Università in prima linea nei processi che caratterizzano la rivoluzione tecnologica
Il 12 aprile presentazione a Roma del manifesto «Liberare la conoscenza per ridurre le disuguaglianze».
di Fulvio Esposito
I punti chiave
2' di lettura
Nelle ultime settimane, anche a seguito della richiesta di moratoria nello sviluppo delle tecnologie legate all’intelligenza artificiale presentata da Elon Musk (paradossalmente, lo stesso Elon Musk cui solo l’intervento della Food and Drug Administration ha impedito di condurre esperimenti volti a controllare soggetti umani attraverso l’impianto di microelettrodi nel cervello), ha ripreso vigore il dibattito sui progressi dell’intelligenza artificiale.
Governance precoce delle tecnologie nuove ed emergenti
Da Parigi, l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) richiama l’attenzione dei governi sulla necessità urgente di mettere a punto ed applicare meccanismi di governance precoce (anticipatory governance) delle tecnologie nuove ed emergenti, prima ancora che si traducano in applicazioni. Probabilmente, l’intelligenza artificiale rappresenta oggi quello che fu la macchina vapore per la prima rivoluzione industriale, e il suo “carbone” sono i dati. Dati che servono ad orientare le scelte dei consumatori, non solo al supermercato, ma anche ai seggi elettorali, e che sono, purtroppo, facilmente accessibili nei nostri computer e nei nostri cellulari.
Altri dati, preziose miniere
Ma ci sono altri dati, ancora nascosti in quelle preziose “miniere” che sono i laboratori universitari, o addirittura nelle menti dei ricercatori. Dati che, prima di diventare applicazione, processo o prodotto, devono venire organizzati in conoscenza da chi ha la genialità e gli strumenti culturali per farlo. In fondo, il richiamo dell’OCSE ai governi è quello di intervenire a monte affinché la conoscenza rimanga “bene comune” e, in particolare, le sue applicazioni siano indirizzate al bene comune. Di questo si parlerà il 12 aprile, alla Fondazione Basso, in via Dogana Vecchia 5, a Roma, in occasione della presentazione del manifesto «Liberare la conoscenza per ridurre le disuguaglianze».
L’impegno delle università
A questo proposito, è interessante notare la crescente attenzione che le università italiane, stimolate dalle linee-guida ministeriali per l’ultimo esercizio di valutazione della ricerca (VQR 2015-2019) e dall'azione dell’Agenzia Nazionale per la Valutazione (ANVUR), stanno imparando a dedicare all’impatto sociale delle loro attività di ricerca e di formazione. Lo stesso Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) conduce, con il supporto della Direzione Generale per le Riforme della Commissione Europea e dell’OCSE, un progetto volto proprio ad ottimizzare il processo di circolazione della conoscenza tra università e società nel quale sono coinvolte tutte le università del paese.
Spingere la rivoluzione tecnologica
La consapevolezza della necessità di “proteggere” da ingerenze pericolose la conoscenza e i dati che ne sono la base è testimoniata dall’attiva partecipazione italiana al gruppo di lavoro del G7-Scienza che si occupa di sicurezza e integrità del sistema di ricerca globale. L’attivazione, da questo anno accademico, di un corso di dottorato di ricerca sull’intelligenza artificiale, che vede coinvolte moltissime università su tutto il territorio nazionale, è un’ulteriore dimostrazione di come il sistema universitario abbia colto fino in fondo la necessità di stare in prima linea nei processi che caratterizzano l’attuale rivoluzione tecnologica. È una strada che occorre continuare a percorrere con crescente determinazione e capacità di vedere lontano, da parte delle università e del MUR, perché perdere questa sfida potrebbe avere conseguenze drammatiche.
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