Università «verdi»: Bologna unica italiana nelle top 15
di Eu.B.
2' di lettura
Anche gli atenei italiani scendono in campo per lo sviluppo sostenibile. Università e sostenibilità sarà il fulcro dei “Magnifici incontri della Crui 2019” che partiranno mercoledì 29 a Udine. E che vedranno rettori, docenti e ricercatori dibattere sull’agenda Onu 2030 e sul ruolo delle nostre accademie. Con otto tavoli di lavoro dedicati a temi ambientali e non: si spazierà dai rifiuti all’energia, dal welfare all’occupazione, dall’architettura al territorio. In un quadro generale che registra una sola presenza tricolore - l’Alma Mater di Bologna - nelle top 15 internazionali dei due ranking universitari “verdi”: il Times Higher Education (The) Impact e Green Metric. Come riportato da uno studio di Here-Fondazione Crui.
Partiamo da Green Metric. Che esiste dal 2010 e “giudica” gli atenei in base a sei indicatori: contesto e infrastrutture (come aree boschive o dedicate alla vegetazione nei campus), energia e cambiamento climatico (tra cui uso delle rinnovabili e smart building), rifiuti (organici e inorganici), acqua (sia risparmio che riciclo), trasporti (parcheggi, navette e veicoli a emissioni zero), educazione e ricerca (inteso innanzitutto come corsi e fondi dedicati alla sostenibilità). Il ranking 2018 vede in testa, come l’anno prima, l’ateneo olandese di Wageningen davanti all’inglese Nottingham e all’americana California Davis. Per trovare la prima italiana - Bologna - bisogna scendere al quindicesimo posto. Con altre tre italiane nella top 100: Torino (47°), Ca’ Foscari di Venezia (88°) e Milano Bicocca (98°).
Forte del nono posto l’Alma Mater esce ancora meglio dal ranking di The Impact. Che esordisce quest’anno e pesa il successo delle università globali nel raggiungimento degli obiettivi Onu di sviluppo sostenibile. In vetta stavolta troviamo la neozelandese Auckland, che precede due canadesi: McMaster e British Columbia. Con altri due “volti noti” di casa nostra tra le prime 100: Padova in sedicesima posizione e L’Aquila settantottesima.
Fin qui le classifiche. Ma in uno degli otto tavoli di Udine si discuterà anche dei mutamenti in atto nel modo di fare formazione ed educazione per la sostenibilità a livello universitario, con un occhio sia ai contenuti insegnati che ai metodi didattici utilizzati. Partendo da un paper messo a punto da Antonella Bachiorri dell’Università di Parma e altri cinque studiosi che fornisce un’utile panoramica del lavoro sul campo svolto dai nostri atenei. Da cui emerge, ad esempio, che solo Tor Vergata, Siena e Padova svolgono in aula un corso interdisciplinare “Lezione zero” su sostenibilità e dintorni laddove Ca’ Foscari opta per l’e-learning. Mappati anche 34 corsi di laurea collegati agli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu. Che evidenziano una netta prevalenza del Centro-Nord con 22 iniziative tra triennali e magistrali. Un rapporto che si chiude con la proposta di lanciare una «quarta missione» degli atenei che punti a migliorare, tra le altre cose, il contesto sociale in cui operano. Prendendo spunto dalle iniziative che già esistono: come LabGov della Luiss e Diesis del Politecnico di Milano.
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