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Mutui, ecco la guida per scegliere la formula «perfetta»

Oltre la metà degli italiani che acquistano una casa lo fa ricorrendo al mutuo. Molto spesso, però, si commette l’errore di cercare casa senza conoscere quale è la propria capacità di “mutuo-acquisto”, ovvero quale è l’importo massimo che una banca sarebbe disposta a prestarci

di Vito Lops

Mutui casa: ai minimi storici tassi fissi e variabili

7' di lettura

Per la maggior parte degli italiani il mutuo, considerando la dimensione (l’importo medio erogato è superiore ai 120mila euro) e durata (in media tra i 20 e i 25 anni), è il contratto finanziario più importante della vita. Per questa ragione è decisiva, prima di apporre la propria firma, un’attenta analisi preliminare del prodotto e di quello che offre il mercato.

Effetto moltiplicatore
Approcciarsi al prestito ipotecario con scarse conoscenze finanziarie (su come si muovono i tassi e l’inflazione) e di prodotto (le insidie che possono essere nascoste nei vari costi accessori) può costare davvero caro. Essendo un contratto a leva finanziaria (debito) e per di più di lungo periodo, ogni errore subisce un effetto moltiplicatore. Vale fortunatamente anche il contrario. Informarsi in anticipo sulle opzioni in campo e sui problemi potenziali da evitare può abbattere sensibilmente il costo dell’operazione. Informarsi vuol dire anche conoscere l’universo fiscale che ruota intorno al mutuo e all’acquisto in generale della casa (vedi tabella in calce).

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Inoltre, per evitare di stipulare il “mutuo pigro” (che può arrivare a costare tra interessi e costi aggiuntivi oltre 50mila euro in più rispetto al “mutuo perfetto”, quello tagliato su misura sul proprio profilo e ottimizzato sul fronte degli oneri) bisognerebbe compiere un doppio salto informativo. Il primo consiste nel comprendere come sono formati i tassi di un mutuo (sia il variabile che il fisso) e quali sono i fattori che nel tempo possono modificarli. Il secondo passo riguarda aspetti più contrattuali, quindi concentrarsi sugli oneri accessori del mutuo e le assicurazioni obbligatorie. Acquisire una forte consapevolezza in questi due campi può portare a colmare il gap di conoscenze iniziale con chi ci propone un finanziamento e direzionarlo verso il mutuo migliore possibile.

Il dilemma dei tassi
L'amletico dubbio da sciogliere riguarda se affidarsi al tasso variabile (e quindi essere consapevoli che la rata di mese in mese può scendere o salire) o al tasso fisso (congelando quindi per tutto il piano di ammortamento il livello di interesse concordato con la banca il giorno della stipula dal notaio). Prima di scegliere è bene sapere che il tasso del mutuo è composto da due gambe: la prima è lo “spread” scelto dalla banca. È un margine che l’istituto di credito applica per coprire i costi dell’operazione e per ritagliarsi un profitto. La seconda gamba non dipende dalle scelte della banca ma è funzione dell’andamento del costo del denaro e dell’inflazione e di conseguenza dei tassi che “girano” sui mercati finanziari. Il mutuo variabile è agganciato agli indici Euribor (a 1 o 3 mesi) o al tasso di riferimento della Bce.

Si tratta di tassi che indicano quanto costa il denaro all’ingrosso (cioè quanto costa alle banche prenderlo a prestito da altre banche o dalla Bce) per brevi scadenze. Il mutuo a tasso fisso è agganciato all’indice Eurirs (che va da 1 a 50 anni) corrispondente alla durata del mutuo. Gli Eurirs stimano quanto costerà il denaro nel lungo periodo. Le quotazioni degli Euribor e degli Eurirs variano ogni giorno sui mercati, perché ogni giorno in base all’andamento dell’economia possono cambiare le aspettative su come evolverà il costo del denaro.

Mutui, tassi mai così bassi. 4 ragioni che lo spiegano

Tuttavia, mentre il mutuo a tasso variabile espone il mutuatario alle variazione degli Euribor, il mutuo a tasso fisso non lo espone alle variazioni degli Eurirs perché viene deciso tra le due parti di “fissare” l’indice Eurirs rilevato il giorno della stipula e di sommarlo allo spread della banca per arrivare al Tan (Tasso annuo nominale). Detto ciò in media tra Eurirs a 20/25 ani ed Euribor a 1/3 mesi c’è una differenza di 100-150 punti base (l’Eurirs è più caro). Ed è normale dato che il primo è proiettato sul lungo periodo mentre il secondo sul breve. Ed ecco perché, a parità di spread deciso dalla banca, i mutui a tasso fisso costano in partenza sempre di più rispetto al tasso variabile.

Conta solo il Taeg
Quanto agli oneri accessori, la questione è più semplice. Questi (spese di incasso rata, istruttoria e perizia, assicurazioni obbligatorie) devono essere inclusi nel Taeg (Tasso annuo effettivo globale). Quindi bisogna confrontare le varie offerte di mutuo (non limitandosi alla proposta della propria banca “amica”) ordinate per Taeg. Vince quello più basso, anche se trattasi di una banca poco conosciuta. Perché, non dimentichiamolo, in questo caso è il mutuatario a chiedere un prestito e non il contrario. Quindi la grandezza e la fama dell’istituto erogante dovrebbero risultare tecnicamente indifferenti all’operazione.

Un discorso a parte meritano poi le polizze assicurative. Bisogna distinguere due tipologie. A partire dalla polizza incendio e scoppio. Si tratta di una copertura obbligatoria, ma non è obbligatorio sottoscriverla con la banca erogante. Alcuni istituti offrono la copertura assicurativa gratuitamente, altri invece chiedono il pagamento di un premio che, poiché obbligatorio, viene ad essere incluso nel Taeg.

Ancora più spinose sono le polizze vita agganciate al mutuo, chiamate tecnicamente Cpi (Credit protection insurance). Assicurano il rimborso delle rate in caso di svariati eventi (perdita del posto di lavoro, infortunio o morte). Una buona polizza Cpi completa non dovrebbe costare più del 2-3% del valore del finanziamento, ma in passato molte banche si sono spinte oltre il 10%, assicurandosi lauti profitti. Ma anche in questo caso non è obbligatorio sottoscriverla con la banca erogante che è tenuta ad accettare la polizza che il cliente presenta.

Calcolare la rata sostenibile
Oltre la metà degli italiani che acquistano una casa lo fa ricorrendo al mutuo. Molto spesso, però, si commette l’errore di cercare casa senza conoscere quale è la propria capacità di “mutuo-acquisto”, ovvero quale è l’importo massimo che una banca sarebbe disposta a prestarci. Posto che lo sia. Con il rischio di imbarcarsi in proposte di acquisto (versando anche la caparra) e veder saltare via tutto perché poi l’istituto di credito, valutando il nostro rating, ovvero la nostra capacità di rimborso, decide di non concederci il finanziamento.

Il calcolo della propria capacità “mutuo-acquisto” è senza dubbio il primo passo da compiere prima di cercare un immobile, perché permette di capire quale è la fascia limite di prezzo dell’immobile che possiamo permetterci. Come si calcola il “potere mutuo-acquisto”? Bisogna partire dal reddito netto familiare (sommando quindi eventualmente anche quello del partner). A questo dato bisogna sottrarre poi l’importo di altri finanziamenti in corso e successivamente dividere il tutto per tre. Il risultato è l’importo massimo della rata che possiamo permetterci di pagare in base alla forza del nostro reddito.

Facciamo un esempio. Una coppia di 35enni che guadagna complessivamente 4mila euro netti al mese e ha già in corso un prestito di 400 euro al mese per il pagamento delle rate dell’auto ha quindi un netto a disposizione per il mutuo di 3.600 euro. Dividendo questo importo per 3 ne rimangono 1.200. Ciò vuol dire che le banche non concederanno mutui la cui rata superi 1.200 euro.

Mutui oltre l'80% troppo cari
La maggior parte delle banche concede mutui per importi non superiori all’80% del valore dell’immobile. Questo perché oltre tale soglia l’istituto deve stipulare un’assicurazione obbligatoria per coprire il finanziamento eccedente. Il costo di questa assicurazione viene però scaricato sul cliente. Difatti le poche banche che erogano mutui oltre l’80% (con possibilità 95%-100%) applicano spread molto più cari rispetto a quelli che le stesse applicano sui mutui entro l’80%. Talmente cari (di solito 200-300 punti base in più base) che vale davvero a quel punto la pena chiedersi se convenga imbarcarsi in un mutuo.

Fenomeno «surroga»
Dal 2007 in Italia è possibile surrogare il mutuo, cioè spostarlo in un’altra banca che offre condizioni migliori, gratuitamente. Non ci sono costi notarili (perché non viene modificato l’importo del mutuo e, quindi, i valori su cui si regge l’ipoteca non vanno modificati) ed eventuali altri oneri sono a carico della nuova banca. La vecchia banca non può fare ostruzionisimo: entro 30 giorni dall’avvio della pratica (da parte della nuova banca) è obbligata a fare il passaggio di consegne. Ci sono, insomma, tutte le condizioni perché il mercato delle surroghe in Italia sia agile, tale da consentire ai mutuatari di cogliere al volo le occasioni che l’andamento dei tassi via via propone.

Attraverso la surroga è possibile modificare il tasso e la durata, ma non l’importo del debito residuo. Aumentare l’importo dovrebbe richiedere nuovamente l’intervento del notaio per riparametrare la garanzia ipotecaria. In questi casi infatti non si parla di surroga ma di “sostituzione” del mutuo. Molto spesso si ragiona, quando si surroga, solo in termini di tasso. Ma questa operazione può essere anche una straordinaria occasione per ridurre anche la durata del contratto (e quindi il monte interessi da pagare). Così come può essere un’occasione per spostarsi da un contratto zeppo di oneri accessori (spese di incasso rata e via dicendo) verso un istituto più “low cost” che sostanzialmente proponga un Tan (Tasso annuo nominale, il tasso su cui si calcolano gli interessi) non molto distante dal Taeg (il parametro che come visto tiene conto oltre che degli interessi anche di tutti gli altri costi che la banca aggancia al mutuo).

Il mutuo è poco «precario»
Dimmi che contratto hai e ti dirò che mutuo avrai. Anzi, ti dirò se avrai il mutuo. I dati parlano chiaro: negli ultimi anni le banche sono state sempre più selettive nell’erogare prestiti ipotecari. In questa selezione a farne le spese sono stati i più deboli, quelli che al momento della richiesta del prestito (istruttoria per la banca) non possono esibire un contratto a tempo indeterminato.

Nella categoria under 30 - quella obiettivamente più esposta a lavori precari - la percentuale delle erogazioni difficilmente si spinge oltre il 10% del totale (fonte Facile.it e Mutui.it). Come mai? In prima battuta va detto che gli istituti di credito, scottati dalla crisi del 2011 e del mattone nel 2012-2013, hanno cambiato rotta introducendo anche in Italia la politica del princing differenziato (applicando spread più alti per chi domanda mutui più corposi rispetto al valore dell’immobile).

Spread più alti fanno aumentare il costo delle rate e quindi in molti casi portano all’automatica esclusione di chi ha redditi precari/più bassi. E di conseguenza, se prima le banche erano di manica più larga in funzione del rapporto rata/reddito erogando mutui anche quando questo rapporto era al 40%, oggi invece difficilmente superano il 30/33 per cento. Il reddito netto mensile deve essere almeno tre volte quello della rata. In molti casi i contratti precari under 30 non consentono di soddisfare questo requisito.

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