Unesco, turismo boom per le Colline Prosecco Conegliano Valdobbiadene
Obiettivo: 500mila visitatori
di Micaela Cappellini
3' di lettura
Ci sono voluti undici anni, un milione di euro di risorse pubbliche e private investite e una task force di amministratori locali, imprese ed enti. E ce l'hanno fatta: le Colline del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene sono finalmente diventate Patrimonio dell'Umanità Unesco da ieri. Un bel modo per festeggiare i cinquant'anni della denominazione, nata come Doc nel 1969 e diventata poi Docg nel 2009. La proclamazione è avvenuta a Baku, e per il Consorzio di tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg - con i cui confini coincide di fatto l'area iscritta - si tratta di un grande successo: come paesaggio, ce n'è solo un altro in Italia riconosciuto Patrimonio dell'Umanità, ed è l'area vitivinicola di Langhe-Roero e Monferrato, proclamata nel 2014. E in tutto nel mondo sono soltanto otto. «Noi siamo il nono, e io sono molto soddisfatto», racconta Innocente Nardi, che oltre ad essere il presidente del Consorzio Docg è anche alla guida dell'associazione temporanea di scopo “Colline di Conegliano Valdobbiadene Patrimonio dell'Umanità”.Ma quanto vale il riconoscimento dell'Unesco, dal punto di vista economico? Non poco: «Attualmente - racconta il presidente - tra i vigneti e le colline del Prosecco Docg ogni anno arrivano circa 400mila turisti. Pensiamo che l'effetto Unesco porti un potenziale di crescita fino al 20% in più all'anno. Il che significa raddoppiare le presenze nel giro di cinque anni». E le aziende dei 15 comuni del Trevisano che rientrano nell'area premiata hanno già cominciato a investire per potenziare l'offerta: dai percorsi gastronomici all'accoglienza, fino naturalmente alle cantine.Dei tre consorzi del Prosecco, quello del Conegliano Valdobbiadene è il più antico, ma non il più grande. Rispetto alla corazzata del Prosecco Doc, che vale 464 milioni di bottiglie e 2,5 miliardi di euro all'anno, la Docg produce poco più di 90 milioni di bottiglie - meno di un quinto - per un totale di 520 milioni di euro a valore. E se nel primo caso ci sono ben 9 province coinvolte, il secondo può contare soltanto su quindici comuni. «Solo 16 bottiglie di Prosecco su 100 vengono da Conegliano - ammette Nardi - ma sono sicuro che dopo il riconoscimento dell'Unesco il nostro vino varrà di più. Del resto, non abbiamo più modo di crescere nè in volumi di produzione nè in superfici coltivabili: la Regione Veneto ha appena ratificato la nostra richiesta di bloccare l'adesione di nuovi vigneti. Però possiamo e vogliamo crescere in valore, e lo abbiamo dimostrato anche negli ultimi anni». Ipotizzare un bollino Unesco sulle bottiglie, però, non è possibile: quello di Patrimonio dell'Umanità è un riconoscimento di carattere esclusivamente culturale. Quello però che non può essere rappresentato graficamente, può sempre essere raccontato da un buon piano per la promozione. Soprattutto all'estero.Il successo di Baku non è stata una passeggiata, e non sono mancati nemmeno gli intoppi: «L'anno scorso - racconta Nardi - eravamo tra i candidati che la commissione italiana era riuscita a portare davanti all'assemblea mondiale, ma alla fine si è scelto di rinviare la candidatura: occorreva specificare meglio gli attributi tecnici del sito». Così, a Conegliano si è dovuto fare un surplus di studi e il dossier è stato riscritto, sottolineando la peculiarità di tre aspetti che solo queste colline della Marca potevano vantare: la morfologia “a cordonate”; la tecnica della coltivazione della vite “a ciglione”, che è una forma di terrazzamento realizzato con l'erba anziché con i muri a secco; infine, l'estrema parcellizzazione del paesaggio agrario, che dall'alto lo fa sembrare simile a un mosaico. Il risultato di questo lavoro è stato l'ok dell'Icomos - l'organismo scientifico dell'Unesco - che ha portato poi alla vittoria di ieri. Come l'hanno presa, gli altri due consorzi del Prosecco, volenda vedere nell'ottica di sano campanilismo? «Il nostro scopo non era la competizione con loro - si schermisce il presidente - ma ammetto che ci fa piacere avere un'opportunità in più per far capire che il nostro territorio è diverso dagli altri territori, pur altrettanto belli».
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