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Una selezione sbagliata può costare cara: ecco come l’AI aiuta a prevenire gli errori

La strada maestra da seguire nella scelta e nel reclutamento dei talenti è, necessariamente, quella delle competenze, evitando di considerare altre caratteristiche personali del candidato. In questo l’intelligenza artificiale può offrire un aiuto

di Gianni Rusconi

4' di lettura

Farsi guidare dai pregiudizi durante un processo di recruiting può produrre un conto molto salato per le aziende in termini di denaro, produttività e ripercussioni nell'ambiente di lavoro. I cosiddetti “unconscious bias” possono avere impatti negativi notevoli e la strada maestra da seguire nella scelta e nell'onboarding dei talenti è, necessariamente, quella delle competenze, evitando di considerare altre caratteristiche personali del candidato, che siano la sua provenienza, la sua cultura, il suo titolo di studio e persino il suo credo religioso. Saper valorizzare le persone e le diversità è la chiave del successo di ogni impresa a prescindere dal settore di appartenenza della stessa, dal suo fatturato e dalla sua dimensione.

L'analisi di Joelle Gallesi, managing director di Hunters Group, è chiara e trova conferma nei dati che emergono dall'osservatorio condotto dalla società di ricerca e selezione di personale qualificato: una risorsa in ambito vendite con esperienza compresa tra i tre e i cinque anni che opera senza successo e che non riesce a superare il periodo di prova può costare all'azienda circa 44mila euro tra selezione, inserimento e formazione. Senza contare gli effetti per il clima aziendale.

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Il tema è delicato: quali sono le soluzioni per evitare di cadere in errori che possono rivelarsi parecchio dannosi per l'organizzazione?

Uno degli strumenti forse più noti all'estero, e che sta iniziando ad essere usato con maggiore frequenza anche in Italia, è certamente il cv anonimo, che permette di presentare un candidato senza dati sensibili o senza tutti quegli elementi che possano influenzare chi lo legge e portare a una scelta legata ai similarity bias, standardizzando il processo di selezione per tutte le posizioni aperte. Un'altra opzione percorribile è definire i criteri di selezione, basandoli sui requisiti e sulle competenze necessarie per svolgere quel tipo di lavoro, prima di iniziare a valutare i candidati. Un'altra soluzione ancora è quella di utilizzare strumenti di valutazione obiettivi, come i test di abilità, e condurre interviste strutturate, ponendo le stesse domande a tutti i candidati e scegliere selezionatori che provengano da background differenti. In Hunters Group abbiamo dato vita, ed è il primo caso in Italia, a un processo di selezione in linea con la normativa internazionale sulla Diversity & Inclusion che consente di valutare una risorsa focalizzando l'attenzione prettamente su aspetti legati al ruolo e al contesto aziendale, escludendo a priori eventuali bias cognitivi che possano invalidare la scelta.

I Ceo e gli HR Manager italiani hanno eletto a priorità la necessità di riflettere sulla centralità dei talenti?

Sì, soprattutto in questo particolare periodo storico in cui ci troviamo, a valle dell'effetto post pandemico e di importanti evoluzioni dei mercati finanziari e in cui l'andamento del business si è stabilizzato. Da circa un anno, infatti, non solo gli Hr manager ma soprattutto i Ceo e le figure apicali hanno iniziato a focalizzare il proprio interesse e le proprie energie sul tema delle persone, più che su quello dei talenti. Oggi ci si confronta con generazioni completamente diverse nell'approccio al lavoro e con figure più senior che tuttavia hanno maturato aspettative diverse rispetto al proprio ruolo professionale. In questo scenario i livelli di turnover si sono alzati di molti punti percentuali, triplicando o addirittura quadruplicando in alcuni casi, e questo ha portato le aziende a comprendere l'importanza della cura delle proprie organizzazioni.

L'intelligenza artificiale può essere una soluzione per evitare o comunque ridurre gli impatti degli unconscious bias?

Assolutamente sì. L’intelligenza artificiale, per sua natura, permette di condurre la fase iniziale di analisi dei profili o di redazione delle job description per una particolare posizione senza incorrere in pregiudizi cognitivi, e quindi l'insieme di stereotipi, atteggiamenti o aspettative che influenzano le nostre decisioni e i nostri giudizi in modo automatico ed involontario, senza esserne consapevoli. Questi pregiudizi possono essere basati su caratteristiche come l'etnia, il genere, l'età, l'orientamento sessuale o altre caratteristiche personali e possono influenzare il modo in cui percepiamo e interagiamo con gli altri, esercitando un impatto significativo nella selezione del personale e sulle opportunità di carriera. Affidandosi all'AI è naturale che non si debba avere la pretesa di ottenere livelli di screening molto dettagliati, ma rimane uno strumento molto utile per ottimizzare alcune attività e accompagnare il lavoro dei selezionatori, evitando discriminazioni e disparità di trattamento.

Di “diversity washing” si parla poco e il rischio che si proceda solo per slogan può essere elevato: qual è la strada da seguire per il management?

Da anni penso che la diversity sia troppo spesso usata come mezzo di marketing per attrarre talenti, per poi rivelarsi deleteria nel trattenerli. Dobbiamo quindi impegnarci a cambiare la cultura aziendale e creare programmi di medio-lungo termine che non siano soltanto slogan fine a sé stessi, perché è profondamente inutile assumere 100 donne se poi nessuna avrà la possibilità di fare carriera e raggiungere posizioni di vertice. Per ovviare a questa prassi suggerisco alcune azioni tattiche, che partono dalla condivisione del piano strategico di diversity con gli stakeholder aziendali e proseguono con la definizione di un budget sul tema equality che sia almeno triennale. Serve poi pensare a un percorso di formazione del personale interno sugli argomenti specifici legati alla D&I, a partire dai livelli meno senior o meno titolati in azienda, e quindi applicare tecniche di selezione inclusiva, effettuare analisi delle numeriche sul turnover di genere, definire veri e propri KPI per il mantenimento dell'equilibrio nel rispetto della diversità dell'azienda. Il team Hr, infine, è chiamato a parificare i salari sulla base esclusiva del merito e a promuovere e mettere in atto politiche incentivanti realmente legate ai risultati, da declinare in modo obiettivo sull'intera struttura organizzativa.

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