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«Un sapere liquido che aiuti a realizzare al meglio i nostri sogni»

Lee Newman. Dalla Torre Nera della sua IE Business School a Madrid, indicata tra le migliori scuole di management europee, il più visionario dei rettori osserva il futuro dell’educazione

di Enrico Marro

5' di lettura

L’IE Tower è un coltello nero, possente come il sapere e affilato come la volontà, conficcato nel cielo grigioazzurro di Madrid. Siamo vicino al Paseo de La Castellana, nel distretto finanziario della capitale spagnola costruito nell’ex Ciudad Deportiva dove un tempo si allenava il Real. Una skyline ipermoderna dominata dalle Cuatro Torre s, i grattacieli più alti di Spagna, pieni di uffici e alberghi. E in mezzo la quinta torre, quella nera della IE University. Che con i suoi 180 metri d’altezza rappresenta il primo “campus verticale” d’Europa, il terzo più alto edificio educational al mondo. Inaugurato il 19 ottobre 2021 dal Re di Spagna, ospita 6mila studenti in classi modulari e grandi spazi multiruolo, grazie ai suoi 50mila metri quadrati suddivisi su 35 piani.

È al 23esimo piano del grattacielo, tra gli ululati del vento spagnolo, che incontriamo il dean della Business School della IE University. Già manager di McKinsey a Chicago e fondatore di due start up hi-tech a New York, Lee Newman ha nel suo sorprendente curriculum un Mba al Mit Sloan e un Phd in Computer Science e Psicologia.

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Approdato nel 2009 alla IE University, dal 2021 guida il gioiello europeo delle business school, la prima al mondo per l’Mba online secondo il ranking QS, la terza al mondo per il «Financial Times».

Quello che un tempo era chiamata Instituto de Empresa rappresenta una delle storie di education più belle d’Europa. Fondata nel 1973 dall’allora 23enne Diego del Alcázar Silvela assieme ad alcuni imprenditori, si proponeva di aprire al mondo la Spagna dell’epoca buia del franchismo attraverso un’educazione superiore di altissimo livello. Grazie a un’attenzione particolare nel cogliere le esigenze del mercato, l’Instituto de Empresa (oggi IE Business School) ha messo a segno una crescita impressionante, anche nei ranking internazionali, parallela a quella del milagro spagnolo post franchista.

Ovvio che un’istituzione del sapere così ambiziosa sia finita nelle mani di uno dei dean più visionari del mondo: Lee Newman, appunto. Diventato parte integrante di un team di alto livello, visto che da qualche mese è approdato a Madrid dalla California anche Ikhlaq Sidhu, già faculty director dell’University of California Berkeley’s Sutardja Center for Entrepreneurship and Technology: Sidhu è famoso per aver creato un modello di ecosistema dell’innovazione che ha fatto la fortuna della Silicon Valley.

Appollaiato su una poltrona multicolore in una delle grandi aree relax del grattacielo nero, tra aule hi-tech e generosi angoli caffè, Lee Newman ha le idee molto chiare sul futuro dell’education nell’era dell’intelligenza artificiale. Ai cambiamenti strutturali del mondo del lavoro deve corrispondere un mutamento di pelle del sistema universitario. «A essere ripensata – spiega con il suo accento Midwest – è la stessa fonte di valore dell’educazione. Un tempo l’università era il regno dei contenuti, ma oggi va completamente rifondata perché i contenuti ormai si trovano caoticamente dappertutto, soprattutto online».

Il docente del terzo millennio deve quindi diventare qualcosa di diverso. Non più custode unico del sapere ma piuttosto mentore individuale, “curatore” come si direbbe in ambito museale e come ama ripetere Newman. Un profilo in grado di aiutare ogni singolo studente a trovare la propria dimensione e soprattutto a “metterla a terra” sia in azienda sia – soprattutto, perché sarà sempre più importante – come imprenditore.

«Dobbiamo creare un percorso di mentorship dei nostri studenti, perché fargli scoprire se stessi è la precondizione necessaria per sviluppare la loro carriera – sottolinea Newman pesando bene le parole. Solo dopo possiamo lavorare sulle skills del singolo individuo, sviluppandole anche in base alle richieste di un mercato del lavoro in continua evoluzione».

Il nuovo percorso immaginato da Lee Newman e dal suo team si chiama “Next Best You”, il prossimo tu migliore. «La nostra missione come business school è innanzitutto quella di aiutare gli studenti a capire qual è la loro attuale versione di loro stessi: quindi le aspirazioni, i punti di forza e le potenziali aree di crescita. Poi possiamo aiutarli a definire la loro next best version e a imboccare la strada per farla diventare realtà. Vogliamo catalizzare questa trasformazione: porre ciascuno studente sul suo giusto percorso di carriera, dotarlo delle skills necessarie per generare un impatto positivo nel mondo del lavoro e nella società. Trasformarlo, insomma, in un professionista o in un imprenditore motivato da uno scopo nella sua vita».

Next Best You è molto strutturato («forse per via dei miei trascorsi in McKinsey», sorride l’“Americano a Madrid”). Nel suo mandato di ripensare dalle fondamenta la business school, Newman ha individuato tre pilastri: la tua carriera, il tuo impatto e il tuo scopo.

Iniziamo dalla carriera. Il team di Lee ha identificato alcuni profili di base, molto ampi e ibridi: Marketing & Communication, Strategy & Business Transformation, Business Technology & Analytics, Finance & Investments, Entrepreneurship & Corporate Innovation. Su questi macroprofili vengono costruiti i singoli percorsi di carriera, creati a livello individuale in questo innovativo percorso di mentorship.

«Sul fronte dell’inserimento lavorativo i nostri sforzi si concentrano nel dialogo continuo con le imprese e nell’analisi dei big data. Lo scopo è cogliere le future evoluzioni dei principali percorsi professionali e le specifiche skills richieste da ciascun profilo. Una volta che i nostri studenti hanno scelto un tipo di carriera, insomma, ci assicuriamo che acquisiscano esattamente le abilità necessarie per avere successo dopo la laurea. Anche se la trasformazione nel Best Next you non è solo legata alla carriera professionale», sorride Lee, dall’alto della sua passionaccia per le scienze comportamentali.

E qui arriviamo al secondo pilastro, “Your Impact”, che si articola attorno alle Impact Skills indispensabili quando si lavora sotto pressione (per diversi motivi: scarsità di tempo, team poco coeso, enormi problemi da risolvere). «Abbiamo creato nuove metodologie didattiche per sviluppare negli studenti soft skills profonde e collaudate – sottolinea Lee – quelle che permetteranno loro di affrontare i momenti più difficili con tecniche di problem solving, critical thinking e analisi delle dinamiche di gruppo».

Il terzo pilastro del credo di Lee è lo scopo, ovvero quell’inesauribile motore «che ci aiuta a capire chi siamo e come possiamo usare le nostre business skills per contribuire a un cambiamento positivo per il pianeta, la società e il benessere di chi lavora con noi». Gli studenti possono scegliere tra business projects che li aiutano a crescere sia sotto il profilo professionale che personale, spaziando per esempio dalla microfinanza in Ghana alla consulenza sociale in Colombia. La IE University ha anche creato un Center for Social Innovation and Sustainability e un modulo didattico chiamato Business with Purpose.

Il giovane ateneo spagnolo, poi, teorizza il concetto di liquid learning: ovvero una didattica in grado di orientare gli studenti in un mondo in costante cambiamento (“liquido”, appunto), guidandoli durante e dopo gli studi con estrema flessibilità e su formati differenti. Quindi con “classi” che possono essere in presenza oppure online, sincrone o asincrone, a Madrid oppure ovunque nel mondo grazie ai progetti internazionali. «Di fatto la formula del liquid learning rappresenta la massimizzazione dei modi con cui uno studente può apprendere contenuti e intraprendere percorsi di mentorship», spiega Newman.

Non va infine dimenticato che la IE University mette al centro della didattica lo sviluppo di una sana cultura imprenditoriale, da sempre nel suo Dna. Il tutto perfettamente in linea con il credo dei fondatori e di mister Newman: l’istruzione oggi è diventata viaggio, conversazione, e si estende ben al di là dell’ambito professionale. Abbraccia una maieutica a tutto tondo, in grado di forgiare i future leaders anche sul piano valoriale e sociale.

«Le cose in cui credi diventano i tuoi pensieri, i pensieri si trasformano in parole, le parole in azioni, le azioni in abitudini e quindi in valori: e alla fine della catena, i valori diventano il tuo destino». Parole di Gandhi ma anche preghiera laica di Lee Newman, l’Americano a Madrid arroccato nella futuristica torre nera del sapere.

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