Una macchina di frustrazioni
Lo scontro. Da un incidente mancato di un soffio nel parcheggio di un centro commerciale a Los Angeles nasce una lite tra un uomo e una donna di classi diverse: l’escalation di violenze nasconde tensioni sociali e un malessere diffuso
di Gianluigi Rossini
2' di lettura
Si potrebbe considerare Lo scontro (su Netflix, dal 6 aprile) come la serie con Steven Yeun (il Glenn di The walking dead) e Ali Wong (stand up comedian e attrice), oppure come l’esordio solista di Lee Sung Jin, sceneggiatore che ha lavorato per comedy di gran livello come It’s always sunny in Philadelphia o Tuca e Bertie, e qui ottiene il suo primo created by. Ma forse il modo migliore per interessarvi è classificarla come la nuova serie targata A24, la casa di produzione che, oltre ad aver scombussolato il mondo del cinema da Midsommar a Everything everywhere all at once, in tv ha creato cose come Ramy, Euphoria o Irma Vep, di cui in queste pagine si è detto il meglio possibile.
Nonostante i molti nomi di origine coreana, inoltre, Lo scontro è americana fino al midollo: ambientata tra Los Angeles e i suoi sobborghi e tutta costruita sulla tensione tra la richiesta sociale di ostentare positività e i sentimenti distruttivi che reclamano di emergere. Il movimento drammatico viene innescato da una situazione molto quotidiana, un litigio tra due guidatori per uno scontro mancato di un soffio, nel parcheggio di un centro commerciale. In una sorta di esperimento narrativo, la serie immagina cosa accadrebbe se nessuno dei due litiganti fosse disposto a un certo punto a lasciar perdere e proseguire: i due protagonisti Danny (Yeun) e Amy (Wong) annotano le rispettive targhe e iniziano un’insensata escalation di vendette reciproche, arrivando a rischiare davvero grosso.
La trovata funziona, anche grazie al fatto che i due appartengono a classi sociali molto diverse – Danny è un operaio tuttofare in bolletta, Amy un’imprenditrice di successo in burnout da troppo lavoro – ma entrambi sono, per motivi diversi, così pieni di frustrazioni represse da trovare in questo conflitto gratuito un valido motivo di rinnovamento vitale. Tuttavia c’è molto di più in questa serie: la complessa umanità dei personaggi viene scavata a fondo e resa in maniera davvero convincente, e tutte le numerose figure secondarie, anche quando composte di pochi tratti, vengono ritratte in maniera sofisticata e interessante. Unica nota stonata, forse, il fatto che negli ultimi episodi la posta in gioco venga alzata in maniera eccessiva, artificiale, attenuando un po’ questo il grande effetto di empatia.
Lo scontro - Lee Sung Jin Netflix, dal 6 aprile
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