intervista a giuseppe vita sul sole in edicola

«UniCredit, una nuova governance per una public company europea»

di M. Ferrando e A. Graziani

Giuseppe Vita, presidente di UniCredit, con l’amministratore delegato Jean Pierre Mustier

2' di lettura

«UniCredit è stata e sarà, anche e soprattutto dopo il recente successo dell’aumento di capitale da 13 miliardi, una grande banca paneuropea con sede e testa in Italia. Ma il nuovo azionariato ha una vocazione da vera public company internazionale che necessita di una struttura di governance più aperta al mercato. Stiamo lavorando per definire il nuovo assetto entro pochi mesi». A due giorni dall’assemblea dei soci per l’approvazione del bilancio 2016, il presidente di UniCredit Giuseppe Vita con Il Sole 24 ore parla della “nuova” banca, del nuovo azionariato e del cantiere interno che ne adeguerà la governance in vista del rinnovo del prossimo anno.

«Ora siamo un gruppo che ha eliminato le debolezze e l’incertezza degli ultimi anni - dice Vita -. Grazie alla credibilità e al lavoro di un amministratore delegato come Mustier che ha convinto gli investitori, quelli italiani e quelli internazionali, con un piano rigoroso e concreto. In meno di due mesi ha fatto una volta e mezza il giro del mondo per incontrare 750 investitori in 26 diverse città, ma al tempo stesso ha saputo coinvolgere centinaia di manager portandoli a bordo del nuovo corso. Grazie a questo sforzo enorme UniCredit ha avuto un riscontro sul mercato che molti non credevano fosse alla nostra portata».

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Investire 13 miliardi in Italia è stato un grande atto di fiducia nel management, in UniCredit, ma anche nel sistema bancario italiano


Per il presidente Vita, all’inizio del suo sesto anno di mandato, «investire 13 miliardi in Italia è stato un grande atto di fiducia nel management, in UniCredit, ma anche nel sistema bancario italiano. E non è un fatto scontato, se pensiamo alla percezione generale. Che però è sbagliata: l’Italia ha avuto alcune banche mal gestite che hanno prodotto grandi danni e gravemente rovinato la reputazione del settore, ma la maggior parte è ancora sana e solida e ha contribuito con grande sforzo economico a ridurre tali danni».

Quali conseguenze avrà il nuovo azionariato, in gran parte composto da investitori esteri, sulla governance? «La corporate governance - osserva Vita - di un’azienda è qualcosa di vivo, e in continua evoluzione perché fa parte della necessità di ognuno di noi di seguire o, meglio ancora, di precedere il corso degli eventi. Alcuni elementi di novità sono già definiti, come la riduzione da 17 a 15 componenti del board (in origine erano 24, ndr), una sola vice presidenza, gli indipendenti ampiamente in maggioranza, un terzo di quote rosa. Altri importanti aspetti, compresi eventuali limiti al numero dei mandati dei consiglieri, sono ancora in fase di discussione». Al momento lo statuto prevede un solo consigliere alla minoranza dei fondi, che però sono nettamente in maggioranza, e in futuro non si escludono ritocchi. Tuttavia, «il nuovo assetto azionario è destinato a modificare anche il concetto stesso di maggioranza e minoranza. Quello che possiamo fare noi come consiglio è preparare uno screening approfondito dei potenziali candidati, che abbiano i requisiti necessari ma rispettino anche le diverse sensibilità dell’azionariato. La decisione finale poi spetta agli azionisti, in parte rappresentati da Assogestioni».

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