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Vacanze rovinate, danni morali per la lesione di un diritto fondamentale

Riposo e relax sono sempre più importanti. L’agenzia di viaggi deve risarcire anche il danno non patrimoniale, per il pacchetto non soddisfacente. Un diritto che si prescrive in tre anni

di Patrizia maciocchi

(Francesco Fotia / AGF)

2' di lettura

Le vacanze sono sempre più importanti. E perdere il diritto fondamentale al riposo e al relax che un viaggio di piacere comporta, fa scattare il diritto al risarcimento non solo del danno patrimoniale, annullamento del contratto compreso, ma anche il danno morale, che si prescrive in tre anni. La Cassazione annulla così la sentenza della Corte d’Appello, secondo la quale «il termine danno alla persona deve, evidentemente, essere riferito ai soli danni fisici e non anche a quelli morali». Un errore, che la Suprema corte, sottolinea con la matita rossa, ricordando che «il danno derivante alla persona dall’inadempimento o dall’inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico, deve essere interpretata nel senso che tra i danni alla persona sono compresi quelli di carattere non patrimoniale, di cui all’articolo 2059 del Codice civile, come categoria ampia ed unitaria concernente la lesione di interessi inerenti la persona».

Diritto prescritto in tre anni

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E certamente il viaggiatore, quando l’inadempimento non è di scarsa importanza, può chiedere «oltre e indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta». C’è anche più tempo per farlo di quello che aveva concesso la Corte territoriale che aveva fissato la dead line per la domanda in un anno dal rientro alla base, considerando appunto il solo danno fisico e non quello non patrimoniale che si prescrive in tre anni. Diversi i tempi di prescrizione per il ritardo dei mezzo di trasporto, nel caso esaminato l’aereo. Anche questo va nel conto dell’agenzia ed era stato oggetto di una domanda autonoma sulla quale, in sede di rinvio, la Corte d’Appello dovrà esprimersi.

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