Vaccino bene comune?
SPerchè il “vaccino del popolo” è uno slogan pericoloso, che incarna autoinganni e bias, per cui si crede di ragionare bene mentre si fraintendono i fatti
di Gilberto Corbellini
2' di lettura
Sta avendo largo successo lo slogan per cui il vaccino contro Covid 19 dovrebbe essere un “bene comune” o come qualcuno dice un “vaccino del popolo”, in quanto tale sottratto quindi, come si usa dire, alle leggi del mercato per quanto riguarda i metodi di produzione e l'accesso. Si tratta di una tesi ideologica, alla quale è inutile contrapporre argomenti costruiti in modi ideologici.
Slogan pericoloso
Nondimeno si tratta di uno slogan pericoloso, che incarna autoinganni e bias, per cui si crede di ragionare bene mentre si fraintendono i fatti, in quanto ci si fa guidare dalle emozioni più che dalla regione.
Più che specifici prodotti come il vaccino anti Covid, necessario nella contingenza quella dell'attuale pandemia, si dovrebbe considerare bene comune l'insieme delle risorse e regole grazie a cui sono possibili le vaccinazioni. Nel senso che bene comune dovrebbe essere qualunque risorsa a cui una comunità accede usando investimenti pubblici o privati, permette di ottenere i migliori risultati e nella forma meglio accessibile rispetto a quel dato servizio. Per esempio, le persone, in una comunità, si aspettano che le istituzioni creino le condizioni per ridurre progressivamente, attraverso procedimenti non supervisionati o pianificati e solitamente competitivi, la fondamentale ignoranza che colpisce tutti a causa dell'irrimediabile limitatezza della mente umana (Hayek).
Chi considera il vaccino anticovid un bene comune, pensa che i vaccini si facciano per magia e non perché qualcuno investe e rischia, perché ci sono gruppi di ricerca che competono per dimostrarsi migliori, perché esistono agenzie che arbitrano la gara per ottenere l'approvazione a vendere un vaccino, etc.Contrapporre il bene comune al mercato, cioè vedere la logica del mercato e del profitto in conflitto con gli interessi delle persone e delle comunità, è frutto di un bias cognitivo ben descritto.
I nostri antenati
La storia va così. I nostri antenati, quando vivevano come cacciatori-raccoglitori, si adattarono a ragionare assumendo che in ogni situazione in cui qualcuno ci guadagna, qualcun altro ci perde. Nelle società premoderne l'intuizione che la quantità di beni nel mondo fosse finita era adattativa, così come pensare che se qualcosa si portava via di più, qualcun altro ci rimetteva. L'avvento della scienza, della divisione capitalista del lavoro e del libero scambio ha cambiato l'ecologia economica umana. Da almeno tre secoli, si possono giocare innumerevoli giochi economici a somma non zero, dove tutti coloro che partecipano ci guadagnano. Cosa che si evince dall'incremento spaventoso della ricchezza in tutto il modo, nonostante la crescita demografica, negli ultimi 250 anni. Purtroppo, se non si capiscono alcuni aspetti del moderno, si rimane fermi al pensiero a somma zero, credendo che il successo economico, per esempio far soldi fabbricando vaccini e vendendo, sia possibile solo a danno di altre persone, che non avrebbero i soldi per comprarseli. Non è così. E anche i giochi a somma non zero sono straordinari beni comuni.
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