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Una nuova visione d’impresa tra giovani e impatto sul territorio

Profitto e sostenibilità, fattori localizzativi, soddisfazione delle persone criteri decisivi

di Daniele Marini

(standret - stock.adobe.com)

3' di lettura

La cultura d’impresa è il frutto di alcuni fattori che si alimentano reciprocamente. Da un lato, la condivisione di un orizzonte di valori che ha nel “Lavoro” un fattore di identità sociale. Dall’altro, la propensione degli imprenditori a un’azione di trasformazione continua, volta a innovare la competitività di imprese e territorio. Dall’incrocio di questi elementi scaturiscono i «TerritorImprenditivi» (Marsilio, pagg. 128, € 14) ), realtà sociali dove “territorio”, “lavoro” e “impresa” si sono fuse quasi in un tutt’uno indistinto. Tuttavia, nel tempo i fattori originari che avevano alimentato una “atmosfera industriale” – per dirla con Marshall – favorevole alla presenza di attività imprenditoriali, perdono di peso. In più, muta il contesto generale: le economie si aprono a relazioni che oltrepassano i singoli territori e viviamo un cambio di paradigma dello sviluppo. Fare impresa oggi presenta sfide inedite, non comparabili anche con un recente passato. E richiede nuovi strumenti culturali, nuove visioni strategiche.

Per l’insieme di questi motivi è necessario rivisitare la “cultura d’impresa”, che non è – e non può più essere – quella tradizionale ereditata dal recente passato. Ripensarla significa affrontare almeno due ordini di temi.

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Il primo è di natura strutturale. Le strategie delle imprese non hanno più nell’elemento “costo” il criterio principe che prefigura le scelte. Ma valutano in misura crescente altre dimensioni. Accanto alla soddisfazione degli azionisti, esistono altre priorità, a cominciare dal considerare i propri dipendenti e l’ambiente come i principali portatori d’interesse (stakeholder) fino alla sostenibilità. Gli interessi degli azionisti, è la nuova visione, vanno contemplati alla pari di quelle dei lavoratori, dei clienti, dei fornitori e delle comunità in cui si opera. Il vero profitto di un’impresa si misura nella sua sostenibilità nel tempo; quindi, le imprese devono “proteggere l’ambiente” e considerare i dipendenti con “dignità e rispetto”, anche nello stesso interesse degli azionisti.

La competitività si gioca sui fattori localizzativi: oggi sono una componente essenziale per lo sviluppo economico di un territorio e di un sistema produttivo. Imprese e territorio costituiscono sempre di più – e non da oggi (si veda la storia dei distretti industriali) – due facce della stessa medaglia.

Il secondo tema è più squisitamente culturale: le «di-visioni» nel rapporto fra domanda e offerta di lavoro.

Aziende che cercano lavoratori, ma non li trovano. Viceversa, giovani che non riescono a inserirsi o rifiutano determinate occupazioni. Oggi assistiamo alla scelta di una parte non marginale di lavoratori che decidono di lasciare il proprio lavoro – anche a tempo indeterminato – per preferire vite lavorative ispirate alla ricerca di nuovi equilibri (great resignation). Soprattutto le giovani generazioni cercano sicuramente un salario adeguato, il rispetto dei diritti e una regolarizzazione del lavoro. Tuttavia, a parità di condizioni, aspirano a perseguire la realizzazione personale (soggettività), l’intravedere le possibili prospettive di carriera (futuro), l’opportunità di accrescere le proprie competenze (occupabilità), un buon clima interno e una buona reputazione (relazioni) dell’azienda. Le dimensioni immateriali giocano un ruolo centrale nella scelta. Perché i giovani “scelgono” il lavoro. L’attrattività di un’impresa – grande o piccola che sia – non si gioca più nell’offerta di un “posto” di lavoro, ma deve proporre un lavoro che offra “opportunità” per un percorso di carriera.

Così, rinnovare la cultura del fare impresa dovrebbe affrontare alcuni snodi: la persona come «riferimento» della strategia dell’azienda, il riconoscere e far crescere i talenti, tramandare le conoscenze del saper fare impresa e della cultura del lavoro per formare le generazioni di imprenditori e lavoratori di domani; «eco-sistema»: in un mondo globalizzato la creazione di sistemi interconnessi (imprese, istituzioni, attori sociali) sono elementi imprescindibili per la crescita economica e sociale di un territorio; «sostenibilità»: i valori dell’agire in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti delle comunità e del territorio; «accoglienza e integrazione»: offrire aiuto e sostegno alle fasce più in difficoltà per combattere i sistemi di disuguaglianza; «digitale e innovazione»: il 4.0 e le tecnologie collegate richiedono la consapevolezza che la loro introduzione non è una semplice evoluzione organizzativa, ma postulano nuove modalità organizzative, di gestione del personale, di fare business. Una nuova visione d’impresa.

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