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«Una legge sugli appalti che fa crescere il rischio di infiltrazioni mafiose»

Il presidente della commissione regionale Antimafia della Sicilia: «Un sistema delle procedure di gara inquietante perché la semplificazione coincide con il superamento dei controlli».

di Nino Amadore

 Antonello Cracolici (Pd) guida la commissione regionale Antimafia

3' di lettura

«il più grave pericolo per questa terra è l’esercito degli indifferenti». A parlare è Antonello Cracolici, deputato regionale siciliano alla quinta legislatura consecutiva (dal Pci all’oggi Partito democratico) e in questa legislatura presidente della commissione regionale Antimafia.

Con la commissione siete stati in diverse città della Sicilia: dalle audizioni che avete fatto emerge una presenza ancora forte della mafia?
È forte, è presente ed è come la gramigna che si riproduce spesso attraverso i boss scarcerati. Ma c’è un elemento generazionale con un percorso quasi ereditario, da padre in figlio.

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Cosa c’è che oggi che li rende un po’ più fragili?
Non riescono a ricostituirsi in quanto organizzazione governata in maniera unitaria: ci sono semplicemente cointeressenze tra famiglie che hanno traffici in comune e in particolare la droga la cui quantità in circolazione è aumentata . La Sicilia ha rapporti internazionali sempre più forti ma col paradosso che la mafia è una specie di intermediario tra la fase di acquisizione della droga e la fase di distribuzione. Ormai vi sono gruppi mafiosi in franchising.

Con la commissione siete stati a Castelvetrano, il paese di Matteo Messina Denaro. Che idea vi siete fatti?
Diciamo è evidente che la mafia continua a godere di un consenso di natura culturale di una società, fortunatamente meno tra i giovani, che in qualche modo è abituata a convivere con la presenza mafiosa e che al limite si indigna quando la mafia alza la testa, quando fa dei delitti eccellenti ma che torna nell’oblio quando si placa l’allarme sociale.

Si è parlato tanto di borghesia mafiosa, siamo strutturati a perseguirla?
Io credo di no, nel senso che il famoso concorso esterno che costituiva in qualche modo la tipizzazione di una fattispecie del reato penale ha elementi di complessità giuridica: è uno strumento che il più delle volte non è dimostrabile proprio perché è abbastanza etereo, cioè difficilmente trovi la borghesia mafiosa con la pistola fumante e quindi tutto è spesso in ragione deduttiva, indiziaria. Dal punto di vista giuridico c’è molto ancora da fare. Tanto più oggi che ci misuriamo con sfide incredibili: il sistema criminale si evolve e il sistema investigativo arranca.

Parliamo della permeabilità istituzioni regionali
Fino a quando c’è l’interesse a fare affari i boss cercheranno in tutti i modi di acquisire questi affari attraverso tutti gli strumenti. Io sono preoccupato perché il problema non è la permeabilità individuale che è un dato ma la permeabilità del sistema. Considero la legge sugli appalti criminogena con i rischi in un senso o in un altro per chi poi è chiamato ad assumere decisioni.

Ma aumenta anche l’interesse delle cosche essere presenti nei consigli comunali?
Ormai buona parte della gestione avviene attraverso atti gestionali più che organi democratici e rappresentativi. Negli ultimi tempi abbiamo assistito persino a fenomeni di capovolgimento della storia: proprio a Palermo sono stati alcuni candidati al consiglio comunale o alla Regione a cercare i mafiosi per farsi sostenere.

Recentemente ha parlato anche della legge sullo scioglimento degli enti locali. Va cambiata?
Continuo a pensare che quella legge ha un buco sostanziale: si sciolgono gli organi ma rimane intatta la struttura amministrativa.

Parliamo di Pnrr, quanto è fondato il timore di infiltrazioni?
Abbiamo un sistema delle procedure di gara che mi inquieta perché in nome sempre della semplificazione o della accelerazione, che è un tema giusto, il più delle volte coincide con il tema del superamento dei controlli.

L’arresto della preside della scuola Giovanni Falcone allo Zen a Palermo è stato un altro colpo mortale all’antimafia.
Si tratta di episodi gravi che non possono far venire meno le ragioni del nostro impegno. Nei giorni scorsi è stata arrestata una giudice a Latina per la gestione degli incarichi in beni sequestrati. Io su questi temi sono molto rigoroso. L’antimafia deve essere un sentire comune. Siamo in una fase di rinculo: la mafia non ha vinto, ma neanche l’antimafia.

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