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Uomini violenti, serve un lavoro di sistema per trattamenti efficaci

Cresce il numero degli access ai centri grazie al protocollo Zeus e al Codice Rosso ma sono necessari programmi condivisi

di Chiara Di Cristofaro

(IMAGOECONOMICA)

2' di lettura

La violenza sulle donne è un problema degli uomini, di cui le donne pagano un prezzo altissimo. Ecco perché cresce l’attenzione sui trattamenti dedicati agli uomini maltrattanti: nella “Relazione sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere”, approvata dalla Commissione parlamentare sul femminicidio, si mette in evidenza che in assenza di un intervento, l’85% degli uomini maltrattanti tornano a commettere violenze contro le donne. In Italia i centri che si occupano di trattare gli autori di violenza esistono da più di 10 anni, ma la strada da fare perché gli interventi siano organici è ancora lunga. Mancano i dati, innanzitutto: gli ultimi risalgono alla ricerca del 2018 IRPPS -CNR, che fotografano la situazione degli accessi ai centri al 2017 (solo 726 in tutta Italia).

Sono cambiate le regole

Ma le richieste a queste strutture si sono moltiplicate, anche perché sono cambiate le modalità di accesso: volontarie, fino a qualche anno fa, sempre più “indotte” oggi. Il trattamento è infatti previsto dal Protocollo Zeus, cioè a seguito dell’ammonimento del questore, oppure su segnalazione dei servizi sociali o, ancora, del giudice, secondo quanto disposto dal Codice rosso. Il tema della motivazione degli uomini è diventato così un punto centrale: «Il fatto che in questo modo si agganci l’uomo è un aspetto positivo, ma è fondamentale che i programmi siano ben integrati e che sia possibile studiare e valutarne l’efficacia, per evitare una possibile motivazione strumentale, magari per uno sconto di pena», dice Pietro De Murtas, sociologo e ricercatore all’IRPPS, che il prossimo anno realizzerà una nuova ricerca sui centri.

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Il cambiamento di chi si rivolge ai centri - solo pochi uomini molto motivati, prima, un numero sempre maggiore ma con motivazioni meno forti almeno inizialmente, poi - porta al centro l'altro tema decisivo che è quello della valutazione dell’efficacia dei trattamenti: come viene fatta? Basta partecipare agli incontri? Come si misura l’effettivo cambiamento e come viene valutata la pericolosità dell’uomo? Chi decide quali sono i trattamenti adatti?

L’intesa con le Regioni

Un (primo) passo per inquadrare in maniera organica gli interventi sugli uomini è stato fatto con l’intesa tra le Regioni e il Dipartimento Pari Opportunità che, a settembre 2022, ha fissato i requisiti minimi per i centri per uomini autori o potenziali autori di violenza di genere, ora denominati CUAV. Nell’intesa, che stila anche i requisiti minimi dei centri antiviolenza, sono previsti 40 milioni di euro di finanziamenti per centri antiviolenza e case rifugio e 9 milioni per i CUAV.

Per Alessandra Pauncz, presidente del centro uomini maltrattanti di Firenze e alla guida dell’associazione nazionale Relive, si tratta di un «accordo fondamentale», mentre la criminologa Francesca Garbarino del CIPM di Milano sottolinea la necessità di un maggiore lavoro di rete, con tutti i servizi e le istituzioni coinvolte. Sul documento infatti è mancata la necessaria consultazione con i centri antiviolenza, che hanno fortemente criticato alcuni dei passaggi approvati (come quello del contatto previsto tra il CUAV e la donna maltrattata) e, soprattutto, la mancata concertazione e hanno chiesto una revisione dei requisiti e una apertura a un maggiore dialogo e collaborazione. Per Antonella Veltri, presidente D.i.Re, l’accordo inoltre vede «uno sbilanciamento nell’erogazione dei finanziamenti, visto il diverso impegno richiesto».

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