Una business story che affonda le radici in un pezzo di Veneto
A Tombolo il suo luogo dell’anima, tra affetti veri in un contesto di valori essenziali
di Sara Doris
3' di lettura
«È stato il grande innovatore del settore bancario italiano. Con visione di lungo periodo e generosità ha costruito da zero il suo successo, ma il successo non ha nutrito il suo ego bensì la sua voglia di fare» scrive l’editore Piemme nel risvolto di copertina del volume Ennio, mio padre. Se è facilmente intuibile che il protagonista del racconto sia Ennio Doris, il fondatore di Banca Mediolanum scomparso due anni orsono, perché è stato e rimane una personalità di spicco nel panorama imprenditoriale italiano, non lo è altrettanto invece che a scriverlo sia stata io, seconda di due amatissimi figli. Ed è stata una bellissima sorpresa anche per me: mettere in ordine i miei ricordi e raccogliere quelli di molte altre persone che lo hanno conosciuto, mi ha permesso di arricchire e ampliare enormemente la memoria di mio padre con storie e dettagli di cui non avevo contezza.
L’idea di raccontare la sua storia e quindi la nostra storia, arriva dall’incredulità delle persone, prevalentemente medici e paramedici, che hanno conosciuto mio padre nell’ultima fase della sua vita, quella afflitta dalla malattia e dunque più sofferente e difficoltosa. Queste persone, pur sapendolo un uomo di successo e di potere, non facevano altro che sottolineare la sua rara gentilezza e un reale interesse ai bisogni dell’altro, caratteristiche evidentemente non scontate. È «all’infermiera gentile del terzo turno», che, come scrivo nel libro, ho voluto dare risposta, e a quelle persone che del loro paziente dicevano «mai una volta a lamentarsi, mai a perdere per un attimo la pazienza e sì che ne avrebbe ben donde. A volte è lui a informarsi di noi, a chiedere dei nostri problemi».
Oggi quell’infermiera, e con lei tutti coloro che lo hanno visto in tv in qualche intervista o in qualcuna delle sue pubblicità, o che hanno assistito a un suo convegno o entrano adesso in contatto con la nostra Banca da clienti o da nuovi collaboratori, e si sono chiesti o si chiederanno chi è stato veramente Doris, attraverso questo mio libro potranno sapere che è nato in una casa senz’acqua corrente, dove quella tenuta nelle bacinelle diventava una lastra di ghiaccio in certe mattine invernali. Che pur essendo diventato un uomo ricco e di successo non ha mai
perso di vista l’enorme differenza che c’è tra il necessario e il superfluo perché prima di avere le sue belle, comode scarpe fatte su misura,
ha camminato felicemente a piedi nudi per un bel po’. È cresciuto
a volte nei vestiti adattati, ereditati, di seconda mano, e non per questo si è sentito meno rispettabile di altri.
Il mio è il racconto della vita dell’uomo, delle sue origini, del suo territorio oltre che della nostra storia famigliare e imprenditoriale. Un racconto messo a punto dalla prospettiva, privilegiata e al contempo inedita che ho avuto: quella di figlia che anche da adulta si è guardata bene dal perdere l’abitudine di sedersi affettuosamente sulle gambe di suo padre. Affinché nulla di quel legame intenso, tipico della fanciullezza, andasse disperso crescendo. E di questa prospettiva sono intrise tutte le pagine del mio memoir, affinché fosse chiara da dove è partita e in che tipo di terreno fertile affonda le radici la nostra business story. Un terreno che era fatto di affetti veri, di gioia anche per il poco che si aveva e di desiderio, anche per quel poco, di condividerlo con gli altri. Perché quello in cui è nato e cresciuto mio padre, era un contesto di famiglia che trovava fondamenta in quello spirito di comunità tipico di un territorio, quello di Tombolo. Di quel pezzetto di Veneto che, non avendo campi da coltivare o animali da allevare, sbarcava il lunario ai mercati, mediando le vendite di bestiame. Oggi quel territorio, molto cambiato nel corso dei decenni sia dal punto di vista urbano sia socioeconomico, non lo è affatto nella sostanza. Non lo è per l’aria di famigliarità e di tradizione che vi si respira. Per l’accudimento di quella scala di valori essenziali e non per questo meno preziosi, che spingevano Ennio Doris a riconoscervisi e a desiderare ad ogni buona occasione di tornare a “casa”. Nel suo luogo dell’anima in cui concedersi quella classica partita a briscola o quel piatto di pasta e fagioli. E di fatti è proprio in quel luogo del cuore che ho voluto presentare per la prima volta al pubblico il libro. Prima della presentazione ufficiale del 7 novembre alla Rizzoli in Galleria a Milano. Stretta nell’abbraccio delle persone a me care e nelle mura della casa di famiglia, Ennio, mio padre prende il via da dove per mio padre, per la mia famiglia e per la nostra azienda tutto ha avuto inizio.
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