Usa, 22 milioni di disoccupati in un mese per la pandemia
Altre 5,2 milioni di richieste di sussidi la scorsa settimana. Licenziamenti tra chi lavora in remoto. Trump spinge per riaprire, le imprese lo invitano alla cautela
di Marco Valsania
4' di lettura
NEW YORK - I disoccupati americani a causa della pandemia salgono a 22 milioni: una nuova ondata-shock di 5,245 milioni di richieste di sussidi, nella settimana terminata l’11 aprile, si è sommata alle quasi 17 milioni di domande nelle tre settimane precedenti .
La California, come già nei precedenti dati, è lo stato con il maggior numero di nuovi senza lavoro, un esercito di 660.996. New York segue con 395.949, la Georgia con 317.596 e il Michigan 219.320. Il vecchio record settimanale di richieste di sussidi era di 2,7 milioni nell’ormai lontano 1982.
Disoccupazione al 20%
Oltre il 90% degli Stati Uniti e una percentuale simile del Pil rimane sotto l’assedio del coronavirus, colpito dalla paralisi del business ordinata per cercare di contenere il contagio. Le stime degli analisti temono tassi di disoccupazione che potrebbero raggiungere e forse superare il 20%, in un clima da Grande Depressione. I numeri delle domande di sussidi, secondo numerosi analisti, potrebbero rimanere molto elevati ancora per settimane.
Nuovi licenziamenti tra chi lavora da casa
Nuovi licenziamenti, dopo aver colpito anzitutto settori più direttamente esposti al virus quali viaggi, turismo, retail e ristorazione, stanno cominciando a scattare ampiamente in altri settori, tra colletti bianchi che inizialmente avevano potuto continuare a lavorare da casa e in modalità remote, una ripercussione provocata del crollo a questo punto generalizzato delle attività.
«Il deterioramento delle condizioni sul mercato del lavoro è stato rapido e drammatico», ha commentato Mickey Levy di Berenberg, aggiungendo che qualunque miglioramento in futuro, oltretutto, «sarà debole». Levy cita come controprova del continuo peggioramento in vista un declino solo leggero nelle ricerche online su Google legate ai “sussidi di disoccupazione”, che rimangono «elevate». Secondo le sue stime il tasso di disoccupazione si sta già avvicinando adesso al 20 per cento. Anche l’ultimo Beige Book della Federal Reserve, fotografia dettagliata dell’economia su base territoriale rilasciato mercoledì 15, descrive un outlook caratterizzato da «altri tagli ai posti di lavoro nei prossimi mesi».
Segni di continui rovesci economici arrivano anche dai bilanci trimestrali della Corporate America, dove le grandi banche hanno accantonato oltre venti miliardi a riserva a fronte di perdite su prestiti che secondo una stima di Citi potrebbero arrivare a 300 miliardi.
Aiuti ancora imbrigliati
Per sostenere imprese e famiglie, Washington ha varato piani di soccorso d’emergenza da oltre duemila miliardi di dollari che stanno cominciando a far arrivare assegni di disoccupazione maggiorati di 600 dollari a settimana. Ma per adesso sono attivi in 29 stati su 50 mentre nel resto del Paese si registrano tuttora ritardi legati a sistemi di gestione considerati troppo antiquati per reggere allo shock. Presto dovrebbero inoltre arrivare assegni di sostegno al reddito familiare, fino a 1.200 dollari a persona e a 2.400 dollari a coppia. Piccole e medie aziende, che impiegano buona parte della forza lavoro americana, hanno inviato nel frattempo richieste di aiuti che hanno di fatto esaurito il fondo federale da circa 350 miliardi stanziato a questo scopo, mentre il Congresso fatica a approvare ulteriori risorse a causa dei contrasti tra repubblicani e democratici sull’ampiezza del pacchetto, con l’opposizione che chiede anche maggiori finanziamenti per sanità e stati.
Cautele e moniti sulle riaparture
Il presidente Donald Trump, di fronte alla spirale di crisi, si sta muovendo per spingere a una riapertura almeno parziale dell’economia e del Paese - una Fase Due della risposta alla pandemia - affermando che sarebbe ormai stato superato il picco. E ha creato al proposito una commissione di consulenza composta di esponenti del mondo aziendale. È una lista di 200 nomi che rappresenta il Who’s Who della Corporate America, molti amici e qualche nemico del presidente, dal magnate del football americano Jerry Jones, tra i primi, a Jeff Bezos di Amazon, tra i secondi. Inizialmente ha parlato con i leader della finanza e del retail. Da quanto emerso, gli executive hanno però risposto all’appello con un monito collettivo al presidente: per tornare davvero al lavoro gli Stati Uniti hanno bisogno di «aumentare drasticamente» la capacità di condurre test rispetto a oggi.
Trump ha vantato che la sua amministrazione ha il primato mondiale nei test. Ma oltre agli executive, a dargli torto sono i numeri: poco più di tre milioni di esami sono stati finora effettuati su un totale di 330 milioni di abitanti. Latitano anche i test sugli anticorpi, per verificare chi sia stato contagiato dal virus e abbia superato la malattia
Proteste anti-lockdown dalla destra
Il presidente ha ugualmente preannunciato un primo passo di riapertura. Ha programmato colloqui telefonici con i governatori degli stati e intende offrire una revisione delle raccomandazioni sanitarie nazionali, per stimolare maggior flessibilità regionale. Trump ha assicurato che almeno una ventina e forse 29 stati avrebbero la crisi sotto controllo e potrebbero quindi alleggerire le restrizioni, forse prima del primo maggio; i suoi consiglieri sanitari hanno più prudentemente citato forse nove località con meno di mille casi e meno di trenta nuove infezioni al giorno, dal Montana al Vermont.
La Casa Bianca sente la pressione di associazioni di destra e ultraconservatrici, sostenitrici del presidente, che hanno orchestrato vere e proprie manifestazioni contro i lockdown: negli ultimi giorni ci sono state proteste in Ohio, Michigan e Kentucky. Il tragico conto delle vittime del coronavirus nel Paese ha intanto continuato a salire, a 32.000 decessi, undicimila solo a New York, con circa 650.000 casi.
loading...