Usa: Biden resiste al voto di Midterm. Elettorato diviso e polarizzato
I repubblicani vanno verso la conquista della maggioranza alla Camera ma l'onda rossa evocata da Trump non ha travolto l'amministrazione democratica. Il Senato in bilico attende l'assegnazione di tre seggi cruciali
di Marco Valsania
I punti chiave
3' di lettura
Le certezze scarseggiano nel giorno delle elezioni americane di Midterm, con cruciali corse alla Camera e soprattutto al Senato tuttora ostaggio di margini minimi e conteggi incompleti. Ma una realtà si è fatta strada, man mano che i risultati sono arrivati: lo tsunami repubblicano, un successo straripante e indubbio evocato dall'opposizione, non si è verificato.
Domina l’incertezza
Tutti gli esiti sono ancora considerati matematicamente possibili. Il partito conservatore degli Stati Uniti, se non ci saranno shock, è avviato alla conquista d'una maggioranza alla Camera, complicando la futura agenda politica del Presidente democratico Joe Biden. Anche se probabilmente per una manciata di seggi. Il Senato è più in bilico: un testa a testa, con chance che alla fine possa restare in mano ai democratici.
Per il Senato potrebbe diventare decisivo un nuovo voto fra un mese in Georgia, già cruciale nel 2020: i due candidati, il democratico Raphael Warnock e il repubblicano Herschel Walker, appaiono destinati ad un ballottaggio previsto il 6 dicembre, prescritto dalla legge statale quando nessuno dei contendenti ottiene il 50% dei consensi. Altri risultati definitivi, a Camera e Senato, dipendono dalla gestione elettorale decentrata, con norme locali diverse su tempi e modi per spoglio o riconteggio di schede quali quelle postali o legate al voto anticipato.
I democratici, in queste ore, hanno sfidato la storia, che vede il voto di metà mandato per il rinnovo del Congresso bocciare il partito del Presidente in carica con perdite media di 28 seggi alla Camera e di quattro al Senato e spesso superiori. A spiegare l'esito sul filo del rasoio, sottolineano gli analisti, è stato tuttavia questa volta un particolare intreccio di molteplici fattori, congiunturali e di lunga durata.
Un Paese polarizzato
Sembra consolidarsi, quale fenomeno profondo, la polarizzazione e divisione del Paese, che erode l'elettorato veramente incerto e i novero dei seggi davvero in gioco (già minimizzati dalla pratica del gerrymandering, riforme ad arte dei confini delle circoscrizioni per favorire uno dei partiti). Nello specifico dell'attuale tornata elettorale, inoltre, si sono scontrate come non mai priorità diverse: il disagio economico e l'inflazione alta, la maggior preoccupazione citata da un terzo degli elettori, ha favorito i repubblicani. E il 70% teme il Paese vada nella direzione sbagliata. Ma la necessità di proteggere il diritto d'aborto è stata menzionata da quasi quanto il carovita, da un elettore su tre, quale motore del voto, accanto alla difesa delle istituzioni (al cospetto di 300 candidati “negazionisti” della correttezza delle urne tra i conservatori, cento dei quali eletti). La paura di simili estremismi ha sostenuto i democratici. Vermont e Michigan hanno anche approvato con referendum la difesa dell'aborto nella Costituzione statale e il repubblicano Kentucky ha respinto una proposta di metterlo al bando. Per il partito di Biden un ulteriore assist è giunto dalla discutibile “qualità” di alcuni candidati repubblicani sponsorizzati da Donald Trump, dalla Pennsylvania alla Georgia, stando a quanto ammesso di recente dallo stesso leader repubblicano al Senato Mitch McConnell.
Le sorprese
Alcune battaglie di alto profilo al Senato hanno evidenziato l'asprezza dello scontro e le sorprese. In Pennsylvania è emerso vittorioso l'ex vicegovernatore democratico John Fetterman, pur reduce da ictus, che ha battuto il candidato voluto da Trump, il medico-celebrità Mehmet Oz, e strappato un seggio finora repubblicano. In New Hampshire la democratica Maggie Hassan ha respinto assalti conservatori. E tre poltrone sono rimaste in forse tra continui conteggi: in Arizona e Nevada (dove potrebbero occorrere giorni) accanto alla Georgia. Per assicurarsi il Senato, repubblicani che i democratici devono conquistarne due.
Meglio hanno fatto senza dubbio i conservatori in Ohio, dove l'autore e finanziere JD Vance, a sua volta sostenuto da Trump, ha vinto di slancio al Senato. E in North Carolina, dove si è affermato il radicale di destra Ted Budd. Mentre alla Camera sono stati confortati da successi in roccaforti democratiche quali New York: hanno sconfitto lo stesso deputato uscente responsabile della campagna del partito di Biden per la Camera, Sean Patrick Maloney.
Grande eco, a livello di cariche statale e future prospettive nazionali, ha inoltre trovato tra i conservatori l'emergere della stella del governatore della Florida Ron DeSantis, che ha stravinto la campagna per una rielezione con un vantaggio record di quasi 20 punti percentuali. DeSantis ha esplicite ambizioni presidenziali nel 2024 che si scontrano con quelle di Trump, il quale non nasconde il suo risentimento. Un Trump oltretutto indebolito dalle performance contrastate dei suoi protetti. Successi tra i primi cittadini statali i repubblicani li hanno inanellati anche in Georgia, Texas e Ohio. Ma anche i democratici hanno potuto quantomeno sospiri di sollievo da corse a governatore di grandi stati: New York ha eletto Kathy Hochul e la Pennsylvania Josh Shapiro, mentre nel Midwest il Michigan ha confermato Gretchen Whitmer e il Wisconsin Tony Evers.
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