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Unione bancaria, serve un’intesa sui rischi prima di nuove crisi

Eliminare lo status di risk-free per i titoli di Stato sarebbe un vulnus per l’intera costruzione europea

di Alessandro Graziani

Francoforte. Banca centrale europea (Epa)

3' di lettura

La nuova proposta tedesca per completare l’Unione bancaria europea è stata respinta dall’Italia perché ripropone, sul tema della condivisione dei rischi, forme di “ponderazione” sul capitale delle banche per i titoli di Stato detenuti in portafoglio. La proposta del position paper del ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz prevede che le banche procedano ad accontamenti specifici sui titoli sovrani in base alla loro concentrazione e al rating dell’emittente.

Ulteriore addendum di Scholz sui rischi da condividere riguarda i crediti in sofferenza: l’obiettivo non deve superare il 5% lordo del totale degli impieghi. In entrambi i casi il timore tedesco pare riguardare proprio l’Italia (ma forse anche la Germania).

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E infatti la reazione del Governo italiano, come prevedibile, è stata immediata: proposta non ricevibile poichè determinerebbe uno “svantaggio competitivo” - secondo il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri - per le banche europee.

La posizione italiana è stata contestata come “difensiva”, per gli evidenti motivi collegati al classamento dei titoli del maxi-debito pubblico, ma a ben vedere è in linea con quella del G20 e del consesso globale dei banchieri centrali che in sede di definizione della nuova normativa di Basilea4 hanno escluso dalla regulation interventi sui titoli sovrani. Per il veto - oltre che di un’Italia dal ridotto peso politico - dei Paesi asiatici e in particolare del Giappone.

Eliminare lo status di risk-free per i titoli di Stato - rischio peraltro non propriamente “libero”, dato l’impatto sul capitale delle banche in caso di minusvalenze temporanee che derivano dai nuovi principi contabili - sarebbe un vulnus per l’intera costruzione europea: vorrebbe dire ammettere che uno Stato dell’Unione può andare in default e a cascata uscire dall’euro.

L’Unione bancaria continua a essere un passo decisivo verso gli Stati Uniti d’Europa, ma per realizzarlo serve un compromesso. Che deve coinvolgere la Germania ma anche l’Italia, dove troppe banche soprattutto di medie e piccole dimensioni hanno portafogli di Btp che superano di 3 o 4 volte il patrimonio di vigilanza. Una diversificazione degli investimenti sarebbe opportuna, sostituendo gli interessi dei «Govies» italiani con una gestione più efficiente o con sinergie da aggregazioni.

Senza una vera condivisione dei rischi bancari, l’intera impalcatura dell’Unione rischia di non andare avanti. A meno di immaginare il protrarsi delle continue “deroghe” dell’ultimo decennio. La memoria va alla grande crisi dell’euro e al rischio di fuoriuscita della Grecia dalla moneta unica.

All’epoca, il legame tra pericolanti titoli di Stato greci e banche elleniche era fortissimo. Compresi gli istituti di Atene controllati dalle banche francesi. Il rischio Grexit sull’eurozona fu arginato obbligando le disastrate banche greche a ricomprarsi (con capitali garantiti da fondi Ue) gli istituti ellenici di proprietà francese.

Analogo esito ebbe la crisi delle banche spagnole, zavorrate dagli Npl immobiliari, salvate dall’intervento del fondo europeo Esm (con capitali anche dello Stato italiano) che ricapitalizzò il fondo pubblico iberico dedito ai salvataggi. Fissare princìpi nobili e poi escogitare soluzioni ad hoc per ogni Paese fa parte della constituency di un’Europa che ondeggia tra la iper-regolamentazione e le deroghe.

L’esempio più evidente di questo approccio “idealistico” è la regolamentazione del bail-in, che avrebbe dovuto coinvolgere anche i depositanti nei salvataggi bancari e che nessun Paese dell’Unione (per fortuna) ha mai voluto applicare.

Il varo di una vera Unione bancaria con la condivisione dei rischi bancari, prima che arrivi una nuova crisi economica e finanziaria di cui si sentono i primi scricchiolii, sarebbe ragionevole. Ma per realizzarla servirebbero meno pregiudizi nazionali. Sia in Germania che in Italia o altrove.

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