Usa, perché l’incognita Biden complica i conti della Fed
Il Presidente americano corre per la rielezione. L’esposizione mediatica di questi giorni dei colloqui con il Presidente cinese Xi possono solo momentaneamente far passare in secondo piano il fatto che Biden appaia in difficoltà sul fronte interno – i più recenti sondaggi lo danno sfavorito - anche a causa di una percezione negativa delle sue performance sul fronte dell’economia
di Donato Masciandaro
3' di lettura
La Fed dice che fare quadrare i conti della politica monetaria è complicato a causa dell’incertezza, dice una mezza verità. Perché se è vero che il clima geopolitico non volge affatto al sereno, le nubi dipendono dall’incognita Biden, con i suoi riflessi sulle scelte di Powell e colleghi.
Il Presidente americano corre per la rielezione. L’esposizione mediatica di questi giorni dei colloqui con il Presidente cinese Xi possono solo momentaneamente far passare in secondo piano il fatto che Biden appaia in difficoltà sul fronte interno – i più recenti sondaggi lo danno sfavorito - anche a causa di una percezione negativa delle sue performance sul fronte dell’economia. Ed allora, quale sarà la politica monetaria gradita al Presidente americano, e quanto questo condizionerà le scelte della Fed?
Qualche giorno fa il Presidente della Fed ha ripetuto il ritornello che oramai economia e mercati sanno a memoria dallo scorso settembre: i tassi sono fermi, ma sono pronti a risalire. È un ritornello giustificato dallo stato dell’economia americana? I falchi danno una risposta positiva.
L’aumento dei tassi di interesse base dal marzo del 2022 ad oggi è stato di 525 punti base, portando il loro livello al massimo dal 2007. Ciononostante, l’economia americana sembra galoppare: i dati dell’ultimo trimestre segnalano una crescita che, su base annuale, registra un aumento di quasi il cinque per cento. È un galoppare vigoroso. Il cronometro è quello della crescita potenziale degli Stati Uniti. Negli ultimi centotrenta anni, il valore medio della crescita potenziale americana è stato del due per cento. Certo, è un cronometro che va usato con cautela. Ma il dato rimane.
Quindi l’economia corre, nonostante venti mesi di politica monetaria restrittiva. La ragione? I falchi la vedono nell’eccesso di creazione monetaria. La straordinaria immissione di liquidità del periodo pandemico ha aumentato sia il risparmio delle famiglie, sia le disponibilità delle imprese e del settore bancario e finanziario.
Quindi non bisogna abbassare la guardia. Opposta è la visione delle colombe, che guardano gli ultimi dati sull’inflazione: su base annua, una crescita di meno del tre per cento. Ed il target della Fed è al due per cento. Il tanto desiderato atterraggio morbido - una politica monetaria disinflazionistica che ha successo senza innescare una recessione - sembra alla portata di mano.
Quindi, concludono le colombe, bisogna essere pronti a far in modo che l’abbassamento dei tassi nominali vada mano nella mano con la riduzione dell’inflazione, in modo che i tassi reali quantomeno non aumentino.
Ma il ritornello della Fed non cambia. La giustificazione principe è la perdurante incertezza. Ma quanto il livello dell’incertezza è legato anche all’ambiguità della Fed? Una recente analisi mostra come che l’incertezza è alimentata da due canali: c’è il canale esterno, rappresentato da shock esogeni, come le tensioni in Medio Oriente; ma c’è anche un canale interno, che è alimentato dalla percezione della rilevanza di quegli shock.
E la percezione a sua volta da cosa dipende? Sempre l’analisi economica ci dice che, a parità di assetto istituzionale, possono diventare rilevanti le pressioni politiche congiunturali.
Nel nostro caso, c’è un Presidente americano che corre per essere rieletto, e la sua corsa appare frenata da altre percezioni che contano: quelle degli elettori. Gli ultimi sondaggi dicono che la politica economica di Biden è stata insoddisfacente. L’insoddisfazione inoltre appare più alta nella fascia più giovane dell’elettorato, che nella precedente tornata presidenziale aveva visto Biden preferito a Trump.
L’aumento dell’inflazione è il principale capo d’accusa. Tradizionalmente i Democratici sono percepiti come colombe. Ma la rilevanza del tema inflazione potrebbe influenzare la postura di Biden, e di riflesso quella di Powell e colleghi. Certo, se la Fed adottasse una politica monetaria d’annunzio il rischio delle pressioni politiche si ridurrebbe, e con esso l’incertezza. A meno che al banchiere centrale non piaccia poter essere condizionato, per tornaconto personale. È triste, ma è possibile.
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