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Una Madama Butterfly green inaugura il Festival Puccini

Il Pucciniano quest'anno presenta anche la Tosca ambientata nella Roma fascista di Pier Luigi Pizzi e la Turandot che Daniele Abbado cala in una crudele ritualità senza tempo

di Francesco Ermini Polacci

Festival Puccini2022 - Madama Butterfly- Pinkerton Vincenzo Costanzo@Giorgio Andreuccetti

2' di lettura

Una fitta foresta di rigogliose alte piante verdi domina, sullo sfondo, il palcoscenico del Gran Teatro all'aperto di Torre del Lago, lo spazio principale del Festival Puccini. Ma non è un'ambientazione puramente decorativa, perché quella vegetazione partecipa da vicino alla tragedia di Cio-Cio-San, diventando man mano spoglia, arida, mortifera; e quando la piccola geisha compie il gesto estremo, in scena si staglia un albero scheletrito.

La Madama Butterfly che inaugura il Festival Puccini di quest'anno (ma qui già data nel 2020) porta con sé l'attualità di un messaggio ecologista che traccia corrispondenze con i significati dell'opera, secondo il pensiero che guida con coerenza lo spettacolo firmato, anche per scene e costumi, da Manu Lalli.

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«La natura, come Butterfly, può morire»

«La natura, proprio come Butterfly, è complessa, appassionata, meravigliosa e fragile. L'uomo civilizzato, Pinkerton, pensa di poterne fare quello che vuole. E la natura, come Butterfly, può morire se non ne avremo cura», ha detto la regista.

Lo spettacolo e gli interpreti

Al di là dei parallelismi a tematica ambientalista, la messinscena risulta gradevole, e funziona anche perché mette a nudo la tragica crudeltà di un mondo dove sopraffazione e prevaricazione sbranano innocenza e ingenuità, con conseguenze che non escludono alcun personaggio: gli abiti tradizionali sono prima rossi, il colore del sole e della passione, poi bianchi, la tinta del lutto nella cultura giapponese; e di bianco si veste alla fine anche Kate, la moglie americana di Pinkerton, per far sentire la sua vicinanza a Butterfly, mentre Pinkerton assiste, da una parte, al suicidio della sua sposa bambina, con la consapevolezza atterrita del colpevole.

Nel cast troviamo Francesca Tiburzi, una Butterfly ben immedesimata: con sicurezza crescente passa dagli accenti delicati della timida ragazzina allo slancio appassionato della donna che, con fierezza eroica, affronta la sua tragedia. Pinkerton è il solito guappo smargiasso, qui dal fisico aitante (e non a caso canta il duetto con Butterfly a torso nudo) e la voce spavalda, ben tornita e piena di Vincenzo Costanzo, che del personaggio, più volte interpretato, cerca di cogliere ora anche i rimorsi finali. Ci sono poi la Suzuki dalla sincera espressività di Laura Verrecchia, lo Sharpless umano, nel canto e nei gesti, di Alessandro Luongo; abbastanza adeguati nei ruoli risultano tutti gli altri. Alberto Veronesi guida l'Orchestra e il Coro del Festival Puccini in una lettura di pacata discorsività, che scorre senza particolari attenzioni alle modernissime alchimie timbriche che nella partitura fremono.

Non solo Puccini

Dopo Butterfly, il Pucciniano quest'anno presenta anche la Tosca ambientata nella Roma fascista di Pier Luigi Pizzi e la Turandot che Daniele Abbado cala in una crudele ritualità senza tempo, ricorrendo al finale completato da Luciano Berio. Segnale, quest'ultimo, della vocazione al Novecento e alla contemporaneità impressa da Giorgio Battistelli alla sua programmazione artistica: il cartellone prevede nuove composizioni di Marcello Filotei, Salvatore Frega, Andrea Manzoli, Roberta Vacca ispirate dal centenario della nascita di Pasolini, ma anche Jakob Lenz di Rihm e di Satyricon di Maderna, gioielli del teatro musicale del secondo Novecento.


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