Una panchina che ha cambiato (in meglio) più di una vita
Nel titolo c’è tutto. O quasi. Racconta l’autrice che una mattina del 1985 nel suo percorso quotidiano fece un incontro, che cambiò la sua vita. Era novembre, nebbia, come poteva esserlo qualche anno fa a Milano.
di Carlo Marroni
3' di lettura
Nel titolo c’è tutto. O quasi. Racconta l’autrice che una mattina del 1985 nel suo percorso quotidiano fece un incontro, che cambiò la sua vita. Era novembre, nebbia, come poteva esserlo qualche anno fa a Milano. Lucia Vedani, madre di quattro figli, è alle prese con le incombenze del mattino. Ma nella sua strada incrocia un uomo, piccolo, con una valigia sotto la testa, sdraiato su una panchina. Si tira su, e va verso l’Istituto nazionale dei tumori. Piazzale Gorini, Città Studi: la zona è cambiata molto da allora, ma nella memoria di Lucia è indelebile quel quadro, di panchine occupate da persone che passavano lì la notte. Senza tetto? Non in senso stretto, erano familiari di malati in cura venuti da lontano. Malati gravi, evidentemente. Milano allora era già da bere, ma parecchi avevano molto poco da mangiare, certamente non da dormire. «Rimasi davvero indignata che tutto ciò accadesse in una città all’avanguardia come Milano e nella più totale indifferenza» scrive Vedani nel suo libro Una panchina ha cambiato la mia vita (Edizioni Ares), dove ripercorre la nascita e lo sviluppo di CasaAmica Onlus, oggi un’organizzazione di volontariato che accoglie i malati e i loro familiari in difficoltà provenienti da tutta Italia per curarsi negli ospedali della città. Molta acqua è passata da quei giorni di metà anni ’80, vicissitudini varie e difficoltà di ogni tipo, ma sempre senza fermarsi. Attualmente gestisce sei case di accoglienza (due dedicate ai bambini) a Milano, Lecco e Roma, circa 4mila persone all’anno beneficiano di questa assistenza speciale – oltre 100mila da quando il progetto è partito – vicina a importanti centri di eccellenza ospedaliera, come l’Istituto nazionale dei tumori e l’Istituto neurologico Carlo Besta a Milano, il Policlinico universitario campus bio-Medico e l’Ospedale pediatrico bambino Gesù a Roma e l’Ospedale Alessandro Manzoni di Lecco. A breve nascerà un nuovo centro nel capoluogo milanese, 3mila metri quadrati nell’hinterland. Un eroe del nostro tempo, senza dubbio, costruttrice di welfare sussidiario prezioso e ignorato dalle finanze pubbliche, ma che va avanti nonostante tutto. Colpisce tra i tanti il ricordo di Mirto, il primo ospite, veniva da Marsala, aveva la figlia di 13 anni, Marianna, malata di leucemia, ricoverata. Dormiva sui marciapiedi, non trovava neppure una panchina, lo fece entrare nella prima casa, in via Saldini, che ancora era un cantiere: «Mirto era un operaio umile che si prestò a svolgere molti lavori per aiutarci a avviare la casa. Stette da noi due anni, finché la sua Marianna morì».
Lucia Cagnacci Vedani – che a Milano ha ricevuto il prestigioso Ambrogino d’Oro – ha trovato nel mondo cattolico un forte sostegno, è stata ricevuta da Benedetto XVI e poi anche da Francesco. Quest’ultimo ha ricambiato la visita, che lei racconta nel libro: «Era un soleggiato e tiepido pomeriggio di dicembre. Improvvisamente vidi entrare dal cancello un’auto scura, si arrestò e ne uscì una figura candida. “Il Papa!” gridò una voce alle mie spalle». Era proprio Bergoglio, non nuovo a sorprese di questo tipo. Il libro, come ricorda la stessa autrice, non è solo il racconto sulle finalità di un’associazione benefica ma anche e forse soprattutto il viaggio appassionato nella vita di Lucia, gli incontri con molte persone, di chi ha abitato le case. Molti i sostenitori, i due pontefici, il cardinale Carlo Maria Martini, il cardinale Gianfranco Ravasi, ma anche volti noti dello spettacolo come Edoardo Bennato e Alberto Fortis. Un ricordo speciale va a Joaquim Navarro Valls, che fu indimenticabile direttore della sala stampa vaticana con Giovanni Paolo II (e brevemente per Benedetto) per oltre venti anni, giornalista ma anche medico psichiatra, che la spinse ad aprire CasaAmica a Roma, nei pressi del Campus di cui allora era presidente. Tra i ricordi spicca l’ultimo, quello di un 13 maggio: Lucia viene fermata a Milano da una signora, per strada, un incontro del tutto casuale. La donna, di Napoli, è disperata, la figlia è stata ricoverata senza preavviso, rischia molto. Non sa dove andare, è sola, impreparata alla notizia di una diagnosi grave. Chiede aiuto, non sa che Lucia, in quel momento difficile della sua vita, è la persona che deve incontrare. Che la può aiutare. Senza chiedere nulla.
loading...