insieme a me».

Quello per la ricerca è un amore nato sui banchi del liceo e che di fatto gli ha svoltato la vita. «Da piccolo cambiavo idea ogni due giorni su quello che volevo fare nel mio futuro. Poi un bel giorno a scuola il papà di un mio compagno di classe, un ricercatore, mi ha fatto visitare il laboratorio in cui lavorava. Ed è stato amore a prima vista».

Da Stoccolma a Genova, nel cuore pulsante dell'Istituto Italiano di Tecnologia. Qui opera una comunità di quasi millecinquecento scienziati e ricercatori provenienti da ogni angolo del mondo, diretti dal fisico Roberto Cingolani. Si tratta di molte eccellenze provenienti dall'estero e con un età media di 33 anni. Melting pot nel campo delle nanotecnologie e della robotica: oggi a Genova sono rappresentati 56 differenti nazionalità. E da qualche ora questo gioiello italiano nel campo della ricerca annovera anche il ricercatore più influente in Europa sugli smart materials, ossia i materiali intelligenti.

Quando parliamo di nuovi materiali a cosa facciamo riferimento?
«I materiali innovativi si trovano nei settori più disparati. Sicuramente vedremo dei grossi progressi nel settore automobilistico con nuove batterie capaci di garantire autonomie molto superiori a quelle attuali e a prezzi più contenuti. Ma vedremo anche grossi passi avanti nei materiali ad impatto ambientale sempre più basso, nel packaging e nell'industria alimentare. Sono molteplici gli ambiti e hanno a che fare con le tante sfere della nostra vita quotidiana: dal fotovoltaico all'optoelettronica, dalla medicina al settore energetico in senso più vasto».

La chiave per vincere le sfide globali nella ricerca?
«Guardi, quello dei nuovi materiali è un settore in cui la competizione è feroce, per cui bisogna fare squadra e massa critica per sperare di poter competere a livello globale».

Come cambierà la vita di tutti i giorni con la diffusione pervasiva di questi materiali?
«Possiamo solo lontanamente immaginare l'impatto che questi materiali potranno avere nella nostra vita quotidiana, anche perché in molti casi i vantaggi che presentano rispetto a dei materiali più tradizionali sono controbilanciati da aspetti negativi, quali ad esempio una maggiore tossicità, un maggiore costo di fabbricazione o un processo di sintesi e di purificazione che necessita di notevoli miglioramenti».

Quindi tutto ciò cosa comporta per il futuro?
«Si procede per percorsi graduali e per contaminazioni. Le faccio un esempio: è difficile pensare ad un futuro prossimo in cui le celle solari a perovskiti rimpiazzeranno quelle a silicio. Ma è possibile pensare a delle soluzioni ibride, in cui le perovskiti si integrino con il silicio, aumentando le prestazioni delle attuali celle a silicio. Nel settore della applicazioni biomedicali, per esempio, esiste una miriade di proposte di particelle “intelligenti” che cureranno i tumori. Tutte queste proposte si dovranno confrontare con le enormi problematiche che emergono quando queste particelle si trovano ad operare in un organismo vivente».

Come è composta la sua squadra?
«Quella più stretta è di una quindicina di persone, una parte consistente è stata assunta su progetti di ricerca. C'è sempre poi qualche ricercatore ospite da noi all'Istituto, proveniente da laboratori esteri».

Se dovesse raccontare il tipo di team in cui siete immersi all'IIT come lo descriverebbe?
«L'istituto è un ambiente unico, con una ricchezza di risorse ed una snellezza nella gestione che sarebbe bello poter replicare in tanti altri posti in Italia. Io ho avuto la fortuna unica non solo di poter lavorare in questo ambiente, ma anche di poterne influenzare lo sviluppo e le direzioni di ricerca negli anni. Oggi si è creato un tale ecosistema per cui è possibile completare progetti di ricerca in tempi e con risultati che sarebbero impensabili altrove. Tanti altri al mio posto avrebbero fatto ugualmente bene e anche meglio, questo lo tengo sempre a mente».

Quanto contano oggi le collaborazioni?
«Sono fondamentali, rappresentano la base della ricerca moderna. Personalmente collaboro con altri gruppi sia nel mio dipartimento che in altri dipartimenti a Genova e in altri centri di ricerca e università. All'Istituto abbiamo anche laboratori trasversali: garantiscono servizi di analisi, fabbricazione, prototipazione per tutti i gruppi di ricerca. Si tratta di fatto di una ottimizzazione delle risorse: le macchine più complesse e costose sono centralizzate e gestite con efficienza».

Quale scenario mondiale si presenta attualmente sui materiali innovativi?
«Con l'enorme disponibilità di gas metano, grazie ai processi di fratturazione idraulica, dovremo imparare a utilizzare sempre meglio questa risorsa energetica per produrre composti chimici e carburanti, per cui avremo nuovi materiali che permetteranno di effettuare questi processi di sintesi in maniera economicamente sostenibile. Lo stesso discorso vale per il biossido di carbonio. Dovremo sviluppare materiali e processi in grado di utilizzare al meglio questo composto, per trasformarlo da un materiale di scarto e dannoso per l'ambiente in una risorsa».

Quali sono i Paesi più innovativi su questo fronte?
«L'innovazione maggiore al solito si concentra negli Stati Uniti e in Asia: Giappone, Corea del Sud, Cina. Poi ci sono alcune eccellenze legate a determinati Paesi europei».

Quali sono a suo avviso le doti più apprezzate oggi da un ricercatore?
«Un ricercatore deve essere innanzitutto una persona curiosa, in grado di stupirsi. Deve avere passione per quello che fa. Ma deve essere anche perseverante. I risultati scientifici si ottengono solo attraverso il lavoro duro e meticoloso. Deve dover avere la freschezza mentale di aprirsi a nuove linee di ricerca durante tutta la sua carriera, il che vuol dire che non smetterà mai di studiare. Ma deve anche essere un bravo comunicatore, in grado di trasferire le conoscenze agli scienziati più giovani, ai suoi colleghi e al pubblico più vasto, inclusi i bambini e i ragazzi. La nostra missione è innanzitutto quella di contribuire al progresso delle conoscenze con umiltà e passione».

E qual è il futuro sul quale scommette?
«È quello legato alle applicazioni dei materiali nei dispositivi optoelettronici. Perché la partita vera e propria dei materiali innovativi passa attraverso il miglioramento della qualità di vita delle persone».

Riproduzione riservata ©

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