Usa-Iran, guerra di parole. Rientra l’escalation
Dopo il raid con i missili Trump annuncia nuove sanzioni. Ma l’Iran chiede alle milizie di non attaccare. La Camera Usa vota contro la guerra
dal nostro corrispondente Riccardo Barlaam
4' di lettura
NEW YORK - Alla retorica infuocata dei proclami di guerra e ai timori per la vendetta iraniana in risposta all’uccisione del comandante Qassem Soleimani, per ora prevale la prudenza nei fatti. Per qualche ora si è temuto il peggio in Medio Oriente, l’inizio di una vera e propria guerra, dalle conseguenze catastrofiche. Ma l’attacco notturno con i missili - una trentina - lanciati da Teheran sulle due basi Usa in Iraq si è concluso con pochi danni e nessuna vittima.
I due missili nella green zone
Nessuna conseguenza neanche dopo il lancio ulteriore ieri notte di due missili nella zona verde di Baghdad, dove si trova l’ambasciata americana, probabilmente opera delle milizie pro iraniane, attacco non ancora rivendicato. I mercati salutano con un rally quello che sembra essere un rallentamento della tensione tra i due paesi.
Trump cerca la pace
Il presidente americano Donald Trump mercoledì parlando alla nazione ha ribadito che «tutte le opzioni restano sul tavolo», si scopre colomba e dice che gli «Stati Uniti sono pronti alla pace» e per il momento annuncia solo nuove sanzioni contro l’Iran: i 52 potenziali obiettivi americani da colpire in Iran restano per ora chiusi in un cassetto dello Studio ovale.
Per ora tacciono i cannoni
A Teheran l’Autorità suprema Ali Khamenei rivendica con orgoglio gli attacchi alle basi militari, definiti uno «schiaffo agli Stati Uniti», assicura che «non è finita» e continua a lanciare minacce: «Taglieremo le gambe all’America». Tuttavia nel secondo giorno, dopo la fine dei tre giorni di lutto nazionale seguiti all’uccisione del leader militare iraniano, i cannoni tacciono.
Diplomazia al lavoro
Nelle ultime ore si rincorrono le voci sui contatti diplomatici tra Washington e Teheran attraverso il canale diplomatico della pacifica Svizzera per trovare una via di uscita alla crisi. Una guerra che Trump non vuole. E l’Iran non ha le forze per affrontare.
La risoluzione per limitare Trump
A Washington intanto la speaker della Camera Nancy Pelosi annuncia il voto di una risoluzione dei deputati per limitare i poteri del commander-in-chief: Trump dovrà chiedere al Congresso l’autorizzazione per ogni nuovo attacco contro l’Iran.
La lettera all’Onu
Mentre a New York, in una lettera indirizzata al Consiglio di sicurezza Onu, l’ambasciatore americano Kelly Craft sostiene che l’uccisione di Soleimani nel raid con il drone all’uscita dell’aeroporto di Baghdad è stato un «atto di auto-difesa», che ha permesso di evitare attacchi contro gli americani e assicura che gli Stati Uniti sono pronti a prendere ulteriori azioni in Medio Oriente «se necessarie » a proteggere interessi o personale americani «con l’obiettivo di prevenire ulteriori minacce alla pace internazionale».
La versione americana
Nel discorso alla nazione, attorniato dal suo staff, il presidente Trump dice che nessun americano è stato ferito durante gli attacchi missilistici. Il Pentagono sostiene che l’Iran ha lanciato 16 missili basilistici a corto raggio, almeno 11 dei quali hanno colpito la base aerea al-Asad e uno la base logistica di Erbil, senza causare grandi danni. «Il fatto che abbiamo la più grande potenza militare mondiale non significa che dobbiamo usarla. Noi non vogliamo usarla. La forza americana, militare ed economica, è il miglior deterrente», ha spiegato Trump. «L’Iran sembra voler fare un passo indietro, e questa è una cosa buona per tutte le parti in causa e una cosa molto buona per il mondo», ha detto ancora il presidente annunciando che gli Stati Uniti «imporranno immediatamente nuove sanzioni economiche» contro Teheran, in riposta a quella che ha definito l’«aggressione iraniana», senza specificarne i contenuti.
La versione iraniana
Il Supremo leader iraniano l’Ayatollah Ali Khamenei, a sua volta ha rivolto un discorso alla nazione al grido di «Morte all’America», sostenendo che l’attacco missilistico è stato «uno schiaffo in faccia» agli Stati Uniti che dovrebbero ora «abbandonare la regione». Il ministro degli Esteri Javad Zarif ha detto in un tweet che gli attacchi missilistici «concludono» la risposta di Teheran all’uccisione di Soleimani, che aveva costruito una rete di eserciti amici in Medio Oriente.
Il generale, dopo i tre giorni di lutto nazionale che hanno visto una elevatissima partecipazione popolare, un vero e proprio momento di orgoglio nazionale, è stato sepolto nella città natale di Kerman.
L’invito di al-Sadr alle milizie
Invita le milizie a non intervenire anche l’influente leader sciita iracheno Moqtada al-Sadr, il quale si propone come leader nazionalista rigettando sia l’interferenza americana che quella iraniana in Iraq. «Io chiedo alle fazioni irachene di essere pazienti e di non avviare delle azioni militari», ha detto al-Sadr.
Forze Usa si aspettano attacchi
Anche il vice presidente Mike Pence in un’intervista su Cbs news ha detto che gli Usa hanno ricevuto degli «incoraggianti rapporti di intelligence», secondo i quali «l’Iran ha inviato messaggi alle milizie alleate di non attaccare obiettivi americani». Tuttavia il generale Mark Milley, che presiede le forze armate Usa, ha fatto sapere che i militari si aspettano nuovi attacchi da parte delle milizie vicine a Teheran, in Iraq e in Siria.
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