Una strategia Ue per i migranti
di Antonio Tajani
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L’immigrazione è, con terrorismo e disoccupazione, la principale preoccupazione dei nostri cittadini. Lo conferma l’eurobarometro del Parlamento europeo. Questo dato non può sorprendere.
Da oltre un decennio, con l’aggravarsi della situazione dopo la guerra in Siria e l’instabilità della Libia, le cronache ci riportano un quadro catastrofico.
Immagini di naufragi nel Mediterraneo, morti nel deserto, bambini senza vita sulle spiagge. Siamo tornati alla barbarie dei mercati di donne, di bambini. Vediamo masse di richiedenti asilo che premono alle frontiere europee, un esodo interminabile di persone che sbarcano sulle nostre coste. Padri che hanno perso ogni speranza, che si giocano tutto, mettendo a rischio la vita di moglie e figli.
L’Europa viene spesso percepita come impotente, talvolta indifferente, davanti a questa tragedia e al crescente sgomento dei cittadini che si sentono invasi.
Le sirene populiste cavalcano sdegno e paura, creando l’illusione che ci si possa chiudere dentro muri e frontiere lasciando i problemi fuori dalla porta.
In realtà, lo stesso sondaggio eurobarometro indica che la grande maggioranza dei nostri cittadini è convinta che la ricetta per governare i flussi migratori sia l’unità europea. Ma non possiamo più deluderli. Il tempo di dare risposte vere a questo dramma non è più rinviabile.
Serve molto più coraggio. Non possiamo lasciare nelle mani dei trafficanti di esseri umani la gestione dei flussi migratori. Se non dobbiamo arretrare sul diritto di accoglienza, è necessario essere fermi nel rispingere l’immigrazione illegale.
Il diritto di asilo, così come la solidarietà o il salvataggio di vite umane, sono parte dei nostri valori. Ma è chiaro che l’attuale sistema di ripartizione degli oneri ha fallito. Tra il 2015 e il 2016 ci sono state circa 2,5 milioni di domande di asilo nella Ue. Secondo le regole attuali, Italia e Grecia, Paesi di primo arrivo, devono trattare queste domande. È profondamente ingiusto lasciare a un piccolo numero di Stati questa responsabilità, oltre all’impegno nel salvataggio di migliaia di vite e al controllo di vasti tratti di Mediterraneo.
Dare la colpa di questa grave ingiustizia indiscriminatamente all’Europa è altrettanto ingiusto. Sull’asilo la Commissione Ue ha proposto una profonda riforma che il Parlamento europeo dovrebbe approvare entro l’estate, rafforzandola. Da un lato, si punta a ridistribuire in maniera automatica i richiedenti asilo dai Paesi che ricevono un eccesso di domande; dall’altro, a rendere omogenei in tutta la Ue i criteri per ottenere l’asilo. Evitando così il pellegrinaggio dei migranti da un Paese all’altro alla ricerca di condizioni di accoglienza più favorevoli. È inaccettabile che non vi sia una lista comune di Paesi considerati “sicuri” ai fini della domanda di asilo.
Nelle more di questa riforma, è stato deciso un sistema di ridistribuzione temporaneo per 160mila richiedenti asilo da Italia e Grecia a tutti gli Stati membri. D’innanzi al rifiuto di alcuni Paesi di ottemperare ai loro obblighi, il Parlamento europeo, con una risoluzione approvata a maggio a larga maggioranza, ha chiesto alla Commissione di agire. Su questa base, pochi giorni fa l’esecutivo Ue ha aperto procedure d’infrazione contro gli Stati inadempienti.
Ma questo non basta. Nei prossimi anni rischiamo di avere flussi migratori epocali, soprattutto dall’Africa sub-Sahariana. Le cause sono molteplici: desertificazione legata al cambio del clima, carestia, crescita demografica, povertà, terrorismo, instabilità. Una risposta seria richiede una strategia europea complessiva che vada alla radice dei problemi. Non limitandosi alla gestione dell’emergenza.
Dobbiamo agire su più fronti. Da un lato rafforzare il controllo delle frontiere esterne, dotando la nuova Guardia costiera e di frontiera europea di mezzi e risorse adeguate. Oltre a più navi o elicotteri, servono maggiori investimenti in tecnologie per la sicurezza, comprese quelle legate ai sistemi satellitari Galileo e Copernico. Fondamentale anche la formazione e lo scambio di buone pratiche tra Stati. Dall’altro, dobbiamo costruire un nuovo partenariato con l’Africa, che guardi non solo alle sfide, ma anche alle grandi opportunità di crescita di questo continente.
Nelle sessioni di maggio e giugno a Strasburgo, abbiamo invitato il presidente della Commissione dell’Unione africana, Moussa Faki, il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres e il presidente della Costa d’Avorio Alassane Ouattara per discutere di questo Partenariato.
Dobbiamo partire da una robusta diplomazia economica, con più investimenti in infrastrutture, trasferimenti di tecnologie, efficienza delle risorse, saper fare industriale. Lavorare su formazione e mobilità legale, con quote per studenti, ricercatori e lavoratori africani.
In questa cornice, si possono definire accordi di rimpatrio più efficaci. E realizzare, insieme alle agenzie delle Nazioni Unite, centri di accoglienza del deserto. Garantendo sicurezza, cure mediche, sostegno alimentare e applicazione delle regole per il diritto di asilo o di rimpatrio. È questa la via per evitare migliaia di morti o di schiavi.
Anche per questo l’Europa deve dotarsi di un bilancio adeguato, sia per il controllo delle frontiere che per il fondo di sviluppo per l’Africa. A breve il Parlamento Ue darà il via libera a un fondo che potrà mobilizzare oltre 40 miliardi di euro d’investimenti.
Il 25 marzo i vertici delle istituzioni Ue e i capi di stato e di governo di 27 Paesi hanno firmato, a Roma, una Dichiarazione solenne per rilanciare l’Unione, indicando proprio nell’immigrazione una delle priorità da affrontare senza indugio.
Domani il Consiglio europeo avrà all’ordine del giorno immigrazione e asilo. Seduti intorno al tavolo vi saranno gli stessi attori che hanno sottoscritto l’impegno solenne a Roma.
Oggi, all’indomani della Giornata internazionale dei rifugiati, su mia iniziativa il Parlamento europeo promuove un evento di alto livello con i vertici delle istituzioni Ue e gli altri attori della politica migratoria. Domani, nel mio intervento al Consiglio europeo, voglio portare un messaggio forte e chiaro: è tempo di decidere, di dare risposte ai nostri cittadini che ci chiedono un’Unione capace di proteggerli e affermare i propri valori.
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