Una impresa strategica dalla ricostruzione alle frontiere dell’hi-tech
La ex Finmeccanica è determinante per inquadrare il posizionamento sotto il profilo sistemico del nostro Paese
di Paolo Bricco
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Il particolare per il tutto. Il tutto per il particolare. Leonardo è l’Italia. L’Italia è Leonardo. La storia italiana del Novecento non è un blocco monolitico. È densa di conflitti e di regolarità, di tragedie e di sogni, di dialogo con le punte più avanzate della modernità e di silenzi alimentati dai ripiegamenti verso gli antri più bui dell’antropologia nazionale, di rotture e di fiumi carsici che si inabissano per lungo tempo e che poi, alla fine, riemergono dal suolo. Questo vale nella politica e nella cultura, nell’economia e nella tecnologia.
La storia italiana del Novecento ha tre costanti: l’attitudine profonda alla metamorfosi, la pulsione all’innovazione, la vocazione segreta ed esplicita alla bellezza. La vicenda di lungo periodo di Leonardo – che nasce nel 1948 con il nome di Finmeccanica e che viene rinominata nel 2016 con un riferimento al codice del futuro impresso appunto da Leonardo da Vinci nella tecnologia e nell’arte, nella società e nella cultura del nostro Paese fin dal Rinascimento – rappresenta la combinazione di questi tre elementi. Per questa ragione la traiettoria di Leonardo ha una valenza strategica e un significato metaforico rispetto al canone italiano del Novecento.
Finmeccanica viene fondata nel Secondo dopoguerra all’interno del paradigma dell’economia pubblica. Serve per ricostruire il Paese che è in macerie. È uno dei perimetri societari e industriali – da subito ha una speciale doppia natura, insieme holding di altre imprese e impresa manifatturiera essa stessa – in cui custodire e fare crescere l’industria sviluppatasi nel nostro Paese fin dall’Ottocento.
L’identificazione del Paese con il gruppo industriale e del gruppo industriale con il Paese è una delle costanti dell’Italia delle fabbriche. Negli anni Sessanta la motorizzazione di massa e il sogno dell’Alfa Romeo. Negli anni Settanta la parabola del nucleare. Negli anni Ottanta l’elettronica, con la naturale centralità geopolitica delle tecnologie per la sicurezza e dell’aviazione civile e militare.
Nella prospettiva della lunga durata la strategicità di Leonardo negli equilibri nazionali assume un peso specifico insieme assoluto e relativo più consistente nel passaggio degli anni Novanta. Allora il Paese sperimenta la crisi istituzionale della fine della Prima repubblica, la scelta della cura del debito pubblico attraverso le dismissioni di una parte consistente dell’industria di matrice Iri, il ridimensionamento del sistema industriale nazionale con l’eliminazione delle parti più obsolescenti delle imprese statali e con la crisi definitiva della galassia del nord delle famiglie del capitalismo storico, attraverso le privatizzazioni, l’apertura dell’economia e della società italiane alle banche d’affari e alle società di consulenza angloamericane con i loro standard operativi, le loro reti di influenza, la loro propensione al business. In quel passaggio Finmeccanica viene risanata nelle sue componenti finanziarie e patrimoniali e viene quotata. Rimane saldamente in mano allo Stato. Ma assume un profilo, un governo societario e un posizionamento di mercato per cui diventa appetibile agli investitori istituzionali. Inoltre, si completa il suo novero di specializzazioni, con l’aggiunta degli elicotteri.
Con la caduta del muro di Berlino e con la pax aurea americana chiamata globalizzazione, la componente geopolitica sulla difesa e sull’elettronica conferma la sua cifra strategica sul piano internazionale. La tecnologia e la sicurezza sono elementi strutturali e persistenti del confronto internazionale fra blocchi di nazioni, che poco alla volta – anno dopo anno – assumono una crescente importanza, soprattutto quando alla competizione fra Est e Ovest – dopo la fine del socialismo reale – si sostituisce progressivamente quella fra Occidente ed Estremo Oriente, con la crescente egemonia nel Pacifico della Cina e con la sua scalata nelle gerarchie funzionali della nuova globalizzazione, originata dalla sua ammissione nella World Trade Organization.
L’Italia sta ora sperimentando una crescente marginalizzazione: non è più la cerniera fra Est e Ovest quando l’Ovest significava democrazia e l’Est comunismi, non ospita più il maggiore Partito comunista europeo, non è più la cerniera fra Nord e Sud del mondo posta nel cuore del Mediterraneo.
Nonostante questo, Leonardo è parte integrante della manifattura internazionale a forte caratura geopolitica. E, dunque, contribuisce sotto il profilo sistemico alla natura del Paese e al suo posizionamento. Se l’Italia rimane agganciata ai vagoni di testa delle democrazie occidentali è grazie – anche – ai suoi ultimi grandi gruppi industriali. Leonardo si trova sulla prossimità delle frontiere tecnologiche. E, dunque, anche l’Italia lo è. In un contesto internazionale contraddistinto da mutamenti significativi, l’Italia ha vissuto negli ultimi trent’anni la grande crisi dell’automobile, dell’informatica, della chimica. Una crisi dalla forza disarticolatrice.
Questa impresa – questo gruppo industriale, questa comunità – rappresenta un fortissimo fattore di stabilizzazione. Le sue fabbriche, i suoi laboratori e i suoi centri di ricerca – attivi in una pluralità di settori, prossimi alle frontiere tecnologiche del tempo – diventano gangli vitali ancora più essenziali per la fisiologia economica e manifatturiera, scientifica e culturale del nostro Paese. In una economia contraddistinta dalla prevalenza quantitativa delle piccole e delle medie imprese e dalla retorica culturale che ne valorizza vantaggi e virtù, la grande impresa italiana è stata smontata.
Questo non è accaduto con Finmeccanica. Fra gli anni Novanta e gli anni Duemila, Finmeccanica-Leonardo si concentra, nel trinomio italiano metamorfosi-innovazione-bellezza, sul secondo elemento: l’innovazione. Ora – oggi e nei prossimi decenni – il gruppo industriale italiano rimane proiettato nel futuro con il suo nocciolo duro dell’intelligenza artificiale, dei supercalcolatori e della manifattura a tre dimensioni. In coerenza con la razionalità ben temperata enunciata dal filosofo e matematico Ludovico Geymonat sul secondo numero del 1954 di «Civiltà delle macchine», la rivista aziendale della allora Finmeccanica diretta da Leonardo Sinisgalli: «Nulla vieta che le tecniche razionali possano venire corrette, perfezionate, sostituite; la loro razionalità non significa assolutezza. Ogni assolutezza, anzi, equivarrebbe a negazione della razionalità, perché significherebbe appello a qualcosa di superiore a noi, di trascendente, di non umano. L’importante è che quelle “tecniche” siano sempre uno strumento dell’uomo: “Qualcosa che egli domina, non qualcosa da cui è dominato”». Perché questa è l’industria: tecnologia e fabbrica, innovazione e cultura, presente e futuro.
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