UniCredit-BancoBpm, ecco perché il mercato scommette sul blitz: concambi e dote fiscale
Dall’insediamento del ceo Orcel scambio carta contro carta più favorevole del 20%. Il beneficio fiscale delle imposte differite (ridotto a 500 milioni) scade a fine giugno
di Antonella Olivieri
3' di lettura
Il 12% del capitale di Bpm passato di mano in una settimana, col titolo che si rivaluta di quasi il 23% in sole cinque sedute. Non bastano i buoni risultati annunciati martedì dalla banca milanese e nemmeno la proposta di un dividendo più ricco a giustificare l’exploit. Qui gatta ci cova, si sono detti in Borsa. E i sospetti degli operatori si sono rafforzati quando venerdì è arrivata la “non smentita” di UniCredit, che ha confermato l’interesse dell’istituto guidato da Andrea Orcel a guardarsi intorno.
Il fermento a Piazza Affari
Fonti informate riferiscono che già quest’estate lo staff di Giuseppe Castagna si era messo in allerta, temendo un’Opa di Ferragosto dal più grande vicino. Ma perchè proprio adesso questo fermento? Le voci in Piazza Affari hanno tratto alimento da un paio di considerazioni.
La prima è il rapporto relativo di concambio in un’ipotetica offerta carta contro carta. Dal 15 aprile, quando si è insediato Orcel nella posizione di amministratore delegato di UniCredit, il titolo è quasi raddoppiato, passando da 8,5 euro a 15,7 venerdì. Nonostante le superperformance di Bpm di questa settimana, che hanno reso più caro il titolo del 36% rispetto ai livelli di metà aprile, il concambio teorico è comunque migliorato di oltre il 20% a favore di UniCredit.
Il beneficio delle Dta
La seconda considerazione è che il beneficio delle Dta (imposte differite attive), sebbene ridimensionato dagli ultimi interventi, scade a fine giugno. Se UniCredit fosse riuscito a mettere le mani su Bpm l’anno scorso, come ha fatto l’Agricole con il Creval, avrebbe avuto in dote dalla fusione un’aggiunta di capitale da 3,3 miliardi. La proroga del provvedimento ha però messo un tetto di 500 milioni al regalo del Fisco. Per contro le pratiche per ottenerlo sono state sveltite: non servirebbe più l’assemblea, ma basterebbe l’approvazione del contratto di nozze da parte dei cda delle due banche. Nemmeno UniCredit, però, per ora ha convocato il board.
La valenza strategica
La valenza strategica dell’operazione per la banca di Piazza Gae Aulenti non ha invece scadenza. Gli analisti sottolineano che, aggregando Bpm, UniCredit colmerebbe parte del gap con Intesa, alzando la sua quota di mercato in Italia al 18%, rispetto al 22% del leader. Ma soprattutto UniCredit si rafforzerebbe nelle regioni ricche del Nord , dove la distanza è ancora maggiore. Bpm in particolare è forte in Lombardia dove può contare su una quota di mercato del 14% contro il 7% di UniCredit.
In Piemonte dal 13% attuale UniCredit salirebbe al 24%, in Veneto dal 13% al 22%. E poi ci sono le sinergie da costi e ricavi che, a livello lordo, gli analisti stimano in 700-800 milioni. Piazza Affari ha puntato gli occhi anche su Anima, che ieri ha preso il volo, di riflesso, con un rialzo del 5,5%. Bpm ha poco meno del 20% dell’Sgr (e un po’ più del 10% è invece in mano a Poste italiane) e, hanno speculato gli operatori, in un progetto allargato potrebbe costituire la base per costruire un nuovo polo del risparmio.
Gli entusiasmi della Borsa rischiano però di raffreddarsi all’ombra della sistemazione del dossier Mps, la patata bollente che la ritirata di UniCredit ha lasciato sul tavolo del Tesoro. Tanto più che Bpm era sembrata disposta a dare una mano per trovare una soluzione.
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