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Una piccola tassa sui consumi per i pensionati di domani

L’evoluzione demografica della popolazione italiana nei prossimi decenni avrà enormi implicazioni

di Giorgio Di Giorgio

(PhotoAlto RF / AGF)

3' di lettura

L’evoluzione demografica della popolazione italiana nei prossimi decenni avrà enormi implicazioni. Il più recente rapporto dell’Istat descrive un quadro allarmante, caratterizzato da una rilevante riduzione della popolazione, dall’aumento delle persone destinate a vivere sole e dalla forte crescita nella quota di individui over 65 anni (nel 2050 sarà pari al 34,9% della popolazione contro il 23,5% nel 2021).

In questo contesto il sistema finanziario avrà un ruolo chiave, dovendo accompagnare le esigenze indotte dai cambiamenti nella struttura demografica. Calerà progressivamente il contributo della pensione pubblica mentre aumenterà l’aspettativa di vita e con essa la necessità di cure e assistenza; nel corso della vita lavorativa sarà necessario assicurare un maggiore tasso di risparmio complessivo. Appare quindi essenziale effettuare scelte di “visione”.

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Anche se il ruolo della previdenza integrativa e complementare è cresciuto negli ultimi 15 anni, esso appare ancora insufficiente: il tasso di partecipazione alla previdenza complementare resta basso, pari a circa il 35% della forza lavoro, con disparità geografiche preoccupanti. Occorre creare un sistema che incentivi ulteriormente la creazione di nuovo risparmio previdenziale.

Un “patto sociale” tra cittadini-consumatori e Stato potrebbe portare alla creazione di un nuovo fondo pensionistico pubblico integrativo (“il fondo cash forward” nella proposta che emerge nello studio di Curcio, Di Giorgio e Zito sull’ultimo numero di «Economia Italiana») alimentato dalle spese di consumo e non dai redditi.

Il meccanismo proposto si basa sull’aumento dell’1% dell’aliquota Iva sugli acquisti di ogni bene e servizio, a fronte di un contestuale impegno da parte dello Stato di destinare il doppio del gettito ottenuto (2%, di cui 1% a carico del cittadino e 1% a carico della fiscalità generale) all’accumulazione di risparmio previdenziale, il cui investimento e la cui gestione dovrebbe essere periodicamente affidata a intermediari finanziari, vincitori di una gara pubblica.

In concreto, si tratterebbe di utilizzare l’infrastruttura tecnologica già esistente e adoperata negli anni precedenti per il cosiddetto cash back, rovesciandone però la prospettiva e trasformandola in cash forward. Ogni acquisto di beni e servizi effettuato con mezzi di pagamento elettronici registrati consentirebbe al cittadino-consumatore di accumulare il 2% del valore speso in previdenza integrativa.

Ne beneficerebbero in misura maggiore i soggetti più fragili dal punto di vista previdenziale, come i giovani, che hanno profili reddituali scarsi, ma scelte di consumo supportate dai mezzi economici messi a disposizione da genitori o parenti.

Gli impatti sulla finanza pubblica sarebbero limitati e gestibili; inoltre, il minore gettito corrente sarebbe interamente destinato a finanziare spesa e consumi (e quindi gettito Iva) in futuro.

L’effetto sui consumi sarebbe ambiguo perché la possibile riduzione dovuta all’aumento dell’aliquota Iva potrebbe essere compensato dall’effetto boost che dipenderebbe dal valore psicologico attribuito dal consumatore al contributo pubblico fornito alla propria previdenza integrativa. Anche la consapevolezza dell’importanza di pensare al futuro ne uscirebbe rafforzata.

La creazione del “fondo di cash forward” avrebbe inoltre conseguenze positive sulla riduzione dell’utilizzo del contante: infatti, le spese in contante non beneficerebbero del contributo pubblico di pensione integrativa, sarebbero penalizzate dall’aumento dell’1% del costo di beni e servizi causato dall’aumento dell’Iva (e andrebbero in parte a coprire il fabbisogno finanziario associato all’intervento, riducendone la dimensione); di contro, il pagamento con strumenti elettronici consentirebbe di accantonare il 2% del consumo in beneficio pensionistico futuro.

Peraltro, la fascia di popolazione che più utilizza gli strumenti di pagamento elettronico, ovvero quella più giovane, è esattamente quella per cui l’architettura di previdenza pubblica a oggi esistente appare insufficiente in termini prospettici.

Il “fondo di cash forward” sembrerebbe generare diverse esternalità positive, in grado di contribuire al rafforzamento della tenuta economica e sociale del Paese. Si tratta di una proposta da approfondire nelle sedi o con gli interlocutori opportuni.

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