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Una regolazione partecipata per le blockchain

Le università Roma Tre e Cattolica, insieme all‘Istituto Universitario Europeo e alla Fondazione Bordoni hanno lanciato, in un’aula del Parlamento europeo, un progetto quinquennale per lo sviluppo di standard e applicazioni sulle blockchain di ultima generazione

di Fabio Bassan

(Adobe Stock)

3' di lettura

Il 5 dicembre le università Roma Tre e Cattolica, insieme all‘Istituto Universitario Europeo e alla Fondazione Bordoni hanno lanciato, in un’aula del Parlamento europeo, un progetto quinquennale per lo sviluppo di standard e applicazioni sulle blockchain di ultima generazione. Già il 26 ottobre Roma Tre e Cattolica avevano firmato con Banca d’Italia un Protocollo e avviato un tavolo di lavoro per definire le regole e gli standard minimi dei contratti inseriti sulla blockchain.

Le blockchain, infatti, sono infrastrutture con potenzialità molto ampie, che è ormai riduttivo limitare al luogo idoneo per la circolazione delle monete virtuali. Consentono di certificare tutti i passaggi con cui si sviluppa un’attività di relazione, professionale, scolastica, del tempo libero. Tutto ciò che facciamo può essere inserito passo dopo passo in blockchain e certificato. Applicazioni se ne possono immaginare molte. Quello contrattuale diventa quindi un ‘campo prova’ importante. Per ipotizzare ‘stress test’ per la regolazione dei contratti e per sviluppare applicazioni, le Università hanno scelto la blockchain pubblica Algorand, che oggi sembra meglio garantire sicurezza, scalabilità, decentralizzazione, continuità del servizio, economicità dell’uso, minimo impatto energetico.

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Sia il progetto di ricerca quinquennale presentato al Parlamento europeo sia il Protocollo firmato con Banca d’Italia propongono per la prima volta un metodo che si fonda su una collaborazione costante tra istituzioni e tecnologie, che si traduce in un processo di ‘regolazione partecipata’. Il presupposto da cui muove è che nei contesti a forte innovazione le regole sono incorporate nella tecnologia, e sono quindi nella disponibilità degli operatori, che si trovano così a orientare flussi finanziari o a comprimere diritti fondamentali. In assenza di regole condivise queste attività sfuggono ai controlli e non sono ancorate ad alcuna giurisdizione.
Se è la tecnologia che detta le regole, i regolatori non possono definirle, da soli, a posteriori: arrivano tardi e comunque rischiano di ‘essere catturati’, anche a causa dei deficit informativi. Con la regolazione partecipata, invece, possono assistere sin dall’inizio alla realizzazione dei prodotti e dei servizi sulla blockchain, collaborando con gli operatori per orientare il mercato verso le migliori prassi, che diventano poi standard e garantiscono quel livello minimo di tutele che il regolatore ritiene necessario. La regolazione partecipata garantisce quindi i diritti di tutti gli stakeholders.

Questo vale in particolare per le blockchain, settore in cui la tecnologia non è neutra. Internet o il cloud sono neutri: la tecnologia è data, la competizione si svolge sopra questa infrastruttura tecnologica di base standardizzata. Per le blockchain la situazione è diversa, perché sono molte e diverse tra loro: private e pubbliche, lente o veloci, più sicure o meno, speculative o di sistema. In una Comunicazione di giugno 2022, Bankitalia ha illustrato in dettaglio le caratteristiche delle blockchain e ha elencato i rischi e le opportunità. Il protocollo firmato con le due università consentirà di muovere da quelle indicazioni per elaborare anche una tassonomia precisa. Alla base c’è un convincimento: se la tecnologia non è neutra, non può esserlo neanche la regolazione. Con le blockchain, parte del lavoro di regolazione può essere fatto by default dalla tecnologia.

Questa è la funzione e l’obiettivo della regolazione partecipata, in cui regolatori, operatori e Università collaborano sia per definire le regole comuni che consentiranno al mercato di crescere, sia per condividere prodotti e servizi che siano, sin dal momento dell’ideazione, coerenti con una regolazione che si sviluppa di pari passo, e che può dunque evolvere insieme alla tecnologia, adattandovisi in tempo reale.

Prof. Fabio Bassan - Università Roma Tre

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